Almanacco del 28 settembre, anno 2003: un guasto nel sistema elettrico nazionale causa un blackout totale in Italia. È il più grave evento in tal senso nella storia del Paese. La notte tra il 27 e il 28 settembre 2003 è rimasta impressa nella memoria collettiva italiana come quella del più vasto blackout mai registrato. Nel cuore della notte, verso le 3, l’Italia continentale piombò all’improvviso nell’oscurità. Si salvarono soltanto la Sardegna e alcune isole minori, non collegate direttamente alla rete elettrica nazionale.

L’origine del problema non fu nemmeno in Italia, ma in Svizzera, a Brunnen, nel Canton Svitto. Un fulmine colpì un albero che si abbatté su una delle principali linee ad alta tensione che portavano energia verso il nostro Paese. Può sembrare un guasto circoscritto, ma il sistema elettrico europeo era già allora spesso sfruttato al limite delle proprie capacità, e bastò quella scintilla per innescare un effetto domino. I tecnici svizzeri tentarono di tamponare la situazione e, dopo una decina di minuti, chiesero all’Italia di ridurre il prelievo di circa 300 megawatt. Ma la richiesta arrivò senza sottolineare l’urgenza. Per questo fu insufficiente. Una dopo l’altra, le linee di collegamento si sovraccaricarono e saltarono.
Alle 3:27, la rete italiana collassò del tutto. I grandi impianti di produzione non furono in grado di reggere lo squilibrio e andarono fuori servizio. L’intero Paese si ritrovò al buio. Una successiva inchiesta stabilì chiaramente le responsabilità: le autorità svizzere non avevano comunicato in maniera tempestiva e chiara la gravità della situazione, impedendo ai colleghi italiani di intervenire con le contromisure adeguate.

Nonostante l’ora notturna e il giorno festivo – per fortuna era una domenica – i disagi furono enormi. In molte città gli ascensori si bloccarono con persone dentro, le chiamate presero d’assalto i centralini delle forze dell’ordine, semafori e lampioni si spensero causando caos urbano. Negli ospedali i generatori di emergenza entrarono subito in funzione. Al Molinette di Torino, ad esempio, un trapianto di fegato poté proseguire senza interruzioni, trasformandosi in uno dei simboli positivi di quella notte difficile.
Si ricorda il blackout anche per il suo tempismo a dir poco perfetto. Sono ironico chiaramente. Già, perché a Roma fra il 27 e il 28 settembre si svolse la prima “Notte Bianca“, un’iniziativa nata per animare la città con negozi, locali e musei aperti. Migliaia di persone che passeggiavano per le strade si trovarono improvvisamente immerse nell’oscurità, tra musica interrotta e improvvisati spettacoli a lume di candela. Un evento che conferì alla vicenda un alone quasi surreale.

La ripresa non fu immediata. La corrente cominciò a tornare al Nord nel corso della mattinata del 29 settembre, mentre al Centro e al Sud ci vollero più ore. In molte province della Sicilia l’energia elettrica fu ripristinata soltanto in serata, intorno alle 22. Nel frattempo, frigoriferi e congelatori spenti portarono a consigli drastici. Il Corriere della Sera del 29 settembre raccomandava di gettare via i cibi conservati oltre le dodici ore senza refrigerazione.
Il blackout italiano arrivava a poche settimane di distanza da un altro colossale collasso elettrico, ossia quello del 14 agosto 2003, che aveva lasciato senza luce 55 milioni di persone tra Stati Uniti e Canada. Questi episodi misero in evidenza quanto la rete elettrica globale fosse vulnerabile, specie in un’estate segnata da un’ondata di caldo record che aveva spinto al massimo la richiesta di energia per i condizionatori.

Da allora, molto è cambiato. I sistemi di comunicazione e di coordinamento tra i gestori delle diverse reti europee sono stati rafforzati. Poi l’Italia ha ridotto la propria dipendenza dalle importazioni di elettricità dall’estero. Ma quella lunga notte di settembre 2003 resta un monito; bastano pochi minuti, un guasto apparentemente banale e una comunicazione imprecisa, per far precipitare un intero Paese nel buio.