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Così il cammino Peabiru ha plasmato la storia del Sudamerica precolombiano

Così il cammino Peabiru ha plasmato la storia del Sudamerica precolombiano

Tra le molte storie che contraddistinguono l’America meridionale, poche sono suggestive quanto quella del Caminho do Peabiru – traducibile in “cammino Peabiru” o “sentiero Peabiru” – un reticolo di sentieri antichissimo che, molto prima dell’arrivo degli europei, univa la costa atlantica del Sudamerica alle Ande. Il Peabiru era una vera e propria infrastruttura transcontinentale. Immaginiamolo come un sistema di percorsi, per lo più in terra battuta, talvolta arginati da zolle compattate, attraverso i quali circolavano merci, idee, simboli religiosi e, soprattutto, popoli.

Così il cammino Peabiru ha plasmato la storia del Sudamerica precolombiano

Questo articolo rientra di diritto in una speciale quanto informale rubrica, dedicata alle reti viarie che in un certo qual modo hanno plasmato la storia dei territori attraversati. Gli esempi noti sono tantissimi, come il sistema stradale romano e le sue eccellenze, o ancora la vitale Tōkaidō, antica arteria di collegamento fra l’imperiale Kyoto e la shogunale Edo, in Giappone. Avendo concentrato le nostre attenzioni sulla vecchia Europa, e poi sulle terre del Sol Levante, mi sembrava corretto mirare oltre l’Atlantico.

L’origine del cammino Peabiru si perde nella notte dei tempi. Le tradizioni orali tupi-guarani parlano di un “sentiero d’erba schiacciata”, peÿa beyu, lungo migliaia di chilometri, che collegava il mare all’entroterra seguendo un tracciato legato sia alla geografia sia alla cosmologia indigena. Molti segmenti del Caminho do Peabiru, secondo gli anziani guaranì, riproducevano la forma della Via Lattea, interpretata come un cammino sacro. Gli archeologi moderni non escludono che i suoi tratti più antichi risalgano persino a 10.000 anni fa, opera dei primi gruppi di cacciatori-raccoglitori che attraversarono il subcontinente in epoca paleoamericana.

cammino Peabiru origine

Qualunque ne fosse l’origine, il Peabiru era già pienamente attivo molto prima del contatto con gli europei: un collegamento fondamentale tra Tupi, Guaranì, Inca e numerosi altri popoli dell’Amazzonia, del Chaco e delle Ande. Una delle sue diramazioni principali confluiva direttamente nel Qhapaq Ñan, l’immenso sistema stradale dell’Impero Inca. Ciò spiega come mai, all’inizio del XVI secolo, circolassero tra le popolazioni guaranì racconti sulle immense ricchezze delle terre occidentali. Non erano mica miti nati dal nulla, ma informazioni giunte attraverso secoli di scambi.

È in questo scenario che compare Aleixo Garcia, un esploratore portoghese che il destino spinse lontano dalla madrepatria. Naufragato lungo la costa del Brasile meridionale, Garcia non poté far ritorno in Europa e dovette adattarsi a un mondo completamente nuovo. Trascorse otto anni tra le comunità guaranì, imparando la lingua, i costumi e integrandosi a tal punto da essere accettato come alleato nelle loro spedizioni.

cammino Peabiru Inca

Nel 1524, quando le voci sulle “città d’argento” poste oltre le montagne tornarono a circolare con insistenza, Garcia colse l’occasione. Si unì a un’imponente spedizione guaranì: circa 2.000 guerrieri, intenzionati a raggiungere gli Inca e ottenere tributi o bottino. Il gruppo imboccò il grande corridoio del Peabiru, addentrandosi per oltre un anno tra foreste fitte, altipiani, fiumi tumultuosi e regioni allora ignote agli europei. Era un viaggio estremamente difficile, possibile solo grazie alle conoscenze degli indigeni.

cammino Peabiru popoli amazzoni

L’arrivo a Cusco fu un evento senza precedenti. Prima ancora di Pizarro, Garcia divenne il primo europeo a raggiungere la capitale incaica. Gli Inca, consapevoli dell’avanzata della spedizione, mobilitarono un esercito di circa 20.000 uomini, segno di quanto quella incursione fosse percepita come una minaccia reale. Nonostante ciò, Garcia e i suoi compagni riuscirono a impadronirsi di una quantità significativa di argento e manufatti preziosi, confermando le leggende sulla ricchezza andina.

Il ritorno fu ben diverso dall’andata. Prima di rientrare sulla costa, Garcia morì in un’imboscata orchestrata da un gruppo di indigeni rivali, probabilmente interessati al bottino inca. Solo alcuni dei suoi seguaci sopravvissero abbastanza a lungo per riportare le notizie che, in seguito, accesero l’immaginazione europea. Le spedizioni successive, come quella di Álvar Núñez Cabeza de Vaca nel 1541 o quella descritta dal bavarese Ulrich Schmidl nel 1552, si basarono proprio sulle informazioni raccolte dai Guaranì e dai resti della compagnia di Garcia, trasformando il Peabiru in una sorta di corridoio leggendario da percorrere alla ricerca di El Dorado e delle ricchezze delle Ande.

cammino Peabiru sentiero Sudamerica

Gli stessi missionari gesuiti, nel XVII secolo, ne sfruttarono le diramazioni come vie di comunicazione strategiche per penetrare nell’interno del continente. Lasciarono così nelle loro relazioni una delle più ricche descrizioni del sistema di sentieri, delle popolazioni che li percorrevano e delle loro culture.

Oggi il Peabiru rappresenta uno dei più affascinanti enigmi della storia precolombiana. È una rete che, pur conservando ancora molti tratti sconosciuti, testimonia la straordinaria capacità organizzativa e di adattamento delle società indigene sudamericane.