Storia Che Passione
Incesto e Antico Egitto, mica tanto un tabù

Incesto e Antico Egitto, mica tanto un tabù

Gira che ti rigira, andiamo a finire sempre lì, fra le braccia dell’incesto. Su questi canali ci siamo già soffermati in passato, trattando la spinosa tematica attraverso una lente antropologica, ancor più spesso concentrandoci sulle conseguenze politico-dinastiche delle relazioni consanguinee; salga sul banco degli imputati la Casa d’Asburgo. Sulla falsa riga di quanto già affermato precedentemente, oggi ci concentreremo sull’argomento incesto e, più nello specifico, sul senso assunto in seno all’antica civiltà egizia. Perché lungo le sponde del sacro Nilo, l’incesto, a differenza di quanto accade in molte altre culture del passato e del presente, non era da considerarsi mica tanto un tabù. Anzi, era una pratica che occupava un posto senz’altro peculiare, soprattutto fra i ranghi della famiglia reale. Lungi dall’essere visto come un comportamento deviante, era considerato un atto divino e legittimato religiosamente, tanto da diventare una vera e propria istituzione dinastica.

Incesto e Antico Egitto, mica tanto un tabù

Gli egittologi ne discutono parecchio e non da adesso. Diciamo che sono decenni che il dibattito accademico va avanti, saltuariamente con progressi degni di nota. Qualcosa, pur sempre restando nell’ambito del condizionale (che in questi casi è imperante), si può affermare. Allora, doveva esserci una ragione di fondo per scadere nella relazione incestuosa, giusto?

Sì, beh, chiaramente c’entrava la religione. Bisogna puntare il dito verso il sistema di pensiero mitologico e teocratico egizio. Seguitemi in questo ragionamento, ampiamente condiviso dagli esperti in materia. I faraoni non erano semplicemente re; erano la manifestazione terrena del dio Horus in vita, e dopo la morte si identificavano con Osiride. Se gli dei, come Iside e Osiride, erano fratello e sorella nonché sposi, allora il faraone e la sua consorte – spesso sorella di sangue – dovevano imitarli per riprodurre sulla Terra l’ordine cosmico divino (il Maat di cui spesso si sente parlare). In questa logica, il matrimonio tra fratello e sorella non solo non era condannato, bensì era “l’unione perfetta”, il culmine della purezza dinastica.

Questa è una spiegazione religiosa ridotta all’osso, ma che, con le dovute precauzioni storiche, può reggere su un piano argomentativo. La spia che ci permettere di affrontare un simile discorso è di carattere terminologico. C’è un momento della lunghissima storia egizia in cui avviene una sorta evoluzione lessicale. Quel frangente è da inquadrare nel periodo della XVIII Dinastia, la prima del cosiddetto Nuovo Regno (1543-1292 a.C.). Le prove scritte di quel periodo indicano che vicino alla parola usata per dire “moglie” (hemet), inizia ad accostarsi il vocabolo “sorella” (senet). Il problema è che senet ha anche un’accezione affettuosa quando è rivolto all’amata moglie. Ciò rende impossibile distinguere una sorella da una moglie alla quale si vuole tanto, ma tanto bene. Di converso, non capiamo se allora ci si sposasse davvero tra fratelli.

incesto allattamento statua

Fermi però, non è finita qui. Nel periodo che va dal XVI all’XI secolo a.C. alcuni faraoni – non tutti – iniziarono ad elevare le loro figlie a regine consorti. I casi più noti forse già li conoscete. Amenofi III, padre del futuro faraone eretico Akhenaton, concesse ad alcune sue figlie il titolo di “Grande Sposa Reale”, cosa che lascia supporre un’unione matrimoniale quantomeno simbolica. In modo ancor più marcato, Ramses II, uno dei sovrani più longevi della storia egizia, sposò almeno tre delle sue figlie, tra cui Bintanath e Meritamon. Gli egittologi discutono tutt’oggi se queste unioni siano state consumate fisicamente o se fossero soprattutto cerimoniali. In ogni caso, esse rafforzavano il potere e la sacralità del faraone.

Volendo per un millisecondo accantonare l’ipotesi teocratica e religiosa, fondata sulla mitologia egizia, resta la domanda: perché ricorrere all’incesto? Alcuni studiosi hanno formulato la “teoria della principessa ereditaria“. Una congettura per la quale la legittimità al trono era garantita dalla linea femminile della famiglia reale e dal vincolo del matrimonio. Sposare una sorella/sorellastra e procreare con essa avrebbe portato alla nascita di pargoli dal sangue reale idealmente purissimo.

Sotto i Tolomei la questione incesto conobbe un certo risvolto. Oltre al fatto che alcuni esponenti della dinastia ellenistica fecero propria la tradizione dell’unione sacra familiare per non mancare di rispetto alle consuetudini degli antichi, si può denotare un cambiamento sul piano culturale-popolare. Mentre prima il presunto incesto era circoscritto esclusivamente all’ambiente regale, dal III secolo a.C. in poi si registrarono casi anche fra la gente comune. Bisogna tuttavia specificare come si trattasse di casi isolati, su cui purtroppo le fonti scarseggiano e dicono davvero poco.

incesto unione reali Egitto

Le ricadute di questi atteggiamenti le conosciamo benissimo. Le analisi scientifiche non fanno altro che confermare quanto presupposto: alcuni degli esponenti della regalità egizia soffrivano di gravi patologie fin da giovanissimi proprio a causa delle precedenti unioni fra consanguinei. Riflessi tangibili di una consanguineità prolungata che, pur giustificata religiosamente, comportava rischi reali per la salute degli eredi.

Religione, sicurezza dinastica, ragion di Stato. Questo ed altro si celava dietro il nome dell’incesto. Come ben si sa, con l’imposizione della romanità e dell’omonimo diritto (ancora dopo con l’avvento del Cristianesimo), la pratica incestuosa decadde per sempre. Sono tanti i dubbi. Ad esempio nessuno può affermare con certezza quale fosse l’opinione pubblica sulla consuetudine, questione estremamente affascinante ma, ahimè, inesplorata.