Bello quello per la fisica, affascinante quello per la pace, ma vogliamo parlare del Nobel per la matematica? Ma quanto deve essere soddisfacente vincerlo, vedersi riconoscere anni e anni di lungimiranti sforzi cognitivi volti all’accrescimento della sapienza matematica universale. Prendiamo ad esempio l’ultimo ad averlo ricevuto il Nobel per la matematica. Sì, proprio lui, mister nessuno. Burle a parte, se siete qui a leggere il delirio del sottoscritto allora saprete che un Nobel dedicato alla cara buon vecchia matematica non esiste. La domanda a questo punto è semplice: perché?

Ad oggi le onorificenze più ambite nel campo degli studi matematici sono le medaglie Fields, che ogni quattro anni cingono il collo delle menti più brillanti secondo l’International Mathematical Union. Come non citare poi il premio Abel, anch’esso specifico per la matematica, che il re di Norvegia assegna annualmente dal 2001.
Prestigiosissimi riconoscimenti, per carità, ma non recano il nome dell’illustre Alfred Nobel, padre del premio per antonomasia dedicato allo scibile umano. Esiste per le già citate fisica e per la pace, così come per la medicina, la letteratura, la filosofia, l’economia, ma non per la matematica. Non per la disciplina sulla quale si regola il sapere scientifico, poiché la matematica è il “linguaggio della scienza“.

Un dato di fatto attorno al quale tanto si è detto e altrettanto si è speculato. In particolar modo si è fatta largo nel tempo una versione, più simile ad una leggenda metropolitana che ad altro, per cui lo svedese Alfred Nobel non diede i natali ad un premio per la matematica a causa di una pena d’amor. Detta in soldoni: l’amante di Nobel se la faceva con un mirabile matematico, lo svedese Magnus Gustaf Mittag-Leffler. Verosimilmente, se il premio fosse stato istituito, allora se lo sarebbe aggiudicato Mittag-Leffler. Pensate un po’ che imbarazzo…
Ahinoi, non esistono prove né a sostegno né in grado di smentire questa teoria. Chi non vuole pensare male fornisce un’altra versione della storia. Alfred Nobel era un uomo del suo tempo, e come tale credeva che la matematica, sebbene essenziale per il sapere scientifico, non fosse una materia pratica, bensì teorica. I suoi premi guardavano con benevolenza alle discipline con un risvolto pratico per il progresso umano. La matematica ne veniva chiamata automaticamente fuori.

A noi, gente del XXI secolo, può sembrare una forma di miopia intellettuale. Invece nell’Ottocento – secolo che più strano non si può, ricorderete perché – la si pensava esattamente così. Era un’altra mentalità; la matematica era di supporto per le altre scienze, si trattava di una cognizione fine a se stessa.