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Cosa mangiava un sultano ottomano?

Cosa mangiava un sultano ottomano?

Forse, ma dico forse, dovremmo smettere di dire “ho mangiato come un re” in favore di un più orientaleggiante “ho mangiato come un sultano“. Consigli maldestri a parte, mi sono chiesto quale fosse la tipica alimentazione quotidiana di un sultano ottomano dopo aver compiuto un viaggio nella splendida città di Istanbul. Visitando Palazzo Topkapı, mi sono imbattuto nelle cucine – dove il cibo veniva preparato a seconda dei gusti di questo o di quell’altro regnante – e nelle sale dove i pasti venivano golosamente consumati. La visita mi ha fornito degli spunti interessanti relativi alle tendenze culinarie in seno alla corte sultanale sui quali possiamo edificare una sostanziosa riflessione.

Cosa mangiava un sultano ottomano?

Ovviamente, non si può affrontare un simile discorso a prescindere dall’evoluzione storica e culturale del “popolo” ottomano. Prima di divenire un impero transcontinentale fra i più grandi della storia umana, gli ottomani furono un agglomerato di piccole tribù turciche a loro volta discendenti delle steppe centrasiatiche. Importante ricordarlo, perché le loro prime abitudini alimentari riflettevano proprio quello stile di vita pastorale delle tribù nomadi dell’Asia Centrale (e poi della steppa anatolica). La carne, soprattutto ovina, il latte, lo yogurt fermentato e i pani azzimi erano la base dell’alimentazione. Questi alimenti non rappresentavano solamente una fonte di consumo. All’evenienza, essi divenivano merce di scambio in un contesto di mercato; rendevano l’economia alimentare uno strumento d’integrazione e potere.

sultano accampamento tribù nomadi turche

Con l’espansione del beilicato ottomano e la sua evoluzione in sultanato (tradizionalmente nel 1299 con Osman, primo sovrano dell’impero che verrà), anche la cultura alimentare cambiò. Si passò da una dieta basata su alimenti semplici, come carne e latticini, a piatti più elaborati, frutto dell’incontro con tradizioni culinarie romane, arabe e persiane. La crescente urbanizzazione – di pari passo con l’imperante espansione territoriale – segnò un punto di svolta.

sultano formaggi speziati

Un anno e un evento storico che qualunque appassionato di storia degno di tale nome conosce: 1453, presa ottomana di Costantinopoli e definitiva caduta dell’Impero romano (alla faccia di chi continua a credere, instancabilmente, che l’autorità romana sia decaduta nel 476 d.C.; scusate lo sfogo…). Per gli osmanici è un grandioso traguardo, l’affermazione del loro potere universale. Bisogna celebrare! Dunque il settimo sultano Mehmed II fa costruire il Palazzo Topkapı. I lavori iniziano all’incirca tra il 1459 e il 1560 e terminano un decennio dopo. Ospitante oltre 4.000 persone – tra cui la famiglia del sultano, le concubine, i giannizzeri, i servitori e gli ambasciatori stranieri – il palazzo divenne il luogo per eccellenza in cui poter sfoggiare la più alta cucina ottomana.

All’interno della residenza sultanale si trovavano strutture adibite alla preparazione dei pasti. Come detto in apertura, suddetti ambienti sono tutt’oggi visitabili. Degno di nota era il Kushane, ossia la cucina privata del sultano, dove solo i piatti più raffinati venivano preparati. Vi era poi una moltitudine di “pasticcerie” in cui si sperimentava la cosiddetta cucina Helvahane (Helvahane mutfağı), fatta di dolciumi, halva, sciroppi, conserve e dolci rituali. Infine vi erano le cucine generali, ben più vicine al concetto occidentale di cucina, in cui lavoravano cuochi, altri pasticceri, macellai, garzoni e stallieri.

sultano tavolata comune

Queste strutture lavoravano in perfetta sincronia con l’orologio della corte. Due pasti principali (uno all’alba, l’altro nel pomeriggio), ma con la possibilità, da parte del sultano, di richiedere un pasto in qualsiasi momento. Mi sembra ovvio, altrimenti che sultano sei…

