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Didio Giuliano, quando comprarsi la carica di imperatore non ti esenta dall’essere assassinato

Ammettiamo che, forse, fra gli imperatori romani più noti, di sicuro Didio Giuliano non è in cima. E forse neanche a metà classifica. Tuttavia è innegabile che il suo regno (breve, assai breve) ebbe qualche piccola particolarità che vale la pena tenere a mente. Come il fatto che si comprò la carica di imperatore, in pratica. O che questo non lo esentò dall’essere assassinato. Ah, quanto sono volubili questi antichi Romani!

Il breve, brevissimo regno di Didio Giuliano

didio giuliano
Crediti foto: @Wilfredo Rafael Rodriguez Hernandez, CC0, via Wikimedia Commons

Cesare Marco Didio Severo Giuliano Augusto nacque a Mediolanum il 30 gennaio 133 e morì a Roma il 1 giugno 193. La versione breve della sua storia suona più o meno così: era un ricco senatore; comprò la carica di imperatore dai pretoriani; non riuscì a ottenere né il favore del popolo, né quello delle legioni (anche perché non è che gli diedero tempo di fare qualcosa: rimase sul trono per soli due mesi); così lo assassinarono.

A noi piacciono le cose fatte bene però, dunque… Egli nacque nell’odierna Milano nella Regio XI Transpadana. Era il figlio di Quinto Petronio Didio Severo, un politico romano e di Emilia Clara. Durante la sua carriera ottenne tantissime cariche. Divenne questore, poi edile e pretore, legatus legionis della XXII Primigenia a Mogonatiacum, poi governatore di rango pretorio della Gallia Belgica, console insieme al futuro imperatore Pertinace, governatore della Dalmazia e della Germania inferiore e poi prefetto dell’annona.

didio giuliano imperatore
Crediti foto: @Romainbehar, CC0, via Wikimedia Commons

La sua carriera politica ebbe una battuta di arresto sotto Commodo in quanto finì collegato con la congiura di Lucilla, la sorella dell’imperatore. Tuttavia Commodo non credette nelle accuse e Didio non fu condannato. Preferì ritirarsi temporaneamente a vita privata. Fu poi Commodo a tirarlo fuori dal suo nido, nominandolo prima governatore della Bitinia, poi console e infine governatore dell’Africa.

Ebbe anche un buon rapporto con l’imperatore Pertinace e, alla sua morte, in pratica lo nominarono imperatore al posto di Sulpiciano perché aveva offerto più sesterzi ai pretoriani del rivale. In pratica si comprò la carica di imperatore. Il medesimo giorno, poi, fu riconosciuto anche dal Senato, il quale decise di nominare auguste sia la moglie Manlia Scantilla che la figlia Didia Clara.

Il problema di Didio Giuliano fu che nessuno lo amava come imperatore. Non solo il popolo lo criticava, ma i veri guai arrivarono dagli eserciti delle province. Questi ultimi, infatti, non avevano giurato fedeltà al nuovo imperatore. Anzi, rivolte scoppiarono in diverse parti dell’impero. Clodio Albino sollevò gli eserciti della Britannia, Pescennio Nigro quelli della Siria e Settimio Severo quelli dell’Illirico.

Così a Didio Giuliano non rimase altro che spedire uomini e ambasciatori per cercare di sedare il problema alla base. Nel frattempo, però, si preparava allo scontro, fidandosi dei pretoriani. Ora, dopo svariati imperatori uccisi proprio dai loro pretoriani, non chiedeteci perché gli imperatori di Roma continuassero a riporre fiducia in loro.

soldati romani

Didio Giuliano tentò di bloccare Settimio Severo, non riuscendoci: costui stava attraversando tranquillamente tutta l’Italia, scendendo verso Roma e impadronendosi, già che c’era, anche della flotta di Ravenna. Didio Giuliano allora tentò la carta diplomatica: offrì a Settimio Severo di associarsi con lui al trono.

Ma Settimio Severo giustamente rifiutò: perché associarsi a un imperatore malvisto da tutti, quando poteva avere il trono tutto per sé? Così Settimio Severo rifiutò la proposta. E come già starete immaginando, visto che Didio Giuliano non aveva nessuno che lo supportasse, fu portato in un posto remoto dai pretoriani e qui da loro ucciso per decapitazione il 1° giugno 193, su ordine dello stesso Senato. In pratica era rimasto sul trono dal 28 marzo al 1° giugno del 193 d.C. Inutile dire che il suo successore fu proprio Settimio Severo.