Fotografia di James Nachtwey, nei pressi di Chennai, Tamil Nadu, India, 1986. Guerriglieri nazionalisti e socialrivoluzionari tamil, comunemente noti come Tigri Tamil, si addestrano in uno dei numerosi campi messi a disposizione dall’India nell’ambito del conflitto civile in Sri Lanka (1983-2009).

James Nachtwey, fotoreporter fra i più apprezzati del Novecento (suo lo scatto emblematico del dramma genocidario in Ruanda), seguì da vicino la guerra civile in Sri Lanka. Conflitto poco noto in Occidente, ma che ebbe – e continua ad avere – dei risvolti geopolitici importantissimi per l’area subcontinentale indiana e, ovviamente, per l’appendice insulare singalese. A voler cementare il significato dello scatto di Nachtwey, si può dire come esso sintetizzi, in tutta la sua polverosa rigidità, la frattura profonda che percorse l’ex Ceylon sin dagli anni ’70.
Impossibile comprendere il senso della fotografia senza prima fornire una cornice storica all’evento. E da dove cominciare se non dal caro buon vecchio colonialismo europeo. Lo Sri Lanka del secondo Novecento era un mosaico delicatissimo di lingue, religioni e identità. Dopo l’indipendenza ottenuta dal Regno Unito (1948), l’idea di costruire uno Stato nazionale coeso si trasformò presto in qualcosa di diverso. Sull’isola si impose una politica sempre più apertamente orientata verso la maggioranza singalese buddista. Basti pensare alla serie di leggi che, agli occhi della minoranza tamil induista, apparivano come un lento ma costante processo di marginalizzazione.

Il terreno era già fertile per un avvenire di sangue, perché i rapporti tra singalesi e tamil erano segnati da tensioni di lunga durata. Negli anni ’50 e ’60 alcune misure (cito a valor d’esempio il Sinhalese Only Act del 1956, incentrato sulle restrizioni nell’accesso all’istruzione e al pubblico impiego per i tamil) crearono un sentimento crescente di ingiustizia proprio tra quei giovani tamil che avrebbero poi costituito la base dei movimenti ribelli. Esatto, movimenti ribelli, ognuno con rivendicazioni differenti e talvolta contrastanti.
Nel decennio ’70 nacquero diverse organizzazioni clandestine, accomunate solamente da velleità autonomistiche. Fu una di esse, decisamente più disciplinata, più inflessibile e più radicale, a imporsi sulle altre. Passò alla storia col nome Tigri per la liberazione della patria Tamil, in sintesi LTTE, le Tigri Tamil.

Con una combinazione di fanatismo ideologico, rigida organizzazione e un uso sistematico della violenza per scopi terroristici, le Tigri riuscirono in pochi anni a prendere il controllo della penisola di Jaffna e di altre aree del nord e dell’est insulare. Essi si presentarono come l’unico vero soggetto capace di difendere il “Tamil Eelam”, il loro progetto di Stato indipendente, socialista e rivoluzionario.
Il periodo in cui Nachtwey realizzò lo scatto è uno dei più tesi dell’intero conflitto.
Le Tigri sono già un “esercito ombra“. Nel senso che hanno basi, catene di comando, addestramenti continui e una struttura che ricorda più una forza regolare che un gruppo di guerriglia. Alcuni campi si trovano perfino oltre confine, in India, nello Stato del Tamil Nadu, dove, almeno inizialmente, esisteva una certa simpatia per la causa tamil.

Nel 1986, la violenza aumenta. Esplosioni, attentati contro obiettivi civili, rappresaglie. Ogni azione delle Tigri Tamil riceve una risposta del governo singalese. Ogni risposta alimenta nuove radicalizzazioni. È un ciclo da cui nessuna delle due parti riesce, o forse vuole, uscire.
Da questo frammento del 1986, la guerra avrebbe continuato a mutare, diventando uno dei conflitti più lunghi e brutali dell’Asia contemporanea. Ci saranno negoziati, tregue temporanee, interventi stranieri (come quello dell’India nel 1987, con esiti disastrosi), nuove ondate di violenza. Solo nel 2009, dopo una campagna militare spietata nell’ultimo bastione tamil, l’esercito singalese avrà la meglio, ponendo fine alla guerra civile. Il prezzo umano, però, sarà immenso, con accuse di crimini di guerra da entrambe le parti e migliaia di civili uccisi negli ultimi mesi di combattimento.




