Neanche finito di uccidere l’Idra di Lerna che Ercole dovette subito partire per la prossima delle 12 fatiche escogitate da re Euristeo. La terza fatica fu la cattura della Cerva di Cerinea, una cerva dalle corna d’oro e gli zoccoli di bronzo. Non una cerva qualsiasi, ovviamente: era grande quanto un toro e veloce, molto veloce, tanto da superare in rapidità le frecce. Ma non era questo il vero grattacapo: il problema fu che era la cerva sacra ad Artemide.
La Cerva d’oro di Cerinea: Ercole fa arrabbiare Artemide

Terza puntata delle 12 fatiche di Ercole. Dopo aver abilmente ucciso il Leone di Nemea, ecco che Ercole si trovò di fronte all’accusa di aver barato. Re Euristeo, infatti, gli contestò il fatto di aver ucciso l’Idra di Lerna, la protagonista della seconda fatica, richiedendo l’aiuto da casa. Ovvero l’aiuto del nipote Iolao. Certo, c’è da dire che la prima ad aver barato era Era, ma re Euristeo, inviperito come non mai contro Ercole, squalificò la seconda prova e gli impose un recupero con un’undicesima prova.
Visto che Ercole si era dimostrato imperturbabile per quanto riguardava le forze basate sulla forza bruta, decise di cambiare tattica. Sempre ispirato da Era, davanti alle porte di Tirinto ecco che Euristeo ordinò a Ercole di catturare e consegnargli la Cerva di Cerinea.
Fondamentalmente la povera cerva era la vittima ignara di tale richiesta. Tecnicamente parlando, infatti, non era aggressiva, non distruggeva nulla e non tormentava la popolazione. Se ne stava per i fatti suoi, correndo e saltellando qua e là nella zona intorno a Cerinea, una città situata nel Peloponneso settentrionale.
Gentile e pacifica nella maggior parte delle versioni della storia, ecco che in alcune si dice che fosse un tantino più ostile: sputava fuoco, attaccava i vigneti e minacciava i contadini. Comunque sia, tutti sono concordi che fosse uno degli animali più veloci del mondo. Inoltre era anche una cerva sacra alla dea Artemide, sorellastra di Ercole. Chiunque l’avesse ferita avrebbe attirato su di sé l’ira della dea. E sappiamo tutti quanto Artemide fosse permalosa e vendicativa.
La storia della Cerva di Cerinea è alquanto particolare. Si dice che fosse una cerva comune prima di finire invischiata nelle faccende degli dei. Tutto inizia quando Zeus si invaghì di una ninfa delle Pleiadi, Taigete. Le Pleiadi erano sette sorelle bellissime, figlie del Titano Atlante e dell’Oceanina Pleione.
In realtà tutti gli dei maggiori ci provarono almeno una volta con le Pleiadi. Ma Taigete, in particolare, era una seguace di Artemide e seguiva la dea nelle sue cacce. Anche lei, come Artemide, aveva fatto voto di castità, dunque rifiutò Zeus. Ma il re degli dei quando si incaponiva era molto testardo e iniziò a inseguirla ovunque. Taigete, ben sapendo che non sarebbe potuta sfuggirgli a lungo, chiese ad Artemide di aiutarla.
Così Artemide la trasformò in una cerva. Il trucchetto funzionò e Zeus si disinteressò della Pleiade. Per ringraziare la dea, Taigete donò poi un branco di cinque cerve femmine velocissime ad Artemide, trasformandone le corna in oro e gli zoccoli in bronzo. Artemide fu estasiata del regalo e decise che quattro avrebbero trainato il suo carro d’oro. Solamente una cerva rimase nella sua stalla nell’Olimpo. E si dice che fu proprio questa che Era fece fuggire, come parte del suo piano per sconfiggere Ercole.
In realtà Artemide sapeva che la cerva era scappata, ma decise di lasciarla libera sotto la sua protezione.
Arriviamo così a Ercole. L’eroe era ben conscio che non avrebbe dovuto far arrabbiare la vendicativa Artemide. Inoltre sapeva benissimo che la fatica avrebbe dovuto essere svolta con un tocco di delicatezza. Solo che Ercole e la delicatezza non stavano proprio di casa insieme.
Ercole non ebbe nessun problema a trovare la Cerva di Cerinea. In effetti quelle corna e zoccoli scintillanti si vedano distante chilometri. Provò prima con l’approccio stealth, ma niente da fare: la cerva si accorse di lui e scappò via.
Così iniziò a inseguirla sperando di sfiancarla. Solo che parliamo di Ercole e della cerva più veloce del mondo: questo inseguimento durò un anno. Pare che i due arrivassero fino alla mitica terra di Iperborea, oltre il Danubio. Qui vivevano gli Iperborei che adoravano solamente Apollo. Inoltre questa era la terra dei Grifoni e delle loro montagne d’oro.
Alla fine la cerca tornò a sud, da dove era partita. E dopo un anno anche la resistenza della cerva arrivò al limite, ma non quella di Ercole, bello e pimpante come al solito.
Arrivati sulle rive del fiume Ladone, la cerva rallentò per attraversarlo. Così Ercole scoccò una freccia accanto alle sue zampe, ma senza colpirla. La cerva inciampò e perse l’equilibrio. Quella era l’occasione che Ercole aspettava: balzò sulla cerva, la acchiappò per le corna e la buttò a terra. Tuttavia ci sono alcune versioni della storia secondo la quale la catturò con una rete o placandola. Solo nelle storie in cui la cerva sputa fuoco Ercole ferisce la cerva.
Comunque sia Ercole legò le zampe della cerva e la trasportò sulle spalle verso Tirinto, ben consapevole che Artemide si sarebbe comunque arrabbiata. In effetti, non era passata neanche un’ora, che un’inferocita Artemide comparve davanti a Ercole. L’eroe, sorpreso dalla rabbia della dea, fece un passo indietro andando a sbattere contro Apollo.

