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Chimera, il mostro sputafuoco a tre teste della mitologia greca

Uno dei mostri più iconici della mitologia greca è di sicuro la Chimera. Si trattava di un mostro sputafuoco con tre tese, una di leone, una di capra e una di serpente. Questa sorta di mostro a mosaico devastò la Grecia, fino a quando sulla sua strada non incappò nell’eroe Bellerofonte che, aiutato dal cavallo alato Pegaso, riuscì a porre fine al suo regno di terrore.

Tutto quello che volevate sapere sulla Chimera

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Crediti foto: @Ministero della Cultura Francese

Della Chimera di solito ci ricordiamo che aveva una testa di leone davanti, una testa di capra che spuntava dal torso e la coda che era un serpente. Ma chi erano i suoi genitori? Quale erano le sue origini? E perché inciampò fatalmente in Bellerofonte e Pegaso?

Origini della Chimera – Il nostro buon amico Esiodo, nella sua Teogonia, ci parla della Chimera. Esiodo non esplicita il nome della madre, ma si pensa che possa essere stata Ceto, dea del mare primordiale, l’Idra o, più verosimilmente, Echidna, la madre dei mostri. Il padre, invece, sappiamo essere stato Tifone, mostruoso gigante serpentiforme nato per sfidare Zeus per il trono dell’Olimpo.

Echidna e Tifone insieme diedero vita a parecchi mostri. Fra i fratellini e le sorelline mostruose della Chimera ricordiamo il cane da guardia a due teste Ortro, Cerbero, l’Idra, il Leone di Nemea, la Sfinge, l’Aquila del Caucaso…

Della Chimera sappiamo che abitava le montagne della Licia, un antico regno ubicato lungo la cosa sud-occidentale della moderna Turchia. L’antico geografo Strabone è ancora più preciso, geolocalizzando la Chimera sul Monte Crago.

L’Iliade di Omero, invece, ci fornisce un’altra versione della storia. Secondo Ombero, ad allevare la Chimera fu Amisodaro, re di Caria, un regno anatolico a nord della Licia. Amisodaro la allevò appositamente per essere la rovina dell’umanità.

Descrizione della Chimera – La Chimera aveva la testa, il petto e le zampe anteriori di un leone, con annessa criniera. Il torso assomigliava a quello delle capre ed effettivamente dal dorso spuntava fuori una seconda testa di capra. Era questa testa di capra a sputare fuoco. Le zampe posteriori, invece, erano quelle di un drago, mentre la coda serpentiforme terminava con una testa di serpente.

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Crediti foto: @Jacopo Ligozzi, Museo Nazionale del Prado

Bellerofonte e le sue sventure – Nonostante la Chimera sia uno dei mostri più popolari della mitologia greca, praticamente compare solamente nel mito di Bellerofonte. Costui era figli di Poseidone e della regina Eurinome. Quest’ultima, in teoria, era sposata con re Glauco di Corinto. Tuttavia ci sono alcune versioni che sostengono che Glauco, figlio del re Sisifo, fosse il vero padre di Bellerofonte.

L’eroe era celebre per la sua abilità con i cavalli, per questo in molti indicavano Poseidone come il padre. Da bravo eroe greco, diverse sfortune lo colpirono, costringendolo ad andarsene di casa. Il che ci sta: come puoi compiere il tuo destino da eroe se te ne stai comodo in casa a fare la calza?

La prima tragedia che spinse Bellerofonte fuori di casa fu l’uccisione accidentale di Bellero, un nobile corinzio. Alcune fonti, invece, sostengono che uccise per errore il fratello Delade. Per tale crimine (particolarmente grave soprattutto se si trattava del fratello), Bellerofonte si trovò esiliato da Corinto in quanto doveva cercare la purificazione (cosa che poteva avvenire solo per mandato rituale di un re o da parte di un sacerdote consacrato). Se non fosse riuscito nel suo intento di ottenere la purificazione, ci avrebbero pensato le Erinni a castigarlo, causandogli follia e trascinandolo negli Inferi.

Così Bellerofonte andò dal re Preto di Tirinto, in Acaia, chiedendo a lui la purificazione rituale. Il sovrano accettò e Bellerofonte si ritrovò ospite del re. Solo che una seconda sventura aspettava l’eroe dietro l’angolo. Stenebea, detta Antonia, la moglie di Preto, si invaghì di Bellerofonte.

La donna si intrufolò di notte nelle stanze del giovane, confessandogli di amarlo e offrendosi a lui. Bellerofonte rifiutò le sue avances: non poteva in nessun modo compiere adulterio con la moglie del suo amico e ospite.

Inviperita per il rifiuto, la donna decise di vendicarsi. La mattina dopo andò dal marito e gli raccontò cosa era successo la notte precedente, ma invertì i ruoli. Sostenne che era stato Bellerofonte a insidiarla e che lei lo aveva respinto, fuggendo a malapena da lui.

