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Ciro il Grande, l'alba dell'Impero persiano

Ciro il Grande, l’alba dell’Impero persiano

Bene o male, tutti abbiamo sentito nominare almeno una volta nella vita il nome di Ciro il Grande, inscritto agli annali come Ciro II di Persia (590 – 529 a.C.), fondatore dell’Impero achemenide, universalmente ricordato dalle fonti come uno dei sovrani più carismatici e illuminati dell’antichità. La sua figura è avvolta da un’aura leggendaria che fonde realtà storica, tradizione locale, propaganda imperiale e, immancabilmente, interpretazioni greche. Volendo attingere da un vocabolario contemporaneo, si può dire senza timore come Ciro fu a suo modo rivoluzionario. Non tanto e non soltanto per le conquiste che contraddistinsero il suo regno, che pure furono numerose ed epocali, ma per il suo modo di intendere la sovranità, di applicarne i principi, fondati quest’ultimi tanto sul concetto di dominio quanto su quello di integrazione culturale. Termini archetipici sui quali Ciro il Grande fondò l’essenza del suo vasto impero, il primo della plurimillenaria storia persiana.

Ciro il Grande, l'alba dell'Impero persiano

Ciro nacque intorno al 590 a.C. nella regione di Anšan, sud-ovest dell’odierno Iran. Apparteneva alla dinastia degli Achemenidi, una piccola stirpe nobiliare persiana vassalla dei Medi. Secondo Erodoto, Ciro era figlio di Cambise I e della principessa meda Mandane, nipote di Astiage, re dei Medi. Il racconto erodoteo sulla prima giovinezza di Ciro è intriso di elementi mitici: affascinante dunque, ma da prendere con le pinze.

Quel che è certo riguarda il ruolo che Cambise ricoprì nella vita del figlio. Un padre presente, premuroso, ligio nell’insegnare a Ciro come combattere, cavalcare, essere onesti e, cosa più importante, a ragionare con la propria testa, pur non disdegnando il parere dei più saggi. Cambise morì in battaglia nel 569 a.C. Seguirono pomposi riti funebri e, dopo cinque mesi di onorevole attesa, la corona poggiò sul capo di Ciro II di Persia. Non ancora il Grande, ma sulla giusta strada per diventarlo.

Ciro il Grande rilievo

A trent’anni d’età, il nuovo re non voleva farsi adulare per ciò che non era, ossia un uomo attaccato al lusso, al fasto della corte achemenide, all’ozio dei reali. Per i sudditi Ciro era prima di tutto un valido guerriero e un distinto leader. Come tale decise di fondare la fortuna dei suoi domini sulla lealtà dimostratagli dalle influenti tribù seminomadi dominanti nell’altipiano iranico e sulla ribellione pianificata a danno dei Medi.

Questa prese avvio alla metà del VI secolo e si rivelò per Ciro un grande successo militare, oltre che politico. Sconfisse il re Astiage. L’impresa non si rifletté solo in un colpo di stato dinastico: significò il trasferimento del centro del potere dall’élite meda a quella persiana, pur mantenendo una certa continuità amministrativa e culturale. Ciro fu abile nell’attrarre l’aristocrazia meda, che fu integrata nel nuovo apparato imperiale. Da qui iniziò una rapida espansione. Ciro riorganizzò l’esercito, valorizzando l’efficienza militare dei Persiani, e costruì una rete di alleanze locali. La sua visione imperiale si fondava non solo sulla forza, ma sulla clemenza, sulla tolleranza religiosa e su una retorica di liberazione, elementi che lo distinsero radicalmente da altri conquistatori.

Ciro il Grande espansione Impero achemenide

Ma la conquista più importante di Ciro rispose al nome di Babilonia. Nel 539 a.C. il Gran Re di Persia conquistò un indebolito reame babilonese avvalendosi di una buona propaganda, nulla più. Senza colpo ferire, entrò pacificamente nella città, rivolse i suoi auguri agli dèi locali e permise alla popolazione babilonese di vivere secondo i loro usi e costumi. L’evento è documentato in una fonte straordinaria: il Cilindro di Ciro, un testo in accadico cuneiforme scoperto in Mesopotamia nel XIX secolo e oggi conservato al British Museum.

In questo documento Ciro si presenta come liberatore, non come oppressore. Il precedente re, Nabonedo, era inviso ai sacerdoti locali per le sue riforme religiose. Ciro si presenta dunque come restauratore dell’ordine cosmico. Il Cilindro di Ciro è stato definito da alcuni il “primo documento sui diritti umani”. Un’interpretazione moderna che va trattata con cautela, ma che riflette l’impatto simbolico del sovrano nella storia universale. Prima di Babilonia, caddero sotto il dominio persiano la Lidia del nostro amico Creso (547 a.C.), i contigui regni anatolici, le città-stato ioniche. La direttrice espansionistica achemenide mirava anche ad est. Furono gli invincibili eserciti di Ciro II di Persia a soggiogare la Battriana, il Gandhāra e parte dell’Asia centrale (diciamo l’attuale Uzbekistan e Tagikistan).

Ciro il Grande cilindro

Un uomo di siffatta natura poteva soccombere solo di fronte alla morte, e così fu. Erodoto ci dice come Ciro morì combattendo contro i Massageti, popolo delle steppe a est del Mar Caspio. Il racconto narra come la regina Tomiri lo catturò e lo decapitò. Leggenda vuole che la medesima sovrana immerse la testa mozzata del Gran Re di Persia in un otre di sangue. Nel farlo, asserì: “Ora bevi quanto sangue desideri”. Non sappiamo se questo evento sia storico o simbolico, ma di certo Ciro morì in battaglia attorno al 530 a.C. Fu sepolto nella capitale Pasargade, dove il suo mausoleo – ancora oggi visibile – è un austero e solenne monumento in pietra calcarea.

Ciro il Grande tomba impero

L’Impero achemenide, nato dalle conquiste di Ciro il Grande, sarebbe durato due secoli, fino alla conquista di Alessandro Magno. Tuttavia il modello politico e culturale sorto dal regno di Ciro sopravvisse ben oltre. Egli fu il primo a concepire un impero multiculturale, nel quale l’identità universalistica non si imponeva con la cancellazione delle culture locali, ma con la loro integrazione.