Almanacco del 19 settembre, anno 1893: il governatore britannico della Nuova Zelanda concede il suffragio femminile. Si tratta del primo Paese a riconoscerlo su scala globale. Le donne neozelandesi poterono così votare, per la prima volta nella storia, nelle elezioni che si svolsero il 28 novembre di quell’anno.

Il 19 settembre 1893 rappresenta una delle date più significative della storia politica mondiale, non soltanto per la Nuova Zelanda, ma per l’intero movimento internazionale dei diritti delle donne. Quel giorno, infatti, il governatore Lord Glasgow concesse il Royal Assent all’Electoral Act 1893, la legge che estese ufficialmente il diritto di voto a tutte le donne neozelandesi di età superiore ai 21 anni. Con questa decisione, la Nuova Zelanda divenne il primo Paese al mondo a riconoscere alle donne un diritto politico universale e paritario, aprendo la strada a un cambiamento che nei decenni successivi avrebbe investito l’Europa, le Americhe e il resto del Commonwealth.
Per comprendere la portata di questo atto bisogna però tornare al contesto del XIX secolo. Nella Nuova Zelanda coloniale, le donne (come accadeva del resto nelle società europee) erano escluse da qualsiasi ruolo politico diretto. La loro sfera era considerata la casa, la famiglia, l’educazione dei figli. Tuttavia, già negli anni ’60 e ’70 dell’Ottocento alcune figure pionieristiche iniziarono a mettere in discussione questo modello. Mary Müller, ad esempio, pubblicò nel 1869 il primo opuscolo in difesa del voto femminile, mentre Mary Ann Colclough, nota come Polly Plum, sostenne con forza l’uguaglianza dei diritti. Parallelamente, uomini come John Larkins Cheese Richardson si fecero promotori di riforme che aprivano spazi crescenti alle donne, come l’accesso all’università.

La vera svolta giunse però con la nascita di un movimento strutturato: la Women’s Christian Temperance Union (WCTU), la sezione neozelandese dell’associazione internazionale guidata dalla carismatica Frances Willard. Questo gruppo, che legava la battaglia per il suffragio alla lotta contro l’alcolismo, vedeva nella partecipazione politica delle donne un modo per moralizzare la società e migliorare le condizioni familiari. Tra le leader, spiccò Kate Sheppard, che divenne il volto più noto della campagna suffragista in Nuova Zelanda. La Sheppard era al contempo organizzatrice instancabile, oratrice efficace. Lei seppe coordinare raccolte di firme e mobilitazioni popolari che diedero grande visibilità alla causa.
Il percorso legislativo, tuttavia, fu lungo e travagliato. Più volte, tra il 1878 e il 1887, i progetti di legge per estendere il voto alle donne furono presentati al Parlamento e altrettante volte respinti per pochi voti. Nel frattempo, la pressione pubblica cresceva. Nel 1891 furono consegnate oltre 9.000 firme, nel 1892 quasi 20.000, e infine nel 1893 ben 32.000, pari a circa un quarto della popolazione femminile adulta europea della colonia.

Il dibattito politico rimase acceso fino all’ultimo. Molti parlamentari liberali erano favorevoli, anche per motivi di calcolo elettorale, mentre gli oppositori – che ricordiamolo, erano sostenuti dall’industria degli alcolici – temevano che le donne avrebbero imposto restrizioni severe sul consumo e la vendita di bevande. Il premier Richard Seddon tentò di bloccare la legge alla Camera alta, arrivando persino a manipolare il voto di un consigliere. Ma questa manovra si ritorse contro di lui. Fortunatamente due consiglieri indignati cambiarono orientamento e votarono a favore della riforma, permettendone il passaggio con un risicatissimo margine di 20 voti a 18. Questo accadde l’8 settembre 1893.

Pochi giorni dopo, nonostante le pressioni contrarie, il governatore Lord Glasgow appose la sua firma. Con quel gesto, il 19 settembre 1893, il suffragio femminile diventò realtà. Pochi mesi più tardi, alle elezioni del 28 novembre, le donne della Nuova Zelanda si recarono alle urne per la prima volta nella storia. La partecipazione fu straordinaria, e segnò un punto di non ritorno. La politica non sarebbe più stata un dominio esclusivamente maschile.
Da quel momento, la Nuova Zelanda entrò nella storia come apripista del suffragio universale. Il traguardo non si limitò a dare alle donne il diritto di voto, ma inaugurò un processo di crescente coinvolgimento nella vita pubblica. Per l’appunto, nel 1896 Kate Sheppard divenne presidente del Consiglio nazionale delle donne, contribuendo a dare continuità al movimento e a rafforzare le basi di ulteriori conquiste. Un altro traguardo, se vogliamo parallelo a quello del suffragio femminile, si raggiunse con Elizabeth Yates. Chi fu? Semplicemente la prima sindaca eletta della storia dell’Impero britannico. Invece il primato mondiale lo raggiunse una donna statunitense nel 1887. Il suo nome era Susanna Madora Salter, ma la sua storia la conosciamo, vero?

Il 19 settembre 1893, dunque, non fu solo una riforma elettorale. Fu l’inizio di un nuovo modo di intendere la cittadinanza. Un esempio concreto che dimostrava come l’uguaglianza di genere potesse essere riconosciuta anche in un sistema politico moderno. Una data che trasformò la Nuova Zelanda in un laboratorio di democrazia e in un modello per il resto del mondo.