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Foto del giorno: agli albori dell'esplorazione subacquea

Foto del giorno: agli albori dell’esplorazione subacquea

Fotografia di anonimo, Francia, 1926. Una muta da sub in metallo viene testata al largo delle coste francesi. Il modello prende il nome di P-7, ed è opera dell’azienda tedesca Neufeldt e Kuhnk, con sede a Kiel. La fotografia è di notevole interesse storico – oltre ad essere oggettivamente curiosa – poiché offre lo spunto per parlare dell’evoluzione dell’esplorazione subacquea nei primi decenni del Novecento.

Foto del giorno: agli albori dell'esplorazione subacquea

Era dalla prima metà del XVIII secolo che si parlava concretamente di esplorazione subacquea e delle modalità che potessero permetterne la concretizzazione. L’impulso provenne dalla necessità di agevolare le missioni di recupero, in un’epoca in cui tante imbarcazioni finivano per toccare i fondali marini per le più disparate cause, naturali e non. E quando una nave colava a picco, spesso portava giù con sé materiale di valore, se non addirittura tesori.

Il britannico John Lethbridge impiegò tre lustri prima di creare la “macchina per immersioni” nel 1715. Visti i tempi, non volate troppo in alto con la fantasia. L’invenzione di Lethbridge altro non era che un barile di legno di 180 centimetri con i fori per le sole braccia; il resto tutto sigillato. L’enorme barile ebbe anche un battesimo dell’acqua tre anni dopo la sua realizzazione. Fu tutto sommato un successo: grazie ad essa un uomo si immerse a 18 metri di profondità al largo di Capo Verde per recuperare dell’argento dal relitto della East Indiaman Vansittart.

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Dal primo quarto del Settecento l’esplorazione subacquea conobbe degli importanti sviluppi. Ovviamente si trattò di un processo graduale, contraddistinto da tappe più o meno incisive nell’economia dell’invenzione. Nel 1797 la prima muta da sub integrale, per lo più in metallo. Altro passo importante si registrò quarant’anni dopo: è il 1837 quando l’Europa degli inventori partorisce la prima delle “tute da sub pesanti“, quindi mute realizzate per avvolgere il soggetto in una spessa pelle impermeabile.

Alla fine del secolo si comprese finalmente come mantenere invariata la pressione ambientale all’interno della tuta durante le sessioni d’immersione. Contemporaneamente si escogitarono metodi sempre più ortodossi per implementare migliorie per la respirazione, il peso, l’uniformità e la mobilità della muta.

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Arriviamo quindi a cavallo fra gli anni ’20 e ’30 del XX secolo, frangente dal quale provengono le fotografie che vi mostro in questo articolo. L’azienda tedesca Neufeldt e Kuhnk operò fin dal 1915 nel settore della subacquea. Nel 1924 sperimentò l’ultimo modello realizzato, ossia la P-7.

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Alla Marina Tedesca spettò l’onere e l’onore di farlo. La P-7 garantì una discesa fino a 161 metri sotto la superficie del mare. Un bel risultato, peccato che gli ingegneri militari dovettero registrare alcune note negative: in primis dei problemi con il movimento del sub, oltre a delle fastidiose criticità alle giunture. Dopo un biennio passato a lavorare su queste pecche, la Neufeldt e Kuhnk tornò alla riscossa con il modello rivisitato. Scelse la Francia settentrionale come sfondo per i suoi test. Ed ecco che si scattarono alcune delle fotografie più suggestive dello scorso secolo per ciò che riguarda il meraviglioso mondo dell’esplorazione sottomarina.