Chissà quanti tesori dimenticati ci sono nei magazzini dei musei. L’ultimo in ordine di tempo è relativo ad alcuni antichi manufatti dell’era di Gengis Khan e letteralmente riscoperti dopo essere stati accatastati per parecchio tempo nei magazzini del Museo-Riserva di Kytmanov Yenisei.
I manufatti dimenticati di Gengis Khan

A riscoprire questi manufatti – che qualcuno si era scordato in un angolo dei magazzini del museo in questione – sono stati i ricercatori dell’Università Federale Siberiana (SFU). Stavano catalogando alcuni oggetti mai documentati finora e riposti nei magazzini, quando si sono accorti che quei reperti risalivano niente meno che all’epoca di Gengis Khan.
La collezione comprende punte di freccia mongole, chiamate srezni, reste d’ascia, una forchetta a forma di Y e lunghe frecce perforanti con punte chiodate. Secondo gli esperti, queste ultime appartenevano alle popolazioni della taiga vissute in zona durante la fase successiva del periodo culturale di Lesosibirsk.
La cultura Lesosibirsk si manifestò nella Siberia meridionale, soprattutto nella zona dell’attuale Territorio di Krasnojarsk. Questa cultura si sovrappone al periodo dell’espansione dell’Impero mongolo e, solitamente, è considerata far parte del gruppo di autoctoni della Siberia che finirono sotto l’influenza mongola.

Effettivamente l’Impero mongolo nacque dall’unificazione di diverse tribù nomadi nel cuore della Mongolia, sotto la guida di Temujin, meglio noto con il suo titolo di Gengis Khan (1162-1227 d.C.).
In realtà gli archeologi trovarono i manufatti in questione già negli anni Sessanta, durante dei lavori di costruzione vicino a Yeniseisk, una cittadina situata sul fiume Yenisei, nella Siberia centrale.

Secondo Ksenia Biryuleva, ricercatrice senior presso il Laboratorio di archeologia dello Yenisei Siberisa della SFU, ha spiegato che, probabilmente, i reperti provenivano da un luogo di sepoltura distrutto. Qui erano forse sepolte le ceneri di una persona cremata.
Chissà quanti altri reperti come questi giacciono dimenticati negli anfratti più nascosti dei magazzini dei musei, in attesa di qualcuno che li riscopra e li riporti all’attenzione del pubblico?