Almanacco del 14 dicembre, anno 835: l’imperatore Wenzong della dinastia Tang, assieme ai suoi confidenti civili e militari, tenta il colpo di stato per estromettere gli eunuchi di corte dal loro consolidato predominio politico. Sembra impensabile che la massima autorità di un impero millenario come quello cinese debba congiurare contro dei funzionari per restaurare la propria dignità regale; ma se si riflette per un secondo sul funzionamento della Cina dei Tang, allora si comprenderà meglio l’entità dei fatti svoltisi il 14 dicembre dell’835.

L’imperatore Wenzong, salito al trono con l’ambizione di restituire all’autorità imperiale un ruolo centrale nel governo, viveva in realtà sotto il controllo soffocante dell’Armata Shence (un po’ come la guardia pretoriana per gli augusti di Roma) e della potente fazione eunuca che la dirigeva. L’amarezza per questa dipendenza politica lo portò a cercare alleati clandestini, e fu in tale contesto che si avvicinò al cancelliere Li Xun e al generale Zheng Zhu, uomini abili, ambiziosi e determinati quanto lui a spezzare il potere eunucale. Paradossalmente, il tramite che li riunì era proprio un eunuco: Wang Shoucheng. Dobbiamo sapere che Wang era allora una figura influentissima.
Nell’estate dell’835, Li Xun e Zheng Zhu presentarono all’imperatore un piano grandioso: tre fasi per restaurare la forza dell’Impero Tang, la prima delle quali prevedeva l’eliminazione fisica degli eunuchi dominanti. Wenzong approvò il progetto e si avviarono manipolazioni, trasferimenti e nomine strategiche. Al contempo, si inviarono lontano da Chang’an diversi eunuchi considerati pericolosi oppositori, con l’intenzione (mai realizzata) di costringerli al suicidio tramite editti imperiali.
Il passo decisivo avvenne nell’inverno dell’835, quando l’imperatore ordinò a Wang Shoucheng di togliersi la vita. La sua morte avrebbe dovuto catalizzare l’ennesima fase del complotto. Durante i funerali di Wang, previsti per il 20 dicembre, tutti i più alti eunuchi sarebbero stati presenti. Zheng Zhu, giunto a Chang’an con guardie fidate, avrebbe sfruttato l’occasione per eliminarli in un singolo colpo.

Ma fu la gelosia politica di Li Xun a sabotare irrimediabilmente il piano. Temendo che Zheng si prendesse il merito dell’operazione, Li decise di anticipare il colpo di stato senza attendere il reparto militare dell’alleato. Questa improvvisazione, accompagnata da ordini affrettati e comunicazioni incomplete, rese il complotto estremamente vulnerabile.
Da quel che si capisce analizzando le fonti coeve, l’episodio prese avvio in modo quasi teatrale. Durante un’udienza mattutina, uno dei generali riferì all’imperatore che “una dolce rugiada”, simbolo di favore celeste, era apparsa su un albero di melograno nei pressi del quartier generale. Il fenomeno, inventato ad arte, doveva attirare gli eunuchi fuori dal palazzo e favorire l’imboscata.
Wenzong, seguendo il copione, accettò di recarsi a osservare il prodigio. Ma quando gli eunuchi, guidati da Qiu Shiliang e Yu Hongzhi, giunsero sul posto, si resero conto che il presunto segno celeste era un pretesto. Un’esitazione, un drappo mosso dal vento, e Qiu scorse armi e soldati nascosti. La trappola era rivelata.

Qiu e i suoi fedelissimi fuggirono verso l’imperatore, lo afferrarono fisicamente e lo portarono via in lettiga, ignorando le proteste di Li Xun. Le guardie fedeli a Li tentarono di ostacolare gli eunuchi, causando una breve ma feroce mischia, ma nulla poté impedire che l’imperatore venisse trascinato all’interno del palazzo. Quest’ultimo diventò improvvisamente una roccaforte sotto controllo degli eunuchi. Il complotto poteva dirsi apertamente fallito.
Non appena messi al sicuro, gli eunuchi presero il comando totale della capitale. Il terrore dilagò. Wenzong, paralizzato dalla paura, non riuscì nemmeno a parlare mentre gli eunuchi lo insultavano apertamente per il suo tradimento.
La repressione fu rapida e spietata. Qiu Shiliang ordinò ai reparti dell’Armata Shence di marciare su Chang’an e sterminare tutti coloro che avessero avuto rapporti con Li Xun e Zheng Zhu, veri o presunti tali. Si assediò l’ufficio dei cancellieri e centinaia di funzionari morirono massacrati. Si stima che in poche ore più di 1.000 persone persero la vita.
I cancellieri vicini all’imperatore tentarono la fuga, ma non andarono tanto lontano. Catturati, dovettero confessare sotto tortura. Il 17 dicembre avvenne la scena più brutale: una pubblica processione attraverso i mercati della capitale, in cui i principali accusati vennero mostrati come vittime sacrificali, poi giustiziati tramite la terribile pratica del “taglio a metà”. Le loro teste furono esposte alle porte che introducevano alla capitale. Le loro famiglie conobbero un destino pressoché simile.

Che ne fu degli altri eminenti cospiratori? Beh, Li Xun, fuggito sul Monte Zhongnan, finì successivamente in catene. Lo aspettò la decapitazione. Anche il generale Zheng Zhu trovò la morte poco dopo, tradito dal supervisore eunuco locale, che lo fece assassinare durante un banchetto.
L’obiettivo politico che Wenzong aveva sognato – ridurre il potere degli eunuchi – si trasformò nel suo contrario. Dopo l’incidente, figure come Qiu Shiliang dominarono totalmente la corte. Per anni, l’imperatore fu prigioniero nelle sue stesse stanze, terrorizzato e impotente.
Solo nel 836, quando il governatore Liu Congjian denunciò apertamente gli eunuchi e difese l’innocenza dei cancellieri massacrati, il loro potere iniziò a mostrare qualche incrinatura. L’Incidente della Dolce Rugiada aveva segnato l’inizio della fase finale del declino Tang, in cui gli eunuchi determinarono successioni imperiali, rimossero o innalzarono sovrani, e ridussero l’autorità centrale a un’ombra.




