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Foto del giorno: la stretta di mano che pose fine alla corsa allo spazio

Foto del giorno: la stretta di mano che pose fine alla corsa allo spazio

Fotografia della National Aeronautics and Space Administration (NASA), da qualche parte nell’orbita terrestre, 17 luglio 1975. Con una stretta di mano, gli astronauti Thomas Patten Stafford e Aleksej Archipovič Leonov, statunitense il primo, sovietico il secondo, pongono simbolicamente fine alla corsa allo spazio. Ritengo che la fotografia sia da intendere come una vera e propria icona del XX secolo. È al contempo la fine di un capitolo storico importantissimo e l’inizio di una nuova tappa del più vasto ambito dell’esplorazione spaziale.

Foto del giorno: la stretta di mano che pose fine alla corsa allo spazio

Due parole le devo spendere obbligatoriamente sul senso stretto della corsa allo spazio e dei suoi risvolti geopolitici. Già a partire dagli anni ’50 dello scorso secolo la conquista dello spazio era stata il campo di battaglia privilegiato della Guerra Fredda. Con lo Sputnik (1957) e poi con il volo di Gagarin (1961), l’URSS aveva agguantato i primi storici traguardi. Gli Stati Uniti risposero con il programma Apollo, che culminò nel 1969 con l’allunaggio di Neil Armstrong e Buzz Aldrin.

Come penso la maggior parte di voi già sappia, con il 1969 si scrisse una pagina indelebile della storia umana, questo è vero. Ma è altrettanto risaputo che fu il preludio per tante altre missioni – tanto americane, quanto sovietiche – per il raggiungimento di scopi strategici. Si presentò la corsa allo spazio come una sfida tecnologica, ideologica e perfino esistenziale tra due modelli di società: capitalismo liberale contro comunismo sovietico.

corsa allo spazio preparazione Mosca

Quindi, dopo l’apice dell’Apollo 11, la spinta a proseguire in quella competizione serrata cominciò a rallentare. I costi enormi delle missioni, la crisi energetica, il Vietnam per gli americani e le difficoltà economiche interne per Mosca spingevano verso un ridimensionamento.

Negli anni ’70 maturò anche un clima diverso. Quello della détente, la fase di allentamento della tensione tra i due blocchi. Accordi sulla limitazione delle armi strategiche (SALT I, 1972), aperture diplomatiche e cooperazione scientifica segnarono un cambio di passo. Fu in questo contesto che nacque l’idea di una missione spaziale congiunta. Un nome: Apollo-Soyuz Test Project (ASTP). Fu il primo volo spaziale internazionale della storia. Prevedeva il lancio di una navicella Apollo statunitense e di una Soyuz sovietica, con l’obiettivo di realizzare un rendezvous, l’attracco e la cooperazione tra gli equipaggi.

La missione richiese anni di preparazione. Perché oltre a essere oggettivamente un’impresa ingegneristica, era altresì un enorme sforzo politico. Bisognava risolvere problemi pratici (le due navicelle avevano sistemi incompatibili di attracco e pressurizzazione), ma soprattutto bisognava superare diffidenze reciproche radicate da decenni di ostilità. La soluzione tecnica fu l’Universal Docking Adapter (UDA), progettato dagli americani per consentire l’aggancio. Ma la soluzione politica fu ancora più significativa. Si dimostrò che due nazioni divise da ideologie inconciliabili potevano collaborare nello spazio.

corsa allo spazio Stafford Leonov

Il 17 luglio 1975, dopo le manovre di avvicinamento e attracco, Tom Stafford e Aleksej Leonov si strinsero la mano. Stafford si trovava all’interno dell’UDA, Leonov nella Soyuz. La fotografia che lo immortala è divenuta un simbolo della cooperazione internazionale. Una stretta di mano non solo tra due astronauti, ma tra due mondi contrapposti.

Quell’immagine fu immediatamente rilanciata come un evento mediatico globale. Nel mondo si parlò di “handshake in space”, la stretta di mano nello spazio, come di una metafora di pace. La missione durò nove giorni e incluse esperimenti scientifici congiunti, ma il suo vero successo fu politico e simbolico. Fu la fine della corsa allo spazio, sì, ma non il termine della rivalità USA-URSS in terra. La Guerra Fredda avrebbe conosciuto altre fasi di tensione, come la crisi afghana o la corsa agli armamenti sotto Reagan.

Insomma, senza l’esperienza dell’Apollo-Soyuz non comprenderemmo oggi il successivo sviluppo di progetti come lo Shuttle-Mir (anni ’90) o della Stazione Spaziale Internazionale, oggi frutto della cooperazione tra più paesi.