Chi era Matthew Hopkins? Semplicemente colui che fra il 1645 e il 1647 si autoproclamò “Generale dei Cacciatori di Streghe”, alimentando l’isteria di massa contro le stregoneria e dando vita a una delle più terribili caccia alle streghe della storia inglese.
Matthew Hopkins, vita e storia di un cacciatore di streghe

Matthew Hopkins nacque intorno al 1620 nel villaggio di Great Wenham, nel Suffolk. Figlio di un pastore puritano, si ipotizza che abbia studiato giurisprudenza. Si trasferì a Manningtree, nell’Essex. Qui iniziò la sua prima caccia alle streghe. Nel 1644 Hopkins dichiarò di aver sentito delle donne del luogo parlare dei loro incontri col Diavolo. Dai pettegolezzi si passò alle accuse e Hopkins, insieme all’assistente John Stearne, iniziò a indagare sulle presunte streghe.
Fu allora che si autoproclamò “Generale dei Cacciatori di Streghe“. Inutile dire che il titolo se lo inventò di sana pianta. Convinse i villaggi dell’East Anglia che le streghe vivevano fra di loro. E ovviamente si offrì di eliminarle. Le sue indagini non erano basate su un senso di giustizia, bensì sulla superstizione, la paura e un certo desiderio di introiti economici.
Neanche a dirlo, Hopkins non faceva tutto questo per puro spirito di carità, ma si faceva pagare dalla città per dare la caccia alle streghe. E pure profumatamente. Per identificare e far confessare le persone sospettate di stregoneria, Hopkins usava metodi alquanto brutali. Anche se non quanto le tecniche usate dall’Inquisizione. Per esempio, usava la tecnica della “sorveglianza”: non faceva dormire per giorni gli accusati. Oppure usava il “test del nuoto”. La superstizione voleva che le streghe, avendo rinunciato al battesimo, sarebbero state respinte dall’acqua. Così le persone accusate di stregoneria erano legate e gettate in uno specchio d’acqua.
Se galleggiavano, erano accusate di stregoneria. Se affondavano, erano considerate innocenti. Solo che annegavano e morivano. Un altro metodo prevedeva di pungere la pelle de”accusato cercando i “Marchi del Diavole”. Erano zone da dove si diceva si nutrissero di sangue i famigli delle streghe (di solito gatti o rospi). Le indagini di Hopkins spesso coinvolgevano anche i vicini degli accusati, i quali testimoniavano di aver avvistato strane creature vicino alle presunte streghe. Molti accusati finivano di confessare, pur di porre fine a quel tormento.
Hopkins probabilmente era spinto sia da motivi religiosi (era figlio di un pastore puritano), sia da motivi legali. Il suo approccio assomigliava troppo agli iter di procedura legale per essere casuale. Ovviamente Hopkins non aveva l’autorità per condannare di persona le streghe. Ma era così abile a trovare false prove e a manipolare le scappatoie legali, che riusciva comunque a farle condannare da chi deteneva il potere per farlo (i tribunali).
Considerate anche che il clima dell’epoca era favorevole a tali pratiche. L’Inghilterra era nel bel mezzo di una guerra civile, senza parlare delle divisioni religiose e una rigida moralità che andava a farsi largo. Era un periodo pieno di ansie, epidemie e difficoltà economiche, il che aumentò il senso di terrore della popolazione. La gente cercava risposte ovunque e, complice anche un tasso di alfabetizzazione scarso, ecco che le streghe divennero un facile capro espiatorio. A dirla tutta, una situazione del genere non vi ricorda niente?

Tornando alla caccia alle streghe, accusare qualcun altro di stregoneria forniva uno sfogo alla frustrazione e alla paura della gente. Hopkins sfruttò tutto questo a suo vantaggio.
Nel 1645, sempre insieme a Stearne, diede il via a un’altra caccia alle streghe nell’Essex, nel Suffolk, nel Norfolk e nel Cambridgeshire. Uno dei processi più importanti fu quello di Chelmsford, nell’Essex. Accusò 29 donne di stregoneria e 15 furono giudicate colpevoli e impiccate. Inutile dire che furono Hopkins e Stearne a fornire molte delle prove usate per condannare le donne.
Anche gli uomini non erano esentati dalle accuse di stregoneria. Hopkins riuscì a convincere la gente che John Lowes, un prete ottantenne di Suffolk, era una strega. Lowes si era pronunciato contro la caccia alle streghe e dunque divenne il bersaglio di Hopkins. Costui accusò il prete di aver niente meno che affondato una nave usando la stregoneria. Lowes fu obbligato al test della privazione del sonno e costretto a camminare di continuo. Dopo giorni di questa tortura, confessò e fu giustiziato.

Ma Hopkins raggiunse l’apice della sua carriera di cacciatore di streghe nel processo di Bury St Edmunds. Condannò e giustiziò 18 persone per stregoneria. Hopkins alimentò un clima di terrore mai visto prima. I vicini e gli amici si guardavano con sospetto: bastava un nulla per essere falsamente accusati di stregoneria.
Tuttavia la fortuna di Hopkins stava per declinare. Qualcuno iniziò a contestare i suoi metodi e le sue motivazioni, anche fra il clero stesso. L’ecclesiastico John Gaule lo accusò apertamente di aver oltrepassato i limiti della sua autorità e di aver tratto profitto dalle disgrazie altrui.
Così nel 1646 i magistrati locali iniziarono a mettere in discussione i suoi metodi. Hopkins provò a difendere le sue azioni nel libro “The Discovery of Witches”, pubblicato nel 1647. Ma ormai in molti, anche fra i magistrati, si ribellavano ai suoi metodi. Tutto finì nel 1647, quando morì di tubercolosi a Manningtree, dove si era ritirato.