Dite pasta, dite Italia. In qualità di italiani, abbiamo dei valori tradizionali che ad oggi, nel XXI secolo, consideriamo sacri e inviolabili. Chi vi scrive, è incrollabilmente convinto di ciò. Ma mi ritengo anche tanto lucido da non poter mettere in discussione accertati fatti storici che fonti di diverso tipo riportano chiaramente. Le stesse fonti (antiche e moderne) sostengono come la pasta, intesa nella sua forma allungata e a base di riso, non nasca nel Bel Paese, ma un po’ più ad est. Discorso leggermente diverso se invece parliamo di “pasta secca”; lì un po’ di voce in capitolo ce l’abbiamo. Quindi chiediamoci: la pasta nasce in Italia o in Cina?

Le prime tracce di pasta, o meglio di un alimento a essa assimilabile, risalgono alla Cina del II millennio a.C. Nel 2005, durante uno scavo archeologico a Lajia, nel nord-ovest, gli studiosi riportarono alla luce una ciotola sigillata contenente lunghi fili di noodles perfettamente conservati, realizzati con un impasto di miglio e acqua. Quei resti rappresentano la più antica testimonianza conosciuta di un cibo simile alla pasta moderna. Lo studio del ritrovamento confermò la straordinaria antichità di questa scoperta, spostando in Asia l’origine di una tradizione culinaria che, solo molti secoli più tardi, avrebbe trovato la sua patria spirituale in Italia.
Dalla Cina, i noodles si diffusero gradualmente verso ovest, raggiungendo prima la Persia e poi il mondo arabo. Proprio gli arabi, intorno all’anno mille, introdussero in Sicilia una versione di pasta che avevano ereditato dai persiani, i quali a loro volta l’avevano appresa dalle culture orientali. In Italia, però, la pasta subì una profonda trasformazione.

Il clima caldo e secco del meridione favorì l’essiccazione naturale al sole. Tecnica che rese possibile la conservazione a lungo termine del prodotto e ne permise il trasporto su grandi distanze. Fu così che nacque la pasta secca, una vera e propria “rivoluzione” culinaria di matrice italiana.
Le prime testimonianze scritte della presenza della pasta in Sicilia risalgono al XII secolo. A confermarlo vi sono le cronache del geografo arabo Muhammad al-Idrīsī. Egli nella sua opera Il libro di Ruggero descrive come a Trabia, presso Palermo, si producesse una grande quantità di una pasta chiamata itriyya, esportata poi in tutto il bacino del Mediterraneo. L’etimologia del termine, che deriva dall’arabo itriyah, indica proprio un tipo di pasta lunga simile agli spaghetti, confermando il ruolo determinante della mediazione araba nella diffusione di questa tradizione.
Con il passare dei secoli, l’Italia divenne il cuore pulsante dell’evoluzione della pasta, che assunse forme, consistenze e usi sempre più vari. Tra il XII e il XIII secolo nacquero i primi formati regionali. Citiamo i maccheroni, le lasagne, e ancora le orecchiette, le tagliatelle, e chi più ne ha, più ne metta. Progressivamente si affermò anche la pasta ripiena, come i ravioli e i tortelli, apprezzata per la sua capacità di racchiudere sapori e nutrimenti diversi in un solo piatto. La pasta cominciò così a rappresentare un alimento quotidiano, oltre che identitario, radicato nella cultura contadina ma amato anche nelle corti.

La sua fortuna si riflette perfino nella letteratura: Giovanni Boccaccio, nel Decameron, descrive nella novella di Calandrino il leggendario “paese di Bengodi”, un luogo di abbondanza dove “eravi una montagna di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra alla quale stavan genti che niuna altra cosa facevano, che fare maccheroni e raviuoli, e cuocergli in brodo di capponi”. Un’immagine allegorica e ironica, ma che testimonia quanto la pasta fosse già allora conosciuta e apprezzata in tutta la penisola.
Per secoli, però, si è tramandato un mito affascinante, bisogna ammetterlo, ma infondato. Un mito secondo cui la pasta sarebbe stata portata in Italia da Marco Polo al suo ritorno dall’Oriente nel XIII secolo. In realtà, questa versione è frutto di un’invenzione statunitense.
Era il 1929 quando la rivista The New Macaroni Journal, organo ufficiale della National Pasta Association, pubblicò un articolo dal tono scherzoso. Non sarebbe stata la prima volta. Secondo lo stesso, un marinaio immaginario, di nome “Spaghetti”, avrebbe accompagnato Marco Polo in Asia e riportato con sé in patria la ricetta dei noodles. Una trovata pubblicitaria, dunque, concepita per nobilitare l’immagine della pasta agli occhi del pubblico americano, ma priva di qualsiasi fondamento storico.

In definitiva, la storia della pasta è quella di un lungo viaggio che parte dall’Estremo Oriente e si compie nel Mediterraneo. Nata come alimento semplice e funzionale, si è trasformata, grazie al genio e alla sensibilità italiana, in un simbolo culturale e gastronomico universale. Se l’invenzione dei primi noodles spetta con ogni probabilità ai cinesi, l’Italia può rivendicare di averne fatto un’arte, di aver codificato ricette, metodi di lavorazione e tradizioni che ancora oggi raccontano, in ogni piatto, l’identità di un intero Paese.




