Jacques Jaujard è l’uomo che ebbe la prontezza di spirito per inventarsi una provvidenziale chiusura del Louvre nel 1939 per mascherare in realtà l’evacuazione delle opere d’arte all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, onde evitare che l’esercito tedesco saccheggiasse le collezioni del museo.
L’evacuazione del Louvre del 1939 ad opera di Jacques Jaujard

Jacques Jaujard, nato il 3 dicembre 1895 e morto il 21 giugno 1967, era un alto funzionario dell’amministrazione francese delle belle arti. Fu lui a mettere in salvo le collezioni del Louvre all’inizio della Seconda Guerra Mondiale.
In realtà era un esperto del settore: nel 1938 aveva già fatto pratica mettendo in salvo le collezioni del Museo del Prado durante la Guerra Civile in Spagna. Prima dell’ingresso dell’esercito tedesco a Parigi e anche durante l’occupazione tedesca, andando contro gli ordini del governo di Vichy, fu lui a organizzare il trasferimento delle collezioni del Museo del Louvre prima nel castello di Chambord e poi successivamente in altri castelli.
Ovviamente non fu da solo in questa titanica impresa. Ad aiutarlo ci furono anche i curatori Germain Bazin, André Chamson e René Huyghe. Tecnicamente parlando, Franz von Wolff-Metternich, il responsabile della conservazione delle collezioni d’arte francesi dal 1940 al 1942, in realtà sapeva perfettamente cosa stesse accadendo. Ma fece appositamente finta di nulla. Solo che nel 1942 lo richiamarono dalla Francia per questa sua posizione contro i saccheggi del Terzo Reich. Il che costrinse Jaujard a nascondersi in Lozere.

Ma per le sue azioni durante la Seconda Guerra Mondiale, lo insignirono della Legion d’Onore e della Medaille de la Resistance. Inoltre in suo onore è intitolato anche l’ingresso principale dell’Ecole du Louvre.
Ma cosa successe quel 25 agosto 1939? Beh, il Louvre fu chiuso ufficialmente per tre giorni per riparazioni. In realtà Jaujard e i suoi collaboratori sfruttarono quei tre giorni di chiusura per imballare e trasportare la maggior parte della collezione d’arte del Louvre al castello di Chambord.
Dovettero impiegare 203 veicoli per trasportare le 1.862 casse di legno in cui erano imballate le opere d’arte. Le casse erano contrassegnate con colori diversi per indicare l’importanza delle opere contenute. Un cerchio giallo indicava le opere d’arte di grande valore, un cerchio verde era destinato alle opere principali e un cerchio rosso indicava i tesori mondiali. Considerate che la Gioconda era contrassegnata con tre cerchi rossi.
Alcune opere d’arte, come La zattera della Medusa, erano troppo grandi per poter stare in una cassa. Così dovettero coprirla solamente con una coperta. Quando il camion che la trasportava arrivò in prossimità di Versailles, diretto a Chambord, ecco che il dipinto toccò accidentalmente un cavo elettrico. Causò così un cortocircuito che interruppe l’elettricità in tutta la città.
Così gli “evacuatori” stabilirono dei percorsi alternativi onde evitare altri incidenti del genere. Inoltre incaricarono degli addetti muniti di pali per maneggiare e spostare all’occorrenza cavi elettrici e telefonici. L’ultima opera d’arte ad essere traslocata fu la Vittoria alata di Samotracia. Questo perché il 3 settembre 1939 scadeva l’ultimatum.

Durante la guerra, poi, le opere d’arte continuarono a essere spostate in clandestinità da un castello all’altro, in modo da evitare che i nazisti le trovassero. Per esempio, la Gioconda da Chambord viaggiò in parecchi altri castelli e abbazie, salvo finire a fine guerra al Museée Ingres di Montauban. La Nike di Samotracia e la Venere di Milo, invece, andarono al castello di Valencay, non occupato dai tedeschi per via di un cavillo burocratico.
Così, quando il 16 agosto 1940 il conte Franz von Wolff-Metternich, nominato come responsabile della conservazione delle collezioni d’arte francesi, arrivò finalmente a Parigi per supervisionare le suddette collezioni, ecco che si trovò di fronte a un museo praticamente vuoto. Sapendo cosa stesse accadendo ed essendo contrario alla politica tedesca che prevedeva di trafugare le opere d’arte degli altri paesi, volutamente fece finta di nulla.