Fotografia della Biblioteca pubblica dello Stato di New York, New York, USA, 1919. Lungo la Victory Way (tratto della ben più lunga e nota Park Avenue) di New York, i dipendenti della principale compagnia ferroviaria di New York – la New York Central Railroad – organizzano una celebrazione per la fine della guerra e per la vittoria dell’Intesa sugli Imperi centrali. Decidono di farlo erigendo una piramide di circa 12.000 elmi chiodati, a rappresentanza dei caduti tedeschi durante il tragico conflitto.

La fotografia oggi custodita dalla Biblioteca pubblica dello Stato di New York è di per sé abbastanza esplicativa del sentimento nazionale statunitense postbellico. Con l’allestimento patriottico di Victory Way si cercò di esaltare il senso stesso dell’intervento americano nella Prima guerra mondiale e il conseguente successo ottenuto non senza un doloroso pegno di sangue.
Gli scatti che immortalano le solennità di quel giorno del 1919 giocano molto sul simbolismo. Basta distogliere un attimo lo sguardo dalla piramide di elmi chiodati – i quali non furono raccolti sul campo di battaglia, come una certa narrazione storicamente errata vuol fare intendere, ma giunsero negli USA dai magazzini di stoccaggio tedeschi – per capirlo. Colonne svettanti sui lati, ghirlande di fiori e rimandi a stelle e strisce ovunque. L’aquila testa bianca con le ali spiegate che domina la costruzione piramidale e la discussa statua di Nike, personificazione mitologica della vittoria, a sormontare il tutto; sono elementi che un comune cittadino statunitense del secondo decennio del Novecento nota, elabora ed assimila.

Oltre l’impatto sociologico e prettamente storico delle celebrazioni, è doveroso chiosare con qualche nozione sui Pickelhauben (gli elmi chiodati, altresì detti elmi prussiani). Anzitutto due parole sulla produzione dell’iconico copricapo tedesco. Fino alla fine del 1914 le fabbriche del Secondo Reich li realizzarono in cuoio. Tendenza che mutò col progredire della guerra e con l’esaurimento delle scorte.
Dopo aver importato dal Sud America (Argentina in primis) materiali per la produzione di indumenti bellici, il governo germanico ordinò l’assemblaggio dei Pickelhauben con alcuni surrogati. Ancora nel 1915 esistevano degli elmetti con chiodo in sottili lamine metalliche; ben presto quelli con feltro pressurizzato e carta (già, carta…) divennero predominanti.

L’Oberste Heeresleitung (l’autorità suprema di comando dell’esercito tedesco) si rese conto quanto poco pratici fossero i vistosi elmi chiodati in una guerra di trincea. Un contesto dove si aveva salva la vita solo ed esclusivamente se in grado di tenere bassa la testa. Poi il cuoio ben poco poteva fare contro schegge e proiettili. Nel 1916 la produzione industriale tedesca si concentrò sull’elmetto d’acciaio: lo Stahlhelm. A partire dal terzo anno di guerra, gli statistici guglielmini registrarono un calo del 70% nei casi di ferite alla testa.




