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halifax esplosione, foto del giorno

Foto del giorno: l’esplosione di Halifax

Fotografia di Victor Magnus, Halifax, Nuova Scozia, Canada, 6 dicembre 1917. Nella foto, realizzata dal tenente di vascello Victor Magnus della Royal Navy, potete vedere quella che divenne nota come “esplosione di Halifax” (Halifax Explosion). Si trattò di un incidente navale che vide la collisione fra una nave francese e una norvegese. La nave francese era piena zeppa di esplosivi e la detonazione che seguì non solo uccise tantissime persone, ma rase al suolo l’intera città di Halifax.

L’Esplosione di Halifax

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Crediti foto: @Ross Dunn, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons

La drammatica storia dell’Esplosione di Halifax inizia con una serie di eventi concatenati fra di loro in maniera tanto bizzarra quanto improbabile. Considerate che il tempo era mite, il mare calmo e i capitani e i marinai erano tutti esperti. Dunque non c’era nessun presupposto per immaginare ciò che di lì a poco sarebbe accaduto.

La nave norvegese coinvolta, la SS Imo, era salpata dall’Olanda ed era diretta d New York. Doveva caricare dei rifornimenti per il Belgio ed era comandata da Haakon From. La nave arrivò ad Halifax il 3 dicembre per un’ispezione e trascorse così un paio di giorni nel bacino di Bedford, attendendo i rifornimenti. In teoria aveva ricevuto l’autorizzazione per lasciare il porto il 5 dicembre, ma la partenza fu ritardata perché il carico di carbone arrivò nel tardo pomeriggio.

La nave francese, invece, era il mercantile SS Mont-Blanc. Era piena zeppa di esplosivi ad alto potenziale. Si parla di circa 3mila tonnellate di acido picrico e tritolo. Senza considerare le centinaia di barili di benzolo ad alto numero di ottano accatastati sul ponte. Praticamente era una bomba galleggiante. Tanto che, col senno di poi, un veterano della Royal Navy si stupì del fatto che i marinai non si fossero rifiutati di imbarcarsi una volta scoperta la natura del carico.

La SS Mont-Blanc arrivò da New York la sera del 5 dicembre, comandata da Aimé Le Medec. In teoria doveva unirsi a un convoglio che si stava radunando nel bacino di Bedford, in modo da dirigersi poi tutte insieme in Europa. Solo che arrivò troppo tardi.

Considerate che, prima della guerra, le navi che trasportavano carichi pericolosi come quello della SS Mont-Blanc, per ovvi motivi, non potevano accedere al porto. Tuttavia la guerra aveva cambiato questa direttiva. A causa dei sottomarini tedeschi, infatti, le norme precauzionali erano state allentate.

Per entrare o uscire dal bacino di Bedford, bisognava passare per uno stretto chiamato Narrows. Le navi dovevano mantenersi vicine al lato del canale situato a dritta, dunque a destra e dovevano incrociare le navi provenienti dall’altra direzione facendole rimanere sul lato sinistro. Inoltre la velocità delle navi all’interno del porto doveva essere al massimo di 5 nodi, circa 9,3 km/h.

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Crediti foto: @W.G. MacLaughlan, Public domain, via Wikimedia Commons

Poco prima delle 9:00, l’Imo, in uscita dal porto di Halifax, si trovò in rotta di collisione con la Mont-Blanc. Ovviamente le navi si scambiarono i segnali di allarme e spensero i motori, ma ormai la spinta le aveva condotte l’una contro l’altra, anche se a bassa velocità.

Mackey, un pilota esperto del porto, per paura di far finire la Mont-Blanc in secca (l’urto avrebbe potuto far esplodere il carico), ordinò alla nave di virare bruscamente a sinistra. L’idea era quella di evitare la collisione, con la Mont-Blanc che finì con l’attraversare la prua dell’Imo.

Le due navi erano quasi parallele fra di loro, quando all’improvviso l’Imo emise i tre segnali acustici che indicavano che la nave stava invertendo la direzione dei motori. Tuttavia la combinazione prodotta dall’altezza della nave senza carico e dalla spinta trasversale dell’elica destra fece sì che la prua della Imo si schiantasse contro la Mont-Blanc. Più precisamente la prua dell’Imo squarciò la stiva n. 1 della Mont-Blanc, sul lato di dritta.

