In uno specifico canto dell’Iliade (il secondo) il buon Omero ci tiene tantissimo a presentarci il personaggio di Tersite, considerato il più brutto di tutti i Greci. E anche il più insopportabile, visto che fece infuriare sia Ulisse (l’uomo più astuto fra i Greci) che Achille (forse l’eroe meno paziente di tutti).
Tersite, il soldato greco brutto sia fuori che dentro

Per qualche motivo, Omero nell’Iliade ha voluto parlarci di Tersite. Costui era un soldato semplice greco. Omero non ha avuto pietà di lui per quanto riguarda la descrizione fisica. Era bruttissimo, con le gambe storte, i piedi zoppi e le spalle curve che arrivavano a sfiorare il petto. La testa era appuntita e sormontata da ciuffi di capelli.
Diciamo che a Omero non doveva stare troppo simpatico Tersite. Anche perché, oltre a descriverlo con questo aspetto fisico, pure il suo carattere non era dei migliori. Il che spiega perché riuscì a farsi odiare contemporaneamente sia da Ulisse che da Achille.
Nel capitolo, dopo la descrizione, ecco che veniamo a sapere che Tersite era una persona che amava dare aria alla bocca. Diceva tutto quello che pensava, convinto di far ridere gli Achei. Ma in realtà ottenne l’effetto opposto, facendoli irritare alquanto.
Ad un certo punto, Tersite finisce con lo schernire il re Agamennone, il comandante dell’esercito greco. E lo fa in modo pesante: ne parla come di un “vergognoso codardo”. Il tutto accade quando l’esercito greco è appena arrivato a Troia.

Tersite non si fa scrupoli nel sostenere che sia scontento del fatto che così tanti Greci siano stati costretti ad andare in guerra, invitando poi il suo pubblico a lasciare che il re cuocia nel suo brodo, tornandosene a casa. Nonostante nei canti successivi sia Ulisse che Achille abbiano qualcosa da ridire sulla gestione dell’esercito da parte di Agamennone (soprattutto Achille per via di quella storia con Criseide e Briseide), ecco che i due eroi si infuriarono per le parole di Tersite.
A questo punto Ulisse decide di mettere da parte per un attimo la sua proverbiale astuzia e agisce di pura forza fisica. Con uno scettro colpisce il troppo loquace greco sulla schiena. Tersite è costretto così a ritirarsi, gemendo, mentre perde sangue dalla ferita sulla schiena. Ulisse lancia poi un ultimatum: Tersite farà meglio a tacere altrimenti lo avrebbe afferrato, strappato i vestiti di dosso e cacciato via nudo dall’esercito, colpendolo e percuotendolo. E giurò di fare tutto ciò dicendo “Non possa più la testa di Odisseo stare sulle sue spalle, né possa io essere chiamato padre di Telemaco”.
A questo punto Omero conclude il capitolo sostenendo che fra tutte le cose buone che Ulisse fece per i Greci, questa fu di sicuro la migliore, ovvero far tacere un calunniatore. E stop, Omero poi si scorda di Tersite e non lo menziona più.

Tuttavia racconti successivi narrano che fu poi Achille a uccidere Tersite in un secondo momento. Questo perché il soldato aveva iniziato a deridere l’eroe perché stava piangendo per la morte della regina amazzone Pentesilea (fra l’altro fu Achille a uccidere la regina). Così, irritato nuovamente dal comportamento di Tersite, Achille lo colpì con così tanta forza che il soldato dalla lingua lunga morì sul corpo. Anche il filosofo Platone nella Storia di Er, il capitolo finale della Politeia, non ci va leggero con Tersite, raffigurandolo come un babbuino.