Fotografia di Mike Stocker, Honduras, ottobre 1998. Una donna sopravvissuta al passaggio dell’uragano Mitch siede affranta sui resti di un’automobile distrutta. È l’immagine di una regione geografica che piange, perché già afflitta da anni di guerre, povertà e instabilità generale, e che, come se non bastasse, ora si ritrova a fare i conti con una catastrofe naturale come poche altre nella storia del Centro America.

Con questa fotografia, il fotogiornalista statunitense Mike Stocker vinse il concorso fotografico World Press Photo del 1999. Sono due le letture che possiamo cogliere. Senza ombra di dubbio quella storica, asettica e distanziata dall’emotività dell’evento, la quale è utile a fornire un contesto e a spiegarne cause ed effetti; poi quella umana, che invece assolve ad un altro compito: rinfrescarci la memoria sulla nostra fragilità di fronte alla potenza devastante della natura.
Dell’uragano Mitch si è detto in un recente articolo (questo se interessati), ma aggiungerò in questa sede qualche dettaglio in più. L’evento atmosferico che colpì l’America Centrale tra fine ottobre e inizio novembre 1998, rimane uno dei cicloni tropicali più distruttivi mai registrati nell’Atlantico.

Le piogge torrenziali provocarono inondazioni e frane che devastarono Honduras e Nicaragua, ma gli effetti si estesero anche ad altri paesi della regione. Le cifre sono impressionanti: più di 11.000 vittime accertate, circa 8.000 dispersi e oltre 2,7 milioni di sfollati in tutta l’area. Infrastrutture semplicemente annientate, i raccolti persi. L’economia di paesi già segnati da povertà e instabilità politica subì un colpo che si sarebbe fatto sentire per decenni.
La fotografia racconta proprio questo. Tanta distruzione materiale – carcasse di automobili, macerie, fango – ma anche tanta afflizione umana. La donna seduta sui resti di un’auto diventa il simbolo di una popolazione costretta a contemplare impotente la perdita di case, beni, vite umane. In lei si condensa la tragedia di un intero paese. La sua postura, immobile e pensosa, riflette lo smarrimento e l’incredulità davanti a una catastrofe che supera ogni capacità di comprensione.

In definitiva lo scatto di Stocker ci ricorda come i disastri naturali abbiano un impatto diseguale. L’uragano Mitch non colpì un territorio neutro, ma paesi già segnati da disuguaglianze, instabilità politica ed economia fragile. Chiamiamola “ingiustizia climatica ante litteram“. I più poveri sono i più colpiti dalle catastrofi, non perché siano più vicini al pericolo, ma perché hanno meno mezzi per difendersi e ricostruire. Resta solo la dignità, ma solo quella spesso non basta.