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vegetariano foto Porfirio

Un vegetariano nell’Impero Romano? Il pensiero innovativo e differente di Porfirio

Porfirio nacque a Tiro, città dell’odierno Libano, tra il 233 e il 234 d.C. Fu un teologo, filosofo e astrologo dell’antica Roma, con un pensiero tutto suo, a dir poco innovativo. Si tratta di una figura molto importante, in quanto allievo di Plotino, padre della filosofia Neoplatonica. Ma l’oggetto del dibattere odierno riguarda un argomento leggermente diverso dalla filosofia. Porfirio era vegetariano, e lo era in un’epoca molto differente dalla nostra.

Sentire parlare di vegetarianesimo e veganesimo oggi non è cosa strana o singolare. Il dibattito è andato molto avanti negli anni e le due correnti hanno moltissimi “seguaci”. All’epoca in cui visse Porfirio, il III secolo d.C., le cose andavano in maniera leggermente diversa. La concezione sugli animali era totalmente differente da quella odierna.

Il regno animale era largamente considerato un ambito totalmente sottomesso e sottomettibile all’uomo. Le bestie (il senso dispregiativo del termine viene dalla considerazione che ne si aveva) erano uno strumento. Utilizzati per il trasporto, i sacrifici e il lavoro. La loro considerazione era nulla, o comunque molto vicina allo zero. Cosa portava dunque Porfirio ad avere un’idea diametralmente opposta a quella dei suoi tempi?

Intorno al 270 d.C. scrisse un trattato sugli animali, dedicato ad un amico carnivoro. In questo testo provava a dibattere e a confutare la tesi largamente diffusa secondo la quale gli dei avessero creato gli animali per gli scopi pratici dell’uomo. La risposta del filosofo fenicio era molto pragmatica. Così non era perché non si poteva spiegare secondo tale logica la diffusione di zanzare, scorpioni ed altri animali nocivi per l’uomo.

Altre due tesi molto interessanti riguardano il linguaggio e i sacrifici animali. Per quanto riguarda il primo tema, a chi diceva che gli animali erano inferiori all’uomo poiché impossibilitati a comunicare, Porfirio ribatteva che anche i Greci non capivano gli Indiani e allo stesso modo non potevano capire gli animali. Ma questo non significava che gli uni e gli altri non disponessero di un loro linguaggio.

Sul tema dei sacrifici di animali agli dei li descriveva invece come crudi e inopportuni, in quanto macchiavano di sangue gli altari divini. Proponeva la loro sostituzione con preghiere ed offerte votive di vegetali. Queste non avrebbero causato nemmeno orrore negli astanti, che si evitavano scene di sofferenza e sangue sgorgante a frotte. Che dire, tesi difficili da contrastare, ma molto lontane dalla nostra visione. Il mondo è bello perché è vario!

Fonte: Costantino Andrea De Luca, su Instagram: Pillole.di.Storia.