Fotografia Red Bull Content Pool, stratosfera terrestre, indicativamente sopra i cieli del New Mexico, USA, 14 ottobre 2012. Felix Baumgartner compie un passo verso il vuoto, poi la discesa, il record di caduta libera per un essere umano si infrange, per la prima volta nella storia un uomo rompe la barriera del suono. Voglio ricordare l’impresa di Baumgartner anche in virtù della sua recente e drammatica scomparsa, avvenuta a Porto Sant’Elpidio, nelle Marche.

I limiti hanno una loro specifica funzione a seconda di chi se li pone. Nessuno può ritenersi nel giusto o nel torto, perché ognuno ragiona con la propria testa – si spera, evviva Dio – e ognuno sa fino a che punto ci si può o non ci si può spingere. Felix Baumgartner condivise, come tanti altri prima di lui, il desiderio di scrivere un pezzo della storia contemporanea, un desiderio nato e sviluppatosi sin dagli albori dello scorso secolo: la brama di volare in alto, sempre più in alto, fino a farsi baciare dal sole, mortalmente se necessario, perché solo chi raggiunge lo zenith può dire di aver toccato l’apice del possibile, sfiorando quello che nei secoli dei secoli è rientrato nel campo semantico dell’impossibile. Limiti che chiamano coraggio, coraggio che legato all’ingegno, formano l’impresa.

Di loro, gli spericolati che per dare spettacolo danzavano sulle ali degli aeroplani (e della vita, anche), si è già detto in passato. La metamorfosi secondo novecentesca dei wing walkers portò gente del calibro di Colette Duval a buttarsi nel 1957 da oltre 11 km. Stabilì un primato durato solo tre anni. All’alba degli anni ’60 Joseph Kittinger si iscrisse nell’albo dei recordman. L’aviatore statunitense saltò da 31.100 metri; una cosa mai vista prima e che a lungo rimase tale. A lungo fino a quando Felix Baumgartner non decise di atteggiarsi ad Icaro.
Il salisburghese classe 1969 ha passato l’adolescenza tra salti, lanci, esibizioni e record. Precedenti preparatori per ciò che sarebbe avvenuto nel 2012. L’acme di una vita vissuta (e conclusasi, tristemente) nell’aria. Il 14 ottobre 2012 il recordman sale fino a toccare col dito il secondo strato dell’atmosfera terrestre, che nel gergo scientifico chiamiamo stratosfera. Già raggiunta dall’uomo, e in molteplici occasioni anche, ma mai “adibita” a trampolino di lancio, almeno a quelle latitudini. Mai prima di Felix.

Lassù, a 38.969,4 metri dal suolo, ce lo porta una capsula agganciata ad un pallone gonfiato con l’elio. Il suo nome non poteva che essere zenith. Poi il passettino neppure così modesto che lo consegna agli annali delle imprese umane.
Un vuoto fra lui, piccolo se confrontato con la vastità del globo terracqueo, e la terra polverosa di Roswell, nel New Mexico, che viene colmato in 4 minuti e 19 secondi di caduta libera, ad una velocità 1357,64 km/h; mach 1,24 per capirci, oltre la velocità del suono, oltre le parole, oltre tutto, bastano i fatti.

Estremo il gesto, sia perché follemente adrenalinico, sia perché ultimo di una serie di atti al di fuori delle ordinarie logiche. Dal 14 ottobre 2012 ad oggi, anno di grazia 2025, solo cose ordinarie, che più ordinarie non possono essere. Poi un bel giorno di luglio, ascende in aria col parapendio, in provincia di Fermo, e dopo essersi librato, accade l’impensabile. Al momento in cui scrivo, non si conoscono le cause dell’incidente (è un articolo che, almeno su questo punto, potrebbe invecchiare prestissimo).
Ma Felix se n’è andato facendo ciò che amava, viaggiare leggero fra le folate di vento. E se la storia è prima di tutto la somma della gesta umane su questo mondo, allora Felix “Icaro d’Austria” Baumgartner merita di essere annoverato fra le più appassionanti pagine di questo meraviglioso libro chiamato – diciamolo assieme – Storia.