Almanacco del 27 giugno, anno 1553: Emanuele Filiberto, principe del Piemonte, riceve la nomina a comandante supremo dell’esercito imperiale nelle Fiandre. Il principe senza regno al servizio di Carlo V che aveva fatto del mestiere delle armi la sua vita, riceveva ora il plauso dalle varie compagini militari. Il principe godeva del favore dell’imperatore e di suo figlio, e visse sperando di riconquistare il ducato avito.

Emanuele Filiberto era figlio di Carlo II il buono di Savoia e della cugina di Carlo V, Beatrice del Portogallo. Il matrimonio tra i due occorse per suggellare l’alleanza tra la Savoia, storicamente uno scalo per ogni impresa francese in Italia, e l’impero. Passaggio che avvenne circa nel 1521.
Il favoritismo di cui godeva Beatrice la convinse di potersi inserire nella questione della riassegnazione del ducato di Milano, all’estinguersi della dinastia sforzesca. Ella sperava che Carlo V lo avrebbe assegnato a suo figlio, così non fu, dato che nei piani imperiali il ducato doveva essere devoluto a Filippo II. Da quel momento in poi iniziò la parabola discendente dei duchi di Savoia.

Rimanendo Milano l’oggetto del contendere tra Francia e Carlo V, i primi decisero di invadere il ducato di Savoia per imporre a secondo un baratto di stato. In ottica francese l’imperatore era obbligato a salvare i suoi parenti. L’occupazione francese di parte del ducato si risolse con la diaspora dei duchi. Questo accadde perché a Nizza, luogo dell’incontro tra il papa, Francesco I e Carlo V, si disegnava un assetto poi confermato nel 1544 a Crepy.
Carlo II seguì così Carlo V a Ratisbona nel 1541 mentre Beatrice si rifugiava a Nizza dove una serie di malattie falcidiarono la famiglia, lasciando in vita solo Emanuele. Un figlio cadetto destinato alla carriera ecclesiastica e da questo il suo soprannome: cardinalino.
Dovette iniziare un duro allenamento per temprare il suo corpo alla fatica delle armi, e nel 1545 ottenne il collare del Toson d’Oro. Di certo Carlo V gli conferì l’onorificenza in virtù del legame parentale ma l’anno successivo dimostrò i suoi meriti. Abbracciò la condizione itinerante del combattente.

Emanuele accompagnò l’imperatore in molti viaggi e lo fiancheggiò in molte battaglie. Vide con i suoi occhi l’assedio di Metz da parte francese. Divenne uno dei più fidati della cerchia familiare degli Asburgo, acclamato da soldati fiamminghi, italiani, spagnoli e tedeschi. Il 27 giugno del 1553 ottenne così la nomina a comandante supremo dell’esercito imperiale nelle Fiandre e assunse il motto: spoliatis arma supersunt.