Qin non è un termine qualunque nella terra del dragone. Il nome Qin (秦) è quello della dinastia che nel 221 a.C., sotto l’imperatore Qin Shi Huang, unificò per la prima volta il territorio cinese sotto un potere centrale. Quel nome divenne quindi sinonimo dell’identità imperiale e della Cina stessa – tant’è che in molte lingue il termine “Cina” deriva proprio da “Qin”. Metabolizzata questa informazione, si comprende allora la rilevanza del fatto che gli antichi cinesi usassero riferirsi all’Occidente romano col termine “Da Qin” (大秦), che tradotto significa “Grande Qin”.

Ragionare sull’esonimo con il quale i cinesi a partire dal III secolo a.C. si riferivano a Roma ci permette di costruire un ponte geopolitico fra due mondi così distanti – nello spazio più che nel tempo – e che tuttavia qualche sporadico (per non dire timido) contatto l’hanno avuto.
Ma come? Perché i cinesi dettero a Roma, entità importantissima ad ovest, ma di cui si sentiva parlare poco o niente ad est, un esonimo così importante e culturalmente centrale? Chiamare lo Stato romano “Grande Qin” aveva uno scopo ben delineato, che può sfuggire a chi affronta la questione con superficialità. Certamente non significava affermare un’identità culturale comune, quanto più riconoscere nell’entità romana un “impero” (anche se allora vigeva ancora il regime repubblicano) di eguale dignità e potere, speculare a quello cinese. Era la presa di coscienza sinica sull’esistenza di una civiltà avanzata, potente, ordinata, distante geograficamente ma sorprendentemente simile nei tratti fondamentali della civilizzazione.
Le fonti antiche cosa ci possono dire in merito? Non moltissimo, anche se qualcosa gli storici sono riusciti a ricavarlo. I primi riferimenti a “Da Qin” appaiono nei testi cinesi risalenti alla dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.). Dopo che le comunicazioni fra Occidente e Oriente divennero più stabili grazie alla Via della Seta nel II secolo a.C., i cinesi iniziarono a considerare Roma una controparte civilizzata dell’Impero fondato dai Qin. I Romani occupavano un’estremità della rotta commerciale, mentre i cinesi si trovavano all’altra estremità.

A mio parere è interessante soffermarci sulla mentalità e sull’ottica sinocentrica, fautrice del termine “Da Qin”. Secondo questa visione accentrata, il mondo civilizzato era una proiezione gerarchica che si allontanava dalla Cina in cerchi concentrici. Eppure, nel caso di Roma, questo schema si spezzava. Roma non era “barbara”, bensì raffinata, organizzata, ricca di tecnologie, arti, città e leggi.
Così, “Grande Qin” diventava un modello speculare e distante della Cina stessa. Un altro impero, nel polo opposto del mondo, degno di essere chiamato “Qin” proprio perché anch’esso incarna l’ordine, la centralità, la civiltà. Questa percezione esisteva anche altrove. Il mondo romano aveva sue vaghe nozioni della Cina, a volte identificata con la mitica “Serica“, la terra della seta. Eppure non riuscì mai a definire con chiarezza la realtà politica cinese, mentre la Cina seppe progressivamente elaborare un’immagine “realistica-mitica” della Roma costituitasi in impero.

L’esonimo caro agli antichi cinesi rimase in uso per secoli, persino nelle mappe orientali fino al XVI secolo. All’epoca le conoscenze geografiche si affinarono, anche agli scambi con missionari e commercianti europei. Così decadde l’abitudine di chiamare l’Occidente con quel nome. In quei secoli, tuttavia, i geografi e cronisti cinesi continuarono a collocare Da Qin nell’estremo occidente, identificandolo con Roma, con l’impero bizantino e infine con alcuni regni cristiani.