Storia Che Passione
Foto del giorno: divertirsi negli anni '70

Foto del giorno: divertirsi negli anni ’70

Fotografie di anonimo, un parco giochi qualunque in un paese qualunque, anni ’70. Mi perdonerete se per una volta non indirizzo l’attenzione vostra, o cari lettori, su una specifica fotografia, ma su una breve raccolta di scatti. Il motivo è semplice: intendo approfondire un concetto, avvalendomi del potentissimo mezzo fotografico, che fa parte della nostra storia, e che tuttavia si è soliti omettere, come se parlarne fosse banale, magari scontato. Insomma, voglio condividere con voi una riflessione sull’idea di “divertimento” infantile durante i mitici anni ’70.

Foto del giorno: divertirsi negli anni '70

Che la nozione di spasso cambi di generazione in generazione è cosa nota ed arcinota. Non starò qui a fare prediche inutilissime sui “bei tempi andati” anche perché cadrei nell’ipocrisia più profonda. No, mi piacerebbe invece analizzare attraverso una lente storico-sociale, i sani principi dello svago che oramai mezzo secolo fa accumunavano tutti i bambini del mondo.

Ora, a dare una prima occhiata alle fotografie – che ricordiamo essere state scattate in quel magico decennio, ma mancano di qualsiasi altro riferimento, geografico e contestuale – si nota una cosa: esse riflettono perfettamente il contrasto tra la libertà e l’incoscienza del divertimento infantile e il disinteresse normativo per la sicurezza dei bambini che caratterizzava quell’epoca. Altri tempi, appunto.

anni '70 scivolo

Dallo scivolo arrugginito alle altalene poco stabili, passando per le strutture “a maglia” che si reggevano in piedi per grazia divina o le giostre rotanti che se non si smontavano alla prima sollecitazione era solo per fattori sovrannaturali, diciamo che negli anni ’70, il concetto di “sicurezza pubblica” nei parchi giochi era profondamente diverso da quello attuale. Converrete con me, spero.

anni '70 struttura composita

Le aree gioco erano spesso progettate per stimolare il coraggio, l’autonomia e l’esplorazione fisica, più che per garantire protezione. L’idea dominante (e chi mastica un po’ la storia dell’evoluzione pedagogica, lo sa molto bene) era che un po’ di rischio fosse parte integrante dell’infanzia. Farsi male era parte dell’esperienza, poiché danneggiandosi si imparavano i propri limiti.

A differenza di oggi, in quell’epoca non esistevano regolamenti stringenti in materia di sicurezza ludica. Solo negli anni ’80-’90 iniziarono a diffondersi standard di sicurezza. Accadde contemporaneamente in Europa, negli USA, ma anche nell’Unione Sovietica (che anzi già presentava regolamentazioni in merito). Resta la domanda delle domande: mancavano dispositivi anticaduta, le superfici erano irregolari e spesso accidentate, i materiali che componevano i giochi lasciavano a desiderare e ok, ma i bambini? Loro si divertivano?

anni '70 cilindro gioco

La risposta è affermativa – scoperta dell’acqua calda. Coloro che furono bambini negli anni ’70 ricordano queste strutture come simboli di libertà e avventura. Il rischio era quasi un valore, un banco di prova per coraggio e indipendenza. Tuttavia, i dati sugli infortuni erano tutt’altro che marginali. Fratture, commozioni e tagli erano frequenti. Spesso, anzi, sempre normalizzati.

anni '70 giostra catene

Il gioco infantile era una forma di esplorazione quasi tribale. Una tensione tra piacere e pericolo, tra libertà e incoscienza. Le strutture che oggi definiremmo “trappole mortali” erano in realtà monumenti all’autonomia, testimonianza di un’epoca in cui l’infanzia non era ancora addomesticata dalla logica assicurativa e normativa.