Storia Che Passione
Foto del giorno: Ostiglia fra chiese, giovani e ciminiere

Foto del giorno: Ostiglia fra chiese, giovani e ciminiere

Fotografia di Luigi Ghirri, Ostiglia, provincia di Mantova, Italia, 1987. Una giovane ragazza passeggia lungo una delle strade di Ostiglia. Alle sue spalle spiccano due elementi materiali e simbolici al tempo stesso: una chiesa, a sinistra, e le ciminiere della centrale elettrica, in lontananza sulla destra. Il paesaggio urbano che Ghirri racconta con uno dei suoi più celebri scatti, è quello di un paesino (e di riflesso, dell’Italia intera) bloccato nel tempo fra il nuovo che avanza – il progresso industriale – e il vecchio che resta – la chiesa. Fugace nel suo passaggio, la donna arricchisce l’immagine anche grazie ad una sincronia di colori non voluta. Ma la foto di Ghirri ci dice molto altro, anche e soprattutto su un piano prettamente storico.

Foto del giorno: Ostiglia fra chiese, giovani e ciminiere

La centrale termoelettrica di Ostiglia (Mantova), costruita negli anni ’60, divenne una delle più importanti del Nord Italia. Alimentata a gas naturale (in origine anche a olio combustibile), rappresentava un nodo cruciale per l’approvvigionamento energetico in un’area fortemente industrializzata. Le sue torri alte e incombenti, ben riconoscibili nella fotografia, si stagliavano e si stagliano ancora come una presenza dominante nel paesaggio pianeggiante del basso mantovano.

Per la comunità di Ostiglia la centrale fu una sorta di paradosso. Da un lato garantiva posti di lavoro, sviluppo e modernizzazione. Dall’altro introduceva un elemento estraneo e imponente, che alterava la scala e la percezione del borgo storico affacciato sul Po. La convivenza tra il piccolo centro urbano, le sue tradizioni rurali e religiose, e la modernità industriale divenne il simbolo delle contraddizioni dell’Italia del boom economico e degli anni successivi, quando il progresso tecnico ed energetico conviveva con la fragilità dei territori e con i timori legati all’inquinamento.

Ostiglia ragazza cammina

Nel linguaggio di Luigi Ghirri, maestro della fotografia italiana del secondo Novecento, tutto questo non viene raccontato attraverso il documento tecnico o il reportage giornalistico, ma mediante una poetica dello sguardo quotidiano. Dal punto di vista estetico, la forza dello scatto sta nella sua apparente semplicità. Colori tenui, inquadratura diretta, nessun virtuosismo tecnico. Ma proprio questa sobrietà restituisce una “verità poetica”: Ghirri non denuncia né celebra, piuttosto osserva e invita a riflettere.

Oggi, rivedendo questo scatto a decenni di distanza, possiamo leggerlo come un documento storico e sociale. Sì, perché racconta l’Italia della transizione, dove il paesaggio rurale e urbano conviveva con il gigantismo industriale. Al tempo stesso, rimane un’opera d’arte universale, capace di trasformare un angolo di Ostiglia in una scena emblematica del rapporto tra uomo, fede e modernità.

Ostiglia Luigi Ghirri

In questo senso, Ghirri si inserisce in una tradizione che potremmo definire di “geografia sentimentale”. Il paesaggio non è mai neutro, ma porta con sé memorie, tensioni e identità. La sua Ostiglia non è solo Mantova, ma diventa un frammento di mondo, un “luogo qualunque” che contiene, in filigrana, i dilemmi della contemporaneità.