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Non l'altezza, ma l'accento era il più grande imbarazzo di Napoleone

Non l’altezza, ma l’accento era il più grande imbarazzo di Napoleone

Dopo anni e anni in cui ci hanno fatto una testa così sul fatto che l’altezza di Napoleone – all’incirca 1,70 metri – fosse nella media, dobbiamo cercare un altro motivo di imbarazzo per una delle figure storiche più influenti di sempre. Ebbene, qualcosa che causò più di qualche semplice complesso all’empereur in effetti ci fu: l’accento corso, marcatissimo a quanto dicono le fonti coeve.

Non l'altezza, ma l'accento era il più grande imbarazzo di Napoleone

Napoleone Bonaparte, nato ad Ajaccio nel 1769, venne al mondo in una Corsica appena divenuta francese. L’isola era stata ceduta da Genova ai Borbone di Francia nel 1768, almeno formalmente. Nel concreto la situazione era un po’ più complicata. La monarchia francese consolidò il suo potere sulla Corsica solo dopo alcuni anni di aspre ostilità innescate dai ribelli di Pasquale Paoli, i quali desideravano l’autonomia isolana e non l’assoggettamento alla Francia di Luigi XV.

Il piccolo Napoleone perciò nacque e crebbe in un una terra ancora lacerata da un’identità in transizione. Ne risultò un fatto: la sua prima lingua fu una variante corsa del genovese. Quando, all’età di nove anni, venne mandato a Brienne, una prestigiosa accademia militare nella Champagne, Napoleone non solo non parlava fluentemente il francese, ma lo parlava malissimo.

Cadeva in errori di sintassi, con inflessioni marcate e con un lessico limitato. L’accento era inequivocabilmente “isolano”. Un marchio che trasformò il giovane Bonaparte in un bersaglio per il sarcasmo dei suoi compagni, i quali lo consideravano un provinciale rozzo, assolutamente inadatto agli standard della nobiltà francese. La stessa aristocrazia che sotto il comodo manto dell’Ancien Régime considerava la lingua come il primo segno di appartenenza alla classe dominante.

l'accento Napoleone Corsica

Non bisogna sottovalutare quanto, nella Francia del tardo Settecento, la lingua fosse un veicolo di potere e discriminazione sociale. Esisteva un francese “puro”, della buona società, e un francese “sporco” – magari parlato da bretoni, occitani, baschi e, si sarà inteso, corsi – visto con sospetto e ridicolizzato. In pratica l’incapacità di padroneggiare perfettamente la lingua implicava l’esclusione dai circuiti dell’élite.

Napoleone ne fece presto esperienza. Emarginato, sbeffeggiato, trattato come un intruso, si rifugiò nei libri, nella matematica, nella storia, nella strategia militare. Quegli anni non passarono indenni. È lo stesso futuro imperatore dei francesi a raccontare più avanti quanto profondamente umiliante fosse stato quel periodo. Un trauma formativo che avrebbe lasciato un segno duraturo sulla sua psicologia e che contribuì a costruire in lui una ferrea volontà di rivalsa.

Testimonianze d’epoca (soprattutto di diplomatici stranieri, cortigiani, osservatori) sottolineano come, anche da imperatore, Napoleone fosse bersaglio di ironie per la sua dizione. I caricaturisti inglesi – che pure facevano il loro lavoro – lo ritraevano spesso come un personaggio ridicolo, con una parlata buffa, addirittura sgrammaticata. Anche a corte il tema dell’accento era tabù. Nessuno osava ironizzare su quel punto in sua presenza, mentre alle spalle forse qualcosa si diceva…

l'accento Napoleone Bonaparte imbarazzo

E tuttavia, paradossalmente, proprio questa sua condizione di “francese non proprio francese” ha contribuito a creare lo stile comunicativo che lo rese così efficace. Napoleone scriveva proclami asciutti, diretti, comprensibili, lontani dalle pomposità tipiche della burocrazia borbonica e del linguaggio nobile. Anche dopo aver abbattuto monarchie, ridisegnato confini e fatto tremare le potenze coesistenti, Napoleone non riuscì mai a cancellare l’imbarazzo di quel francese parlato con troppe “e” aperte, con intonazioni troppo aspre, troppo meridionali, troppo corse mi verrebbe da aggiungere. Sicuramente il più grande condottiero che la Francia abbia mai avuto, parlava un francese rivedibile, quasi come se il suo accento fosse straniero.

L’accento, forse, lo feriva più delle palle di cannone.