Ora, chi di voi è stato in Turchia almeno una volta nella vita, avrà assaggiato il baklava, un dolce a base di pasta fillo, frutta secca e sciroppo zuccherino. Ebbene, il baklava ci fornisce lo spunto per parlare di una tematica ben più generale. I gusti del sovrano erano i gusti della corte, e i gusti della corte erano i gusti dell’impero. Dell’assunto la prova-provata è il baklava, che nacque come dolce di corte ma che presto divenne una leccornia per qualunque ceto sotto l’autorità della Sublime Porta.

Ok, arrivati a questo punto cerchiamo di trovare una risposta alla questione sollevata col titolo: cosa mangiava un sultano ottomano? Banale dirlo, ma è chiaro come non esistesse un regime alimentare univoco per tutti coloro che guidarono l’Impero ottomano. Qualche tendenza generale però la si può individuare. I sultani amavano combinazioni elaborate: stufati di agnello con prugne secche, pilav con cannella e pinoli. Oppure pesci marinati con succo di melograno. Spezie pregiate come zafferano, cumino e cannella – per le quali un suddito medio doveva svenarsi – venivano importate appositamente per la tavola reale. Queste mescolanze dolce-salato erano un tratto distintivo della cucina di corte, che differiva nettamente da quella più semplice delle masse, fondata su legumi, pane, verdure e poca carne.

sultano prendere il caffè

Il lusso alimentare aveva però un prezzo, un prezzo salatissimo (ah, ah, ah…). L’alimentazione a corte era ricca di burro, zucchero, carne rossa e frutti di mare, una combinazione letale dal punto di vista salutare. Gotta e diabete colpirono diversi sultani, in particolare Mehmed II e Selim II. L’alimentazione ad alto contenuto di purine causava infiammazioni articolari, mentre lo zucchero raffinato portava a iperglicemia cronica. La medicina ottomana non disponeva di strumenti adeguati per affrontare tali patologie, che spesso accorciavano la vita dei sultani. Mehmed morì a 49 anni, Selim a 50.

Eccoci qua, giunti al capitolo alcol. La legge islamica vigente in un impero che si dichiarava apicale rappresentante dell’Islam sunnita vietava l’alcol. Fatta la legge, trovato l’inganno. Molti sultani ne erano consumatori abituali, spesso in segreto, altrettanto spesso alla luce del giorno. L’esempio che si fa sempre in questi casi è quello di Selim II, noto come Sarhoş, che è un modo carino tipico dei turchi quando devono riferirsi agli ubriaconi. Morì in seguito a una caduta accidentale nel bagno, ubriaco. I registri ufficiali non riportano mai l’acquisto di vino o rakı (liquore all’anice particolarmente gradito in quell’angolo di Vicino Oriente), ma è noto che l’alcol circolasse, soprattutto attraverso intermedi cristiani o armeni.

sultano consumo alcol

Il tabù islamico sull’alcol incentivò la diffusione di altre bevande. Il şerbet (bevanda dolce a base di frutta o fiori), la boza (fermentato di cereali) e il caffè, probabilmente introdotto dopo la campagna egiziana del 1519. Quest’ultimo divenne simbolo di eleganza e raffinatezza a corte, come dimostrato dalla nascita delle prime kahvehane (caffetterie) nella Istanbul del XVI secolo.

Oltre che espressione del gusto personale, il cibo aveva un ruolo politico e sociale centrale. Offrire pasti era un dovere del sultano, secondo la tradizione nomade turca. Il potere si legittimava attraverso l’abbondanza. Le cerimonie pubbliche, come i banchetti per la circoncisione dei principi o per i matrimoni reali, culminavano nella çanak yağması, traducibile come la “razzia del vaso”. Praticamente erano enormi contenitori pieni di pilav e carne messi a disposizione per le folle. Queste si lanciavano sul cibo come in una scena rituale e teatrale.