Il ponte di Anji, situato nella provincia di Hebei, in Cina, è il ponte ad arco segmentale aperto più antico del mondo. Perla architettonica candidata ad essere inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità UNESCO, l’opera ne ha vista di acqua scorrere sotto la sua speciale arcata. A voler cogliere la metaforica si fa presto, ma la realtà dei fatti è davvero sorprendente, poiché il capolavoro ingegneristico, oltre che essere tecnicamente lodevole, è storicamente resiliente. Sono 1.400 anni che niente lo sposta, non una guerra, un’inondazione o un terremoto ha messo a repentaglio la sua integrità. Se non è un miracolo questo, ditemi voi cosa può esserlo.

La storia delle sue origini non è proprio chiarissima, perché le fonti che ne attestano la costruzione sono posteriori e non esiste, almeno ad oggi, un documento ufficiale coevo che ne descrive il concepimento. Si è abbastanza sicuri nel datare l’opera a cavallo tra VI e VII secolo (gli estremi cronologici sono il 595 e il 605). Dunque fu sotto la dinastia Sui, salita al potere nel 581, che venne ideato e realizzato il ponte sul fiume Xiao. La mente dietro l’intera progettazione fu quella di un artigiano, tale Li Chun.
Li Chun costruì il ponte di Anji (anche detto ponte di Zhaozhou, dal nome della contea nella quale sorge, appunto la contea di Zhao) essenzialmente per rispondere ad una necessità di carattere economico e commerciale. L’allora dinastia regnante riaffermò l’autorità di un potere centrale dopo lunghi periodi di sostanziale “anarchia” politico-militare. In quest’ottica si spese per la costruzione di grandi opere pubbliche. Alcune le conosciamo molto bene, vedasi la città imperiale di Chang’an e il Gran Canale. Alla corte Sui compresero l’importanza strategica del fiume Xiao, nell’attuale provincia di Hebei. Il movimento di merci e persone, in Cina storicamente direzionatosi via terra in senso sud-ovest/nord-est, perciò dalla costa alle pianure centrali intorno a Kaifeng e Luoyan, toccava quasi sempre il fiume Xiao.

Data la conformazione del territorio circostante al fiume, lo Xiao era al contempo una risorsa (arteria fluviale per il trasporto merci) e un problema (ostacolo naturale agli spostamenti via terra e all’interconnessione territoriale voluto dalla casata imperiale). Ecco perché i Sui decisero di far costruire il ponte di Anji, affidando il lavoro a Li Chun.
Al capomastro va riconosciuta un’innovazione sensazionale per l’epoca. La consuetudine architettonica, ad Oriente come ad Occidente, prevedeva che l’unico modo per trasferire il peso di un ponte verso il basso – dove l’arco incontra il pilone di sostegno – fosse quello di costruire un arco perfettamente semicircolare. Invece Li Chun fece qualcosa di mai sperimentato prima: diede vita ad un ponte ad arco segmentale, il primo del mondo.

Lungo 64 metri, alto circa 7, il ponte di Anji presentava un’estetica suggestiva, che non sfuggì per esempio ai futuri regnanti Tang. Un’iscrizione lasciata durante la loro epoca (618-907) recita:
«Questo ponte di pietra sul fiume Xiao è il risultato del lavoro dell’ingegnere Sui Li Chun. La sua costruzione è davvero insolita, e nessuno sa su quale principio l’abbia realizzata. Ma osserviamo il suo meraviglioso uso della pietra. La sua convessità è così liscia, e le pietre a forma di cuneo si incastrano così perfettamente. […] I quattro piccoli archi inseriti, due su ogni lato, spezzano la rabbia delle inondazioni fragorose e proteggono potentemente il ponte. Un tale capolavoro non avrebbe mai potuto essere realizzato se quest’uomo non avesse applicato il suo genio alla costruzione di un’opera che sarebbe durata per secoli a venire».

E i secoli a venire non furono granché facili per l’opera ingegneristica-architettonica. In 1.400 anni di storia che può vantare, il ponte è sopravvissuto a diverse grandi inondazioni (a riprova dell’innovativa funzione protettiva degli archi minori aperti sul timpano), a guerre dovute agli sconvolgimenti militari nella regione, tra cui i più noti sono quelli registrati alla caduta della dinastia Ming, con l’instaurazione dell’ultima dinastia imperiale, quella dei Qing, nel XVII secolo. Come non citare poi i grandi terremoti, l’ultimo dei quali, risalente al 1976, fu di magnitudo 7,2. La calamità naturale non scalfì minimamente il ponte.