Storia Che Passione
Tre invenzioni antiche che si possono definire "singolari"

Tre invenzioni antiche che si possono definire “singolari”

Nel corso della storia dell’umanità non sono mancati oggetti enigmatici, creazioni al confine tra scienza, mistero e ingegno. Alcuni sono stati concepiti per scopi pratici, altri sembrano appartenere più al regno del simbolico che a quello dell’utilità quotidiana. Tre invenzioni antiche in particolare spiccano per la loro singolarità: il sismoscopio cinese, la batteria di Baghdad e il disco di Festo. Ognuno di essi racconta non solo l’ingegno delle civiltà che li produssero, ma anche il fascino del non sapere: perché li crearono? E come li utilizzarono realmente?

Tre invenzioni antiche che si possono definire "singolari"

Il sismoscopio cinese: anticipare la forza della Terra – Quando pensiamo agli strumenti per rilevare i terremoti, li immaginiamo come prodotti della scienza moderna. Eppure, già nel 132 d.C., in piena dinastia Han, il geniale astronomo e inventore Zhang Heng costruì un dispositivo sorprendente: il primo sismoscopio della storia.

Il suo aspetto, a metà tra il decorativo e il simbolico, lo rendeva un oggetto affascinante. È un grande vaso di bronzo ornato con otto teste di drago, ciascuna rivolta verso una rana sottostante, con la bocca aperta pronta ad accogliere una sfera. Al verificarsi di un terremoto, un complesso meccanismo interno faceva cadere una pallina di bronzo dalla bocca del drago in quella della rana, indicando così la direzione da cui proveniva la scossa.

invenzioni antiche sismoscopio cinese

Ciò che colpisce è che questo strumento non si limitava a rilevare i terremoti percepiti dall’uomo. Andava oltre, dato che era in grado di segnalare anche movimenti sismici lontani, invisibili e inavvertibili. Un traguardo straordinario, che dimostra quanto la Cina antica fosse consapevole della propria vulnerabilità sismica e quanto fosse avanti nell’osservazione dei fenomeni naturali.

invenzioni antiche batteria di Baghdad

La batteria di Baghdad: elettricità nell’antichità? – Se il sismoscopio ci sorprende per la sua raffinatezza tecnica, la cosiddetta batteria di Baghdad ci pone davanti a un vero e proprio enigma. Scoperta nel 1938 nei pressi di Khujut Rabu, vicino all’antica capitale partica di Ctesifonte, è un semplice vaso di terracotta contenente un cilindro di rame e un’asta di ferro. Datata tra il 250 a.C. e il 250 d.C., ha subito acceso il dibattito: era davvero una primitiva pila elettrica?

Gli esperimenti condotti in laboratorio hanno mostrato che, riempiendo il vaso con aceto o altri liquidi acidi, si ottiene una tensione di circa 1 volt. Una quantità minima, certo, ma sufficiente a pensare a possibili usi: dalla doratura dei metalli alla stimolazione medica. Tuttavia, non esistono prove dirette che confermino tali ipotesi. Alcuni studiosi ritengono che si trattasse piuttosto di un oggetto rituale o di un semplice contenitore.

Il fascino della batteria di Baghdad risiede proprio in questo. Ci costringe a confrontarci con i limiti della nostra conoscenza, sospesi tra l’ipotesi di un antico balzo tecnologico e quella di un equivoco interpretativo.

invenzioni antiche disco di Festo

Il disco di Festo: un messaggio senza voce – Se la Cina ci ha lasciato il sismoscopio e la Mesopotamia la presunta batteria, l’isola di Creta ci ha consegnato uno dei più celebri misteri archeologici del Novecento: il disco di Festo. L’archeologo italiano Luigi Pernier lo ritrovò nel 1908 all’interno del palazzo minoico di Festo. Databile al II millennio a.C., appartiene alla piena età del bronzo.

Realizzato in un’argilla finissima e successivamente cotta, presenta un dettaglio unico. I suoi 45 segni diversi, ripetuti in sequenze per un totale di 242 caratteri, furono impressi mediante timbri, non incisi a mano. È, in altre parole, un “testo a stampa” ante litteram. Ma cosa dice?

Le ipotesi abbondano. Ne riporto solo alcune, per ovvie ragioni di spazio e tempo. C’è chi lo interpreta come un calendario, chi come un inno religioso, chi come una tavoletta didattica. Altri sostengono che non si tratti di scrittura in senso stretto, ma di simboli rituali. A oggi, nessuna decifrazione è universalmente accettata. Il fatto che l’argilla provenga da un luogo lontano da Creta rende il mistero ancora più fitto, suggerendo contatti e scambi culturali di cui sappiamo poco o nulla.