Almanacco del 28 agosto, anno 663: nella penisola coreana ha luogo la storica battaglia di Baekgang. A scontrarsi furono due coalizioni: la prima composta dal regno coreano di Silla e dalla Cina imperiale sotto la dinastia Tang; la seconda, dal restaurato regno coreano di Baekje e dagli alleati giapponesi, rappresentati dai sovrani di Yamato. Lo scontro non è praticamente conosciuto alla storiografia occidentale, ma per la storia classica asiatica fu oltremodo determinante. Dopo gli eventi del 27/28 agosto 663 (data del calendario lunare allora in uso) gli equilibri militari, economici, religiosi e politici mutarono in seno a tutti i domini citati. Sia nella Cina dei Tang, così come nel Regno di Silla e nel Giappone Yamato.

Fondamentale fornire un contesto storico dettagliato per questa vicenda, che altrimenti risulterebbe incomprensibile e difficile da “digerire” su un piano logico-storico. Nella prima metà del VII secolo, la Corea era ancora divisa nei cosiddetti Tre Regni: Silla, situato nella parte sud-orientale della penisola; Baekje, nel sud-ovest; e Goguryeo, a nord, potente e militarmente aggressivo. A lungo questi regni avevano lottato tra loro per la supremazia, stringendo alleanze tanto mutevoli quanto estemporanee.
Il vero fattore destabilizzante si manifestò con la politica dell’Impero cinese sotto la dinastia Tang (618–907). Il Celeste Impero era da sempre interessato ad estendere la propria influenza in Corea (continuerà ad esserlo anche nei secoli a venire). Già i predecessori dei Tang, i Sui, avevano tentato di sottomettere Goguryeo senza riuscirvi. I Tang compresero che la chiave stava in un’alleanza con un partner locale. Scelsero Silla. Un candidato ideale, visto che si trovava geograficamente in posizione favorevole e che temeva sia Baekje sia Goguryeo.

Nel 660, la strategia Tang-Silla portò alla caduta di Baekje. La sua capitale, Sabi, fu conquistata, il re Uija catturato e la dinastia formalmente estinta. Ma la storia non si concluse lì. La caduta di Baekje suscitò una resistenza popolare nelle campagne, guidata dal generale Gwisil Boksin. Quest’ultimo, per dare legittimità alla rivolta, richiamò dalla corte giapponese Yamato il principe ereditario Buyeo Pung, rifugiatosi in Giappone.
La scelta non era casuale: i legami tra Baekje e Yamato erano profondi, sia dinastici che culturali. Baekje era stato per secoli il tramite attraverso cui il Giappone aveva ricevuto innovazioni tecniche, artistiche e religiose. Basti pensare al buddhismo, introdotto proprio da Baekje.
Il regno giapponese di Yamato, allora governato formalmente dall’imperatrice Kōgyoku, non poteva restare indifferente. L’élite giapponese interpretò la caduta di Baekje come una minaccia strategica e culturale. Se Tang e Silla avessero controllato tutta la penisola coreana, il Giappone si sarebbe trovato di fronte un blocco ostile a pochi chilometri dalle proprie coste. Inoltre, il legame di sangue con Baekje – cementato dai classici matrimoni dinastici – rendeva il sostegno quasi obbligato.

Il Giappone allestì quindi una spedizione navale imponente, che salpò nel 661 e si rafforzò nel 662 con ulteriori contingenti, raggiungendo probabilmente i 40.000 uomini complessivi tra truppe di supporto e marinai. Al comando delle operazioni vi era il principe Naka no Ōe (futuro imperatore Tenji), affiancato dai suoi più fidati generali.
Nel 663, le forze lealiste di Baekje, affiancate dall’esercito giapponese, tentarono di rompere l’assedio di Churyu, ultima fortezza rimasta sotto il loro controllo. Qui, però, si scontrarono con la flotta Tang-Silla, ben posizionata alla foce del fiume Geum, chiamato allora Baekgang, “fiume bianco”. Dal fiume prese nome lo scontro, per l’appunto battaglia di Baekgang.

Il 27 agosto la flotta giapponese tentò un primo assalto, respinto dai cinesi che, pur numericamente inferiori, sfruttavano la posizione favorevole vicino alla riva. Il giorno seguente, 28 agosto, i giapponesi concentrarono le forze: si parla di 400 navi Yamato contro 170 Tang, con a bordo circa 7.000 soldati cinesi. La disparità numerica era evidente, ma i Tang avevano due vantaggi: la disciplina della fanteria imbarcata e la possibilità di coordinarsi con le truppe di Silla schierate lungo le rive.
I giapponesi tentarono tre ondate d’attacco. Tutte fallirono. Quando la flotta Yamato cominciò a cedere, i Tang passarono al contrattacco, chiudendo le vie di fuga e trasformando la ritirata in una rotta. Secondo le fonti, centinaia di navi giapponesi furono affondate e migliaia di soldati annegarono. Nel frattempo, sulla terraferma, la cavalleria di Silla travolse i contingenti di Baekje, privando la fortezza di Churyu di ogni speranza di soccorso. L’ultima roccaforte cadde il 7 settembre 663, segnando la fine definitiva di Baekje.

Con gli accaduti del 27 e 28 agosto, la storia dell’Asia orientale cambiò per sempre. Cambio anzitutto per il debole regno di Baekje, che cessò di esistere dopo quasi sette secoli di vita (era stato fondato nel 18 a.C.). Si verificò la diaspora della sua popolazione, un flusso migratorio che puntò soprattutto verso il Giappone. I membri della famiglia reale furono accolti alla corte Yamato (oggi prefettura di Nara), dove mantennero prestigio e rango.
Lo si è citato, ed è giusto capire in che modo la grande battaglia dell’agosto 663 influì sul Giappone. La storiografia nipponica considera l’accaduto come la più grande sconfitta militare giapponese dell’età classica (azzardo un paragone: è un po’ come parlare di Teutoburgo o di Adrianopoli per Roma). Il trauma segnò profondamente la coscienza politica dell’élite Yamato. Nei decenni successivi, temendo una possibile invasione Tang-Silla, il Giappone avviò grandi opere di difesa costiera, fortificazioni in Kyūshū e riforme amministrative e militari (tra cui il famoso sistema ritsuryō). Non si sarebbe più tentata un’operazione di conquista in Corea fino al tardo XVI secolo, con le campagne di Toyotomi Hideyoshi.
I vincitori invece? A loro cosa accadde dopo il successo in Corea? Per Silla fu l’inizio dell’apogeo. La vittoria aprì la strada alla sua egemonia sulla penisola. Dopo aver sfruttato l’aiuto Tang per eliminare Baekje e Goguryeo (questo cinque anni dopo, nel 668), Silla si liberò anche della tutela cinese, riuscendo a unificare la Corea sotto il proprio dominio. Si parla infatti del periodo di “Silla Unificato“, durato dal 668 al 935.

La dinastia Tang, nonostante la prova di forza, rimase col proverbiale cerino in mano. L’obiettivo era uno: dominare (anche indirettamente, andava bene lo stesso) la penisola di Corea. Fallirono in questo. La consolidazione dell’influenza cinese nell’area ci fu, ma fu di brevissima durata. Quelle che fin qui vi ho elencato sono le ragioni per cui la battaglia di Baekgang del 28 agosto 663 ridisegnò gli equilibri di potere in Asia orientale. Per quanto poco nota e ignorata dalla storiografia a noi più vicina, spero di avervi convinto della sua indubbia rilevanza storica.