La collisione vera e propria avvenne alle ore 8:45. In realtà i danni alla Mont-Blanc non furono gravi, solo che i barili caricati sul ponte caddero e si ruppero. Il benzolo che contenevano inondò il ponte, salvo poi riversarsi velocemente nella stiva.

Quando i motori dell’Imo si rimisero in azione, si crearono scintille dentro lo scafo della Mont-Blanc. E le scintille incendiarono i vapori del benzolo. Improvvisamente un incendio divampò lungo la linea di galleggiamento, propagandosi lungo la fiancata della nave.

Si sprigionò un denso fumo nero. Il capitano, temendo che la nave esplodesse, ordinò all’equipaggio di abbandonare la nave.

Nel frattempo gli abitanti di Halifax si riunirono in strada, si affacciarono alle finestre o uscirono dal lavoro per vedere cosa stesse accadendo. L’equipaggio della Mont-Blanc, in preda alla frenesia e alla paura, dalle scialuppe di salvataggio, cercò di urlare alle altre imbarcazioni circostanti che la loro nave stava per esplodere. Solo che il rumore e la confusione impedirono ai marinai di farsi sentire.

E alle 9:04 la Mont-Blanc esplose. La nave andò completamente in pezzi, generando un’onda d’urto che si irradio dal punto dell’esplosione a una velocità di più di mille metri al secondo. Al centro dell’esplosione si sviluppò una temperatura di 5.000°C e schegge di ferro incandescenti iniziarono a cadere su Halifax e Dartmouth.

L’esplosione fu così violenta da riuscire a scaraventare in aria il cannone anteriore da 90 mm del Mont-Blanc, facendolo atterrare a circa 5,6 km di distanza a nord, vicino al lago Albro, a Dartmouth. La canna era del tutto fusa.

Una nuvola di fumo bianco si innalzò fino a 3.600 metri di altezza e l’esplosione fu sentita fino all’Isola di Capo Bretone, a 207 km di distanza e sull’Isola del Principe Edoardo, a 180 km di distanza.

Una zona di più di 160 ettari fu del tutto distrutta dall’esplosione e il fondale del porto fu momentaneamente esposto a causa del volume di acqua spostato. Si formò un vero e proprio tsunami, con onde d’acqua alte fino a 18 metri sul lato del porto di Halifax.

Fra esplosione, detriti, onda d’urto e tsunami, persero la vita istantaneamente più di 1.600 persone. I feriti furono 9mila e di questi 300 morirono nei giorni successivi. Ogni singolo edificio entro un raggio di 2,6 km (si parla di più di 12mila edifici) fu distrutto o gravemente danneggiato, inclusa la cattedrale di Halifax.

cattedrale halifax
Crediti foto: @William James, Public domain, via Wikimedia Commons

Centinaia di persone che stavano guardando l’incidente dalle loro case rimasero accecate a causa dell’onda d’urto che frantumò i vetri delle finestre. Ma non finì qui. Stufe e lampade rovesciate dall’onda d’urto, causarono poi incendi in tutta Halifax, bruciando interi isolati e bloccando i residenti nelle case.

Il pompiere Billy Wells fu l’unico membro degli otto uomini dell’equipaggio dell’autopompa Patricia a sopravvivere. Fu lui a descrivere la devastazione che i sopravvissuti dovettero affrontare dopo. Wells parlò di uno “spettacolo orribile, con persone morte appese alle finestre. Alcune avevano la testa mozzata, altre erano state scaraventate sui fili del telegrafo”.

Considerate che l’Esplosione di Halifax fu una delle più grandi esplosioni artificiali non nucleari di sempre, riuscendo a liberare un’energia pari a circa 2,9 kilotoni di TNT. Tutto venne distrutto o danneggiato: case, navi nel porto, la ferrovia, il birrifico Army & NAvy di Dartmouth, la cattedrale di Halifax e anche l’Exhibition Building di Halifax. Inoltre, fra l’altro, proprio qui trovarono l’ultimo corpo rimasto ucciso dall’esplosione, ma lo trovarono solo nel 1919.