Le incursioni turche in Friuli del XV secolo rappresentano uno dei momenti più drammatici della storia del Nord Italia tardomedievale. Esse si inseriscono nel più ampio quadro delle guerre tra la Repubblica di Venezia e l’Impero ottomano, che dal Quattrocento si contendevano il predominio sul Mediterraneo.

Va subito chiarito che queste scorrerie, definite comunemente “turche”, non erano condotte soltanto da turchi in senso stretto: si trattava per lo più di cavalleria leggera irregolare, composta da contingenti provenienti dai Balcani (albanesi, croati, serbi, macedoni, ungheresi e soprattutto bosgnacchi); tutti inquadrati sotto la bandiera ottomana e spesso di fede musulmana. Vediamo assieme quante e quali furono le incursioni turche nel Friuli quattrocentesco.
La prima incursione del 1415 – Il primo attacco avvenne nel 1415, in concomitanza con la penetrazione ottomana in Slovenia. Alcune bande riuscirono a varcare l’Isonzo, devastando villaggi indifesi e colpendo soprattutto le comunità contadine. Della scorreria si conosce poco, ma bastò a inaugurare un secolo e mezzo di paure ricorrenti.
Incursioni del 1463 e 1469 – Un secondo ciclo si aprì nel 1463, proprio mentre iniziava la guerra turco-veneziana del 1463-1479. Le fonti sono scarse, ma si sa che i villaggi friulani, privi di adeguate difese, subirono incendi, saccheggi e deportazioni. Sei anni dopo, nel 1469, una nuova incursione colpì il Friuli, sempre tra luglio e settembre: anche in questo caso i danni furono pesanti, benché non documentati nel dettaglio.

L’incursione del 1472 – Nel settembre 1472 si verificò una delle scorrerie più gravi. 8.000 cavalieri guidati dal sanjak-bey della Bosnia Iskanderbeg Michaloghli (da non confondersi con il famoso Castriota), cristiano rinnegato di origini genovesi, attraversarono l’Isonzo. Si spinsero fino a Cussignacco, alle porte di Udine, e a Monfalcone. Le cifre sono impressionanti: circa 10.000 vittime e 2.000 prigionieri, molti dei quali destinati al mercato degli schiavi o eliminati brutalmente durante le marce di ritorno. Venezia, impegnata sul fronte orientale, tentò di reagire rafforzando le fortezze lungo l’Isonzo, ma i risultati furono modesti.
L’incursione del 1477 – Quella dell’ottobre-novembre 1477 fu probabilmente la più devastante di tutte. Sempre guidati da Iskanderbeg Michaloghli, circa 10.000 uomini giunsero fino a Gorizia. Qui il conte locale, per proteggere i suoi territori, concesse loro il passaggio libero a patto che non saccheggiassero le sue terre: in realtà gli invasori colpirono oltre il Tagliamento, fino al Piave.
Le truppe venete di Gradisca caddero in un’imboscata presso la piana del Preval: i soldati furono massacrati senza pietà. I turchi dilagarono quindi per tutta la regione. Villaggi incendiati, popolazioni massacrate o deportate, chiese distrutte. Particolarmente ricordata è la rovina della chiesa di San Quirino e la cancellazione di diversi centri abitati. In soli pochi giorni, migliaia di prigionieri furono trascinati verso l’Isonzo. Se ne contano circa 4.000.
Questa scorreria rimase talmente impressa nella memoria collettiva friulana che ancora oggi, a Tricesimo, una lapide nella chiesa parrocchiale ricorda quei giorni di terrore.

Incursioni del 1478 e 1479 – L’anno successivo, tra primavera ed estate del 1478, bande minori tornarono a devastare il Friuli, sebbene con effetti meno catastrofici rispetto al 1477. Nel 1479, in piena guerra turco-veneziana, si registrò un’ulteriore incursione, della quale però le cronache offrono pochissimi dettagli. Ciò dimostra come il territorio friulano fosse ormai diventato una sorta di bersaglio costante, non solo per le forze ottomane, ma anche per altri gruppi provenienti dall’Est Europa.
L’incursione del 1499 – Verso la fine del secolo, nel 1499, si abbatté una delle più sanguinose scorrerie. 10.000 soldati guidati da Skender Pascià (Mihaloğlu İskender Paşa) marciarono fino a Conegliano, devastando in soli otto giorni 132 villaggi. Le cronache parlano di oltre 10.000 morti o prigionieri. Fu un colpo durissimo che fece tremare l’intera pianura veneta.
L’incursione del 1503 – L’ultima grande incursione, nel 1503, avvenne durante la seconda guerra turco-veneziana. Anche in questo caso bande armate penetrarono in Friuli e nel Veneto, continuando la tradizione di violenze, incendi e deportazioni. Dopo questa data, le incursioni andarono progressivamente diminuendo, complice un mutato equilibrio militare e l’adattamento difensivo dei veneziani.

Le conseguenze furono devastanti: villaggi cancellati, comunità intere sterminate o deportate, terre spopolate e abbandonate. Si ricostruirono alcuni centri, ma altri scomparvero proprio dalle mappe. Le incursioni turche misero in luce i limiti della Repubblica di Venezia nel difendere le sue terre di terraferma, troppo esposte e troppo lontane dai grandi centri decisionali della Serenissima. Ma soprattutto segnarono l’immaginario collettivo friulano, lasciando un ricordo di ferocia e paura, trasmesso per secoli attraverso cronache, lapidi e tradizioni locali.