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Come fece Ulisse a sopravvivere a Scilla e Cariddi? E da dove arrivavano questi mostri?

Nell’Odissea di Omero, fra i tanti mostri e nemici che si frappongo fra Ulisse e il suo ritorno a Itaca, ci sono anche Scilla e Cariddi. Ma esattamente, chi erano? E come fece Ulisse a superare con la nave le rocce vicino a dove i due mostri vivevano?

Ulisse vs Scilla e Cariddi

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Crediti foto: @Henri Fuseli, Public domain, Wikimedia Commons

A dire il vero non si sa tantissimo su questi due mostri. La loro collocazione, però, è chiara: si trovavano sui lati opposti dello Stretto di Messina, fra Sicilia e Calabria. L’arte greca raffigura Scilla solitamente come un mostro dotato di tentacoli attaccati in vita, dietro o ai lati, con tre teste di cane che sporgono da essi. Cariddi, invece, di solito non è raffigurata nell’arte greca antica.

Chi era Scilla? Il poeta bizantino Giovanni Tzetzes ci racconta che Scilla era una bellissima Naiade. Come spesso accade in queste storie, Poseidone, il dio dei mari e fratello di Zeus, se ne invaghì e la rivendicò come sua. Il che fece ingelosire Anfitrite, la Nereide moglie di Poseidone. Fu proprio Anfitrite a trasformare Scilla in un mostro con tre code di serpente e tre teste di cane, avvelenando l’acqua in cui la ninfa faceva il bagno.

La versione di Igino è simile, ma cambia i protagonisti. Qui era il dio del mare Glauco a essersi innamorato di Scilla. Ma Glauco, a sua volta, era amato dalla maga Circe. Presa dalla gelosia, Circe avrebbe versato una pozione nell’acqua di mare in cui Scilla stava facendo il bagno, trasformandola così in un mostro. Esiste anche un mito che racconta di come Ercole uccise Scilla, rea di aver rubato tre buoi di Gerione (che a sua volte Ercole aveva rubato a Gerione). Tuttavia il dio Forco la riportò poi in vita.

Per quanto riguarda la famiglia di Scilla, ogni autore dice la sua. Omero, Ovidio e Apollodoro sostengono che fosse Crataeis la madre di Scilla (per Apollonio Rodio Crateide era un altro nome di Ecate), con Apollodoro che arriva a dire che il padre era Trieno (forse Tritone?) o Forco. Un commentatore di Platone indica Tirreno come padre di Scilla, mentre per Esiodo e Acusilao i genitori sono Ecate e Forco.

Chi era Cariddi? Se su Scilla abbiamo poco, su Cariddi abbiamo ancora di meno. L’Odissea si limita a dirci che Cariddi era un grande vortice, ma non ci spiega altro di questo mostro. Non si sa neanche se Cariddi fosse ritenuta un vero mostro o la semplice rappresentazione di un pericoloso vortice marino. E non si sa neanche chi fossero i suoi genitori.

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Crediti foto: @John William Waterhouse, Public domain, Wikimedia Commons

Circe docet – Nell’Odissea è la maga Circe a descrivere Scilla, con i suoi 12 piedi, i 6 colli, le 6 teste orribili con denti…. Secondo Circe Scilla viveva in una caverna nebbiosa, con il corpo, dalla vita in giù, seduto dentro la caverna, mentre le teste sporgevano fuori, pronte a divorare chiunque passasse in quel tratto di mare.

Scilla era così malvagia che neanche un dio avrebbe voluto incontrarla. Tuttavia Circe consiglia a Ulisse di navigare più vicino a Scilla che non a Cariddi: Scilla si sarebbe presa pochi uomini dell’eroe, mentre Cariddi avrebbe affondato l’intera nave, uccidendo tutto l’equipaggio.

Ovviamente Ulisse si informò su eventuali metodi per combattere Scilla, ma Circe gli consigliò di non provarci neanche. Anzi: quello che poteva fare era appellarsi a Crateide, la madre di Scilla, in modo da assicurarsi che Scilla non attaccasse più di una volta l’equipaggio.

Già che c’è, Circe mise in guardia Ulisse anche da Cariddi, la quale viveva vicino alla scogliera di fronte a Scilla. Secondo la maga, era lei quella più pericolosa delle due, perché in grado di risucchiare nave ed equipaggio all’interno del suo vortice. Inoltre Cariddi creava il suo vortice tre volte al giorno, risucchiando l’acqua del mare e poi risputandola fuori. Cariddi era così potente che neanche Poseidone avrebbe potuto aiutare Ulisse (non che lo avrebbe fatto, neanche se avesse potuto, visto che gli aveva accecato Polifemo il ciclope, suo figlio).

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Crediti foto: @British Museum

Ulisse e Scilla – Dopo tutti gli ammonimenti di Circe, Ulisse decise di passare vicino a Scilla. Per evitare di terrorizzare l’equipaggio, Ulisse decise di non dire nulla. Si limitò a dire ai rematori di spingere sui remi velocemente quando raggiunsero la caverna di residenza di Scilla. Nel dubbio, però, anche se Circe gli aveva ripetuto allo sfinimento di non lottare contro Scilla, Ulisse indossò la sua armatura e si piazzò sul ponte di prua, armato di due lance.

Durante il passaggio, l’ignaro equipaggiò si distrasse guardando il vortice di Cariddi dall’alta parte dello stretto. E così, sotto il naso di tutti, Scilla prelevò sei uomini dalla nave. Voltandosi a guardare, il resto dell’equipaggio vide i compagni sollevati in alto dai tentacoli di Scilla, mentre invocavano invano il nome di Ulisse. L’eroe dovette assistere impotente mentre Scilla divorava i suoi uomini.

Ulisse e Cariddi – Dopo l’incontro su Scilla, Ulisse fece scalo sull’isola di Trinacia (non si sa bene se Malta o la Sicilia). Qui si imbatterono nel bestiame di Elio, il dio del sole. Ulisse sapeva bene che non bisognava toccare il bestiame del dio, onde evitare di farlo infuriare. Così fece giurare all’equipaggio di non mangiare quei bovini, anche perché Elio li avrebbe subito beccati visto che poteva vedere ogni cosa.

Tuttavia Euriloco, il vice di Ulisse, convinse gli altri uomini a uccidere e mangiare il bestiame. Ovviamente Elio li colse subito in flagrante e corse da Zeus a chiedere di punirli. Zeus acconsentì prontamente e quando Ulisse e i suoi compagni si rimisero in viaggio, sette giorni dopo, ecco che Zeus invocò una tempesta che spinse nuovamente la nave verso Cariddi. La nave, ormai un relitto galleggiante, fu risucchiata da Cariddi. L’unico sopravvissuto fu Ulisse che riuscì a salvarsi aggrappandosi a un ramo di fico sulla scogliera vicina.

Ulisse rimase appeso al ramo per diverse ore, osservando i resti della nave sputati fuori da Cariddi. Alla fine si lasciò cadere su una tavola di legno, remando fino a quando non arrivò da naufrago sull’isola di Ogigia. E qui trovò ad attenderlo la ninfa Calipso, ma questa è un’altra storia.