Storia Che Passione
Alfonso X di Castiglia, detto il Saggio, non il Parsimonioso

Alfonso X di Castiglia, detto il Saggio, non il Parsimonioso

Si sprecano gli elogi storiografici rivolti ad Alfonso X di Castiglia. Per carità, molti, se non tutti, sono giustificati. Il sovrano di Castiglia e León, nonché re dei Romani, fu uomo di grande intelletto, finissima cultura e di rinomata formazione giuridica. Non a caso è passato alla storia come Alfonso el Sabio, ovvero il Saggio. La sua corte raccolse studiosi di ogni provenienza e religione. Supervisionò la stesura delle Siete Partidas, testo giuridico di assoluto rilievo per l’epoca. Si applicò nelle scienze, nell’arte e nella letteratura. Sognò la riunione dei popoli dell’Europa occidentale non sotto l’unica corona di Castiglia, ma sotto il vessillo del Sacro Romano Impero. Ma sotto la maestosità dei suoi progetti si nasconde una storia che spesso si omette o si racconta sbrigativamente; una vicenda caratterizzata dalla malagestione finanziaria, dall’eccesso di potere politico e da un concreto rischio di collasso economico.

Alfonso X di Castiglia, detto il Saggio, non il Parsimonioso

Come alcuni storici esperti della Spagna medievale – quali Robert Ignatius Burns e Joseph F. O’Callaghan sono – tendono a sottolineare, il caso di Alfonso Fernández re di Castiglia e León dal 1252 al 1284 è emblematico di come la gestione centralizzata, una spesa statale incontrollata e le relative misure fiscali possano contribuire a destabilizzare un regno di per sé burocraticamente e militarmente integro. Le tesi di Burns e O’Callaghan ci permettono di inquadrare una vicenda anomala nel contesto dell’Europa bassomedievale. Non capita spesso, infatti, di incontrare nella storia casi del genere, in cui uno Stato relativamente prospero e saldo non vanta un’economia altrettanto produttiva e anzi, la si percepisce tendente al tracollo.

Alfonso nasce a Toledo nel 1221 ed eredita la corona quando di anni ne ha 31, nel 1252. Il regno che si ritrova a governare è stato da poco ampliato, viste le vittoriose conquiste in Andalusia e Murcia a discapito dei mori. Crescita territoriale importante, che portava con sé prestigio, è vero, ma anche sfide da non sottovalutare.

Alfonso X di Castiglia massima espansione regno

I territori di recente acquisizione erano in gran parte popolati da musulmani. Quest’ultimi, temendo una repressione da parte dell’autorità cristiana, preferirono emigrare altrove, in potentati ancora sotto mezzaluna e stella. Ad andarsene erano operatori economici altamente qualificati (ingegneri, artigiani, e più in generale chi aveva a che fare con il settore manifatturiero). Cristiani, non altrettanto qualificati, si spostarono da nord a sud della penisola iberica sperando di trovare condizioni di vita migliori. Il flusso migratorio interno comportò un duplice problema: come detto, si abbassò nell’immediato il fattore qualitativo del lavoro; e di ciò ne risentì anche la quantità. In secondo luogo, lo spostamento nord-sud generò uno squilibrio demografico a discapito dell’area settentrionale del regno, in progressiva fase di spopolamento.

Re Alfonso X reagì a questo macro-fenomeno con misure economico-fiscali controverse. Se è vero che alla base di queste disposizioni c’era il desiderio di razionalizzare e centralizzare l’economia del regno, è altrettanto solare come queste misure si trasformarono rapidamente in norme sgradite, squilibrate e impopolari.