Preto non dubitò della moglie, motivo per cui avrebbe tanto voluto giustiziare Bellerofonte su due piedi. Ma le sacre leggi dell’ospitalità glielo impedivano. Così escogitò un piano. Diede a Bellerofonte una lettera da portare al re Iobate di Licia, il padre di Stenabea. La lettera sigillata riportava, all’insaputa di Bellerofonte, le false accuse di Stenabea. Inoltre Preto ordinava a Iobate di giustiziare immediatamente Bellerofonte.

L’eroe accettò di andarsene, anche per mettere un po’ di strada fra sé e l’imbarazzante notte precedente. Solo che non sapeva di star portando con sé la lettera che ordinava la sua morte. Arrivato da Iobate, questi non lesse subito la lettera. Invece accolse Bellerofonte con un banchetto che durò nove giorni, onorando il suo ospite con cibo e battute di caccia. Iobate si ricordò di leggere la lettera solamente dopo dieci giorni.

Anche lui si incarognì contro Bellerofonte, ma esattamente come Preto, aveva le mani legate: ormai aveva accordato a Bellerofonte la sua ospitalità, dunque non poteva fargli del male. Non direttamente, almeno. Così toccò a Iobate escogitare un nuovo piano per sbarazzarsi di Bellerofonte. In pratica gli chiese, da bravo eroe, di andare a uccidere una temibile creatura che stava distruggendo il suo regno. Come potete ben immaginare, chiese a Bellerofonte di andare a uccidere la Chimera.

Bellerofonte e Pegaso – Iobate era sicurissimo che la Chimera avrebbe ucciso Bellerofonte. In fin dei conti aveva spedito molti giovani e coraggiosi guerrieri contro il mostro sputafuoco a tre teste, ma nessuno era mai tornato.

Ovviamente Bellerofonte accettò. Durante la sua ricerca, per sua fortuna, l’eroe si imbatté in Polido, profeta di Corinto. Questi lo avvertì che non poteva certo pensare di riuscire a sconfiggere la Chimera da solo. Così gli consigliò di tornare a Corinto e di dormire nel tempio di Atena.

L’eroe così fece e qui ebbe un sogno inviato da Atena dove la dea gli donò una briglia d’oro e gli ordinò di sacrificare un toro bianco a Poseidone. Con quelle briglie avrebbe dovuto trovare e domare Pegaso, il cavallo alato figlio di Poseidone. I due insieme avrebbero potuto sconfiggere la Chimera. Atena fu così cortese da fornire anche l’attuale indirizzo di residenza di Pegaso, la fonte di Pirene.

Al risveglio, Bellerofonte eseguì il sacrificio, afferrò le briglie e andò alla sorgente. Qui passò ore per cercare di guadagnarsi la fiducia del cavallo alato, ma alla fine ce la fece. I due si diressero così in volo verso la Chimera.

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Crediti foto: @Peter Paul Rubens

Bellerofonte e Pegaso vs Chimera – La Chimera se ne stava felicemente nella sua tana, pianificando il prossimo atto di distruzione, quando si vide piombare dal cielo Bellerofonte in groppa a Pegaso. Tutti coloro che avevano cercato di sconfiggere il mostro erano morti fra le fiamme sputate dalla testa di capra o erano stati dilaniati dalla testa di leone, da quella di serpente o dagli artigli.

Ma Bellerofonte arrivò dall’alto, cosa che gli permise di evitare gli artigli e il fuoco. Probabilmente la hitbox della Chimera funzionava bene solo in orizzontale e non in verticale, vai a saperlo.

Bellerofonte come prima cosa scagliò una raffica di frecce contro il mostro. Cosa che avrebbe potuto tranquillamente risparmiarsi, visto che neanche una freccia riuscì a oltrepassare la dura pelle della Chimera. Il mostro cercò in qualche modo di scagliargli contro delle raffiche di fuoco, ma Pegaso le evitò svolazzando qua e là.

Bellerofonte ideò così un nuovo piano. Andò in una città vicina e chiese al fabbro di attaccare un grosso pezzo di piombo alla punta della sua lancia. Un’arma del genere non poteva certo trafiggere il mostro, ma non era questa l’intenzione di Bellerofonte.

Sempre in sella a Pegaso, Bellerofonte volò vicino alla Chimera. Proprio mentre la bestia sputò fuoco, ecco che l’eroe gli scagliò la lancia nella bocca spalancata, quella di capra. Le fiamme fusero il piombo, il quale finì nei polmoni soffocando il mostro. Con un sibili, un belato e un ruggito, la Chimera crollò a terra, morta.

E questa fu la fine della Chimera. Ma non per tutti gli autori. Secondo Virgilio, infatti, una volta morta, la Chimera andò negli Inferi a fare compagnia al fratellino Cerbero, per aiutarlo a tenere sotto controllo le porte degli Inferi. Qui ogni tanto si dilettava nel far piovere fuoco sulle anime che provavano a fuggire dalla terra dei morti.