Uno dei quesiti storici su cui gli egittologi si interrogano ancora oggi è perché gli antichi Egizi, alla fine del suo regno, distrussero le statue della regina Hatshepsut, forse la regina egizia più famosa di sempre, accanto a Cleopatra, sia chiaro. Finora la narrazione ci aveva raccontato che, alla sua morte, suo nipote, nonché suo successore, decise di vendicarsi di lei, distruggendo deliberatamente tutte le sue statue in modo da cancellarla dalla memoria. Forse non andò proprio così.
Perché distrussero le statue di Hatshepsut?

Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Antiquity, la distruzione delle statue della regina Hatshepsut non fu una sorta di damnatio memoriae. Certo, distrussero intenzionalmente molte delle sue state, ma non per via del fatto che era donna, per vendetta o per annullare la sua esistenza. Lo studio, infatti, sostiene che distrussero le sue statue per “disattivarle”, eliminando così i loro presunti poteri sovrannaturali.
Sappiamo che Hatshepsut fu uno dei pochi faraoni donna. In carica dal 1473 al 1458 a.C., fu assai potente. Nota per aver ordinato la costruzione di uno straordinario tempio a Deir el-Bahri, vicino all’antica Tebe (oggi Luxor) e per aver organizzato un viaggio verso una terra nota come Punt (la cui ubicazione risulta ancora sconosciuta), era anche la moglie e sorellastra del faraone Thutmose II (in carica dal 1492 al 1479 a.C.).
In teoria Hatshepsut doveva svolgere il ruolo di reggente per il figliastro Thutmose III, tuttavia decise di diventare faraone a pieno titolo, relegando Thutmose II al ruolo di coreggente e dandogli poteri limitati.

Alla morte di Hatshepsut, distrussero intenzionalemente le sue statue, anche quelle presenti nel sito di Deir el-Bahri. Da sempre si è sostenuto la distruzione delle statue avvenne per ordine di Thutmose III, leggerissimamente vendicativo dopo che il trono e il potere gli erano stati soffiati sotto al naso.
Ma il nuovo studio sostiene che gli antichi Egizi “disattivarono ritualmente” tali statue. Fra l’altro la stessa procedura toccò anche ad altri faraoni. Jun Yi Wong, dottorando di Egittologia presso l’Università di Toronto, riesaminando i documenti di archivio inerenti le statue di Hatshepsut, ha scoperto che erano sì state distrutte, ma in un modo molto peculiare. Il volto e le iscrizioni erano intatti, mentre erano rotte a livello del collo, della vita e dei piedi.

Questa procedura era toccata anche ad altre statue di faraoni, sottoposte a un processo chiamato “disattivazione rituale”. Per gli antichi Egizi le statue dei membri della famiglia reale erano considerate alla stregua di “entità potenti e forse persino viventi”. Wong ha spiegato a Live Science che quando un faraone moriva era pratica comune disattivarne le statue, rompendole nei punti deboli (collo, vita e piedi).
Sia in Egitto che in Sudan gli archeologi hanno trovato diversi depositi di statue disattivate. Uno dei più importanti è la Cachette di Karnak. Qui ci sono centinaia di statue di faraoni, ma maggior parte delle quali è “disattivata”.
Questo non vuol dire che Hatshepsut, dopo la sua morte, non sia stata oggetto di una campagna persecutoria e denigratoria politica. In molti monumenti in tutto l’Egitto le sue immagini e il nome sono stati sistematicamente cancellati. E probabilmente tale campagna originò proprio da Thutmose III, preoccupato forse dai sostenitori della donna. Quindi forse Thutmose non agì per odio, ma principalmente per motivazioni politiche.