Dopo Aldo, Giovanni e Giacomo, ovviamente. Scherzi a parte, nella lingua italiana si è soliti dire “Tizio, Caio e Sempronio” per indicare una persona qualunque presa ad esempio. È un modo di dire molto comune, che affonda le sue radici nel diritto romano, attraversa i secoli dell’evo di mezzo, e finisce per radicarsi nel parlato di tutti noi. Della sua storia mi piacerebbe rendervi partecipi quest’oggi.

L’interpretazione che va per la maggiore, lega Tizio, Caio e Sempronio all’illustre famiglia dei Gracchi, salita alla ribalta nel II secolo a.C. grazie all’operato dei fratelli Tiberio e Gaio. Il di loro padre era Sempronio Gracco, due volte console della Repubblica Romana. Ci siamo tolti uno dei tre nomi, e gli altri due?
Caio corrisponde a Gaio Gracco. La “C” è la lettera che i latini arcaicamente usavano per indicare il fonema /k/ (come in Caesar) sia il suono /g/ (come in Gaius). Ok, ma Tizio, cosa c’entra? Qui è un po’ più complicato rispondere con nettezza. Tizio sarebbe una corruzione del nome Tiberio, anch’esso collegato all’altro noto fratello, Tiberio Gracco. Non è ben chiaro, ma la trasformazione in Tizio potrebbe essere avvenuta per questioni di semplicità ortografica o di migliore sonorità.

La triade Tizio, Caio e Sempronio diventa davvero importante nel Corpus iuris civilis, la colossale e fondamentale raccolta di leggi voluta dall’imperatore Giustiniano nel VI secolo. Ed è proprio nel Corpus giustinianeo che Titius, Gaius et Sempronius compaiono come nomi generici per esempi giuridici diversi.
Il perché è presto detto. Titius e Sempronius erano già utilizzatissimi nei testi giuridici d’epoca classica. Perciò non deve essere un caso che appaiono nel Digesta di Giustiniano (il Digesta è integrato nel Corpus iuris civilis). Gaius, oltre ad essere uno dei praenomina romani più diffusi, era il nome di un conosciutissimo giureconsulto vissuto tra il 110 e il 180 d.C. Doveva per forza di cose saltare alla mente dei giuristi che per primi usavano questi tre nomi generici.

Una riscoperta del modo di dire avvenne a cavallo tra l’XI e il XII secolo, grazie alla scuola bolognese dei glossatori. Studiosi di questa scuola – un nome su tutti, quello di Irnerio, considerato uno dei fondatori dell’Università di Bologna – rispolverarono il trio per creare esempi giuridici più articolati, prendendo sempre spunto dal Corpus di Giustiniano. Fu così che Tizio, Caio e Sempronio divennero una consuetudine accademica, affermatasi nel Medioevo e poi consolidatasi nei secoli a venire.