Alfonso X di Castiglia raffigurazione sovrano

Attraverso le Cortes, i vari parlamenti convocati di frequente nel trentennale regno di Alfonso, si instaurò un regime di “economia diretta“. In poche parole, la corte di Toledo cercò di supervisionare e dirigere ogni aspetto della vita quotidiana dei sudditi. Dalle leggi suntuarie all’imposizione di prezzi calmierati, dalle regolamentazione salariali alle restrizioni per feste e banchetti. Nulla o quasi sfuggiva al volere del re. Non è possibile sapere fino a che punto queste norme vennero rispettate dalla gente comune (manca un po’ di tempo all’ascesa degli stati nazionali assolutisti e centralizzati…), ma ciò sui cui non piove riguarda il malcontento che questa micro-regolamentazione suscitò in alcune importanti sfere della società castigliana.

Di pari passo alle misure socio-economiche si inasprirono quelle marcatamente commerciali. Sotto il regno di Alfonso X subentrò il divieto d’esportazione di cavalli, lana grezza, alcuni capi di bestiame e pane. Lo scopo era quello di prevenire l’esaurimento di questi “beni proibiti” (cosas vedadas) così da mantenere stabili i prezzi in patria. L’effetto ottenuto fu contrario: accrebbe la sfiducia dei mercanti nei confronti della corona, considerata ostile, e depotenziò il commercio estero.

Forse il più grande capitombolo in ambito economico re Alfonso detto il Saggio lo fece con la sua politica monetaria. Praticamente fece tutto il contrario di tutto. Emise monete argentee forti agli esordi del suo mandato reale, i burgalés, ma non riuscì a mantenerne il valore. Così, durante una delle tante fluttuazioni, i prezzi salirono moltissimo e la moneta (considerata un bene-rifugio) scomparve dalla circolazione. Allora Alfonso disse: “bene, la sistemo io questa situazione, farò coniare una moneta svalutata con meno argento, così da riequilibrare la circolazione interna” (attenzione, potrebbe non aver mai pronunciato queste parole). Ed ecco che si coniò il dinero prieto, al quale però mancò la fiducia dei sudditi e dei principali mercanti del regno. Ciò destabilizzò ancor di più l’economia nei domini castigliani.

Alfonso X di Castiglia moneta coniata

La continua manipolazione della moneta portò a un crollo della fiducia e all’aumento dei prezzi. Le riforme monetarie, non sempre coordinate, contribuirono all’inflazione e alla crisi di liquidità. A questo si aggiunse una tassazione a dir poco aggressiva per mantenere il tenore delle sue campagne espansionistiche. A farne le spese furono soprattutto ceto mercantile, alta nobiltà e clero. Questo perché Alfonso, non volendo gravare sulla gente comune, richiese prestiti forzosi a chi i soldi già li aveva. Peccato che avesse il vizio di non restituirli quei prestiti.

Nel 1272 si toccò l’apice dello scontento. Nobiltà, clero e città fecero fronte comune e chiesero a gran voce al re saggio di tornare sui suoi passi. Si richiese un ritorno alla tassazione consuetudinaria e la fine della centralizzazione economica. Altresì gli alti ceti fecero pressione per eliminare i dazi doganali interni, le sovrattasse e le limitazioni del commercio estero. Il sovrano accettò di scendere a compromessi, ma il suo status fu irrimediabilmente intaccato.

Alfonso X di Castiglia statua

Gli ultimi anni del re di Castiglia e León trascorsero all’insegna dell’isolamento. Alla paralisi politica e militare in cui era incappato, si aggiunse una bega dinastica che coinvolse il figlio ribelle Sancho e che di lì a poco lo condannerà. La fine ingiuriosa di Alfonso X di Castiglia non sta tanto in un difetto di lungimiranza. In pochi, ma in pochi davvero, eguagliarono il monarca in scaltrezza, ambizione e acume personale. Più che altro, il re peccò di superbia in materia economica. Credette di poter far la qualunque senza rendere conto ai principali attori finanziari del regno. A voler ricavarci una lezione, si può dire la seguente cosa: spesso, anche il più colto e retto dei sovrani, se spregiudicato, può condurre il suo regno sull’orlo della rovina. Appunto Alfonso X detto il Saggio, non il Parsimonioso.