I due gemelli avevano unito le forze ed Ercole, nonostante tutta la sua forza, era ben conscio di non poter fare nulla contro due Olimpi. Così decise di giocare d’astuzia e si arrese. Si inginocchiò davanti alla dea e stette zitto a sorbirsi tutti gli insulti che la dea gli riversò addosso. Poi le chiese scusa e le spiegò il perché delle sue azioni.
Furbescamente Ercole sottolineò il coinvolgimento di Era nella vicenda, spiegando che era stata lei a orchestrare il tutto. Non appena Ercole nominò Era ecco che le espressioni di Artemide e Apollo cambiarono.
Ercole aveva scommesso tutto sull’empatia che avrebbe suscitato nei gemelli. Sia Ercole che Apollo ed Artemide, infatti, erano figli delle scappatelle di Zeus. Così come punì Alcmena, la madre di Ercole, così a suo tempo Era aveva punito Leto, la madre dei due gemelli. Era, infatti, aveva impedito alla figlia Ilizia, la dea del parto, di assistere Alcmena e Leto durante il parto.
Artemide sapeva bene cosa stava passando Ercole. Inoltre era indispettita dal fatto che Era la stesse manipolando per punire Ercole. Così Artemide perdonò Ercole: nessuno poteva usarla come pedina. La dea della caccia permise a Ercole di portare la cerva a Tirinto, ma gli ordinò di liberarla subito dopo. Se non lo avesse fatto, i gemelli divini lo avrebbero ucciso.
Così Ercole arrivò a Tirinto e mostrò a Euristeo la cerva. Il re era alquanto infastidito: fece un sorriso di circostanza e si lamentò del fatto che Ercole ci avesse messo troppo. Tuttavia la fatica era stata portata a termine. Ma il re aveva ancora un asso nella manica: annunciò che la cerva avrebbe fatto parte del suo serraglio.

Ercole era di nuovo nei guai. In teoria doveva ubbidire a Euristeo, ma non poteva rimangiarsi la promessa fatta ad Artemide. Ma anche qui giocò d’astuzia. Condusse la cerva nel serraglio, ma quando Euristeo fece per afferrarla ecco che Ercole la lasciò. La cerva riuscì così a sfuggire senza problemi al tentativo di acchiapparla di Euristeo.
Il re accusò di nuovo Ercole di imbrogliare, ma questa volta gli andò male: troppi testimoni avevano visto che era stato il re a farsi sfuggire la cerva dalle mani. Terza fatica conclusa: adesso toccava alla quarta, catturare il Cinghiale di Erimanto. Ma questa è un’altra storia.