Almanacco del 12 maggio, anno 1797: dopo mille anni di vita, la Repubblica di Venezia cessa di esistere sotto l’occupazione militare di Napoleone Bonaparte. La caduta della Serenissima il 12 maggio 1797 rappresenta l’atto finale di una crisi lunga e profonda, determinata da una combinazione di fattori strutturali interni, pressioni geopolitiche esterne e contingenze legate alle guerre rivoluzionarie francesi. È un evento altamente simbolico: la fine di uno degli Stati più antichi e longevi d’Europa, travolto da una nuova era inaugurata dalla Rivoluzione francese.

Il contesto è noto: ci troviamo nel pieno delle guerre rivoluzionarie francesi, iniziate nel 1792 per difendere l’anima della Rivoluzione e conclusesi nel 1802, nel segno dell’espansionismo napoleonico. Dal 1796 era in corso la prima Campagna d’Italia, condotta magistralmente da un giovane generale corso, Napoleone Bonaparte. Egli aveva invaso il settentrione della penisola, sconfitto ripetutamente le armate austriache e imposto la propria influenza sul territorio. La Repubblica di Venezia, esattamente in mezzo fra i due fuochi, adottò una strategia incentrata sull’assoluta e, se necessaria, passiva neutralità. Tale atteggiamento in passato aveva garantito la sopravvivenza alla Repubblica di San Marco, ma in quel 1797 questo non solo risultava essere obsoleto, ma addirittura controproducente.

Venezia attraversava ormai da più di un secolo una crisi generalizzata, esacerbata dal declino economico-commerciale, l’irrigidimento istituzionale e l’erosione del dominio territoriale. Non che in ambito militare se la passasse meglio: praticamente la Serenissima non aveva un esercito terrestre e la marina era l’ombra di se stessa. Sembra un paradosso, ma l’arma più temibile di cui Venezia poteva avvalersi contro i francesi era la neutralità armata. Napoleone dal canto suo vedeva nella repubblica lagunare solo che un ostacolo al riassetto politico del nord Italia. Aveva motivo di crederlo, a maggior ragione dopo alcune insurrezioni anti-francesi avvenute su suolo veneto. Si tengano a mente le Pasque veronesi del 17-25 aprile 1797, così come le precedenti rivolte di Bergamo e Brescia.

I disordini irritarono tantissimo il generale Bonaparte, a tal punto da farlo tuonare contro una delegazione veneziana il 25 aprile 1797 (festa di San Marco evangelista). Nell’incontro diplomatico avvenuto a Graz, Napoleone, stufo della situazione, disse: «Io non voglio più Inquisizione, non voglio Senato, sarò un Attila per lo stato veneto».
Per placare la furia di Napoleone, nei primi giorni di maggio del ’97 il Maggior Consiglio, massimo organo politico della repubblica, si affrettò ad accettare tutte le richieste francesi pur di non vedere l’autorità veneziana decadere. Addirittura l’8 maggio il Doge Ludovico Manin si dimostrò pronto a deporre le insegne marciane nelle mani dei capi giacobini. Temendo una rivolta popolare, il doge fece diramare l’ordine per il quale il fedele corpo degli Schiavoni presente in laguna avrebbe dovuto smobilitarsi.

Venezia e la sua oligarchia al potere si svegliarono la mattina del 12 maggio dopo una notte insonne. Si temeva il collasso violento della repubblica, o sotto i cannoni dei francesi o per via di una congiura volta alla destituzione del patriziato. Quel giorno il Maggior Consiglio, anche se non a pieno organico (dei 1200 patrizi presenziavano solo in 537, non abbastanza per rendere legale la seduta), si riunì per un’ultima volta. Si andò a voto: con 512 voti favorevoli, 5 astenuti e 20 contrari, la Serenissima Repubblica di Venezia fu dichiarata decaduta.

Così facendo, si accettava l’entrata in città di 4.000 uomini francesi, l’innalzamento in San Marco di un albero delle libertà e l’instaurazione di una municipalità giacobina provvisoria. Il 15 maggio l’ultimo doge lasciò per sempre il Palazzo Ducale, annunciando la nascita della municipalità provvisoria. Questa si sarebbe insediata il giorno dopo, il 16 maggio. Per tutto il 1797 il territorio metropolitano dell’ex repubblica restò sotto sorveglianza francese. Dopo il Trattato di Campoformio, Venezia passò sotto lo stendardo asburgico col nome di Provincia Veneta.