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Lo splendore nascosto delle grotte di Mogao

Lo splendore nascosto delle grotte di Mogao

Potete chiamarle “grotte di Mogao” o “grotte dei mille Buddha”, la sostanza non cambia: sono un patrimonio storico, artistico e culturale dal valore inestimabile. Si trovano in Cina, nella provincia centro-settentrionale di Gansu, non lontano dalla città di Dunhuang, circa 25 km di distanza. Trattasi di un complesso templare – 492 templi in totale – scavato interamente su una rupe rocciosa lunga 1.600 metri, in prossimità di un corso d’acqua individuabile sulle mappe sotto il nome di Daquan. Vale la pena scoprire la loro storia, e adesso cercherò di dirvi perché.

Lo splendore nascosto delle grotte di Mogao

Storia si è detto, ma il termine “leggenda” suona meglio se accostato alla vicenda delle grotte di Mogao. I manoscritti più antichi attribuiscono la fondazione del luogo ad un monaco buddhista del IV secolo d.C. di nome Yuezun (altresì citato dalle fonti come Lezun). Il religioso si sarebbe addentrato all’interno di una cavità naturale vicino il fiume Daquan e, percorrendola in profondità avrebbe avuto una portentosa illuminazione, anzi, più di una, bensì mille: Yuezun vide mille Buddha all’interno delle caverne. Da qui il nome grotte dei mille Buddha (qiānfó dòng).

La visione precedette una bella opera di convincimento, che ebbe per protagonista il nostro monaco buddhista e che, di contro, ebbe per destinatario un mercante arricchitosi grazie ai commerci con l’Occidente. Ah sì, piccolo dettaglio: le grotte di Mogao sorgono nel deserto, ma furono tra le tappe predilette della Via della Seta. La posizione geografica di Dunhuang, all’incrocio tra le rotte carovaniere fece sì che la zona diventasse un punto nevralgico non solo per il commercio, ma anche per la diffusione del buddhismo in Cina. Insomma, il facoltoso commerciante, mosso da uno spirito filantropico, avviò con fondi propri la costruzione dei templi. Era il primo mattoncino di un processo edilizio lungo e duraturo, terminato solo secoli dopo.

grotte di Mogao affreschi del IX secolo

I fedeli affrescarono interamente le pareti con scene della vita di Buddha, episodi del Jātaka (le vite precedenti del Buddha), raffigurazioni di paradisi, inferni, processioni rituali e donatori. Accanto a queste pitture murali – che raggiungono una superficie complessiva di 45.000 metri quadrati – furono scolpite più di 2.000 statue, grandi e piccole, realizzate in stucco e legno dipinto. L’arte delle grotte di Mogao riflette un essenziale sincretismo culturale. Vi si riconoscono influenze indiane, persiane, greco-romane, tibetane e cinesi, in una commistione unica di stili.

Pensate che nell’XI secolo una grotta (la 17° secondo la numerazione attuale) venne sigillata poiché stracolma di materiale documentario e artistico. Che ci crediate o no, la muratura ha retto fino al primissimo Novecento, quando un fedele taoista autoproclamatosi guardiano del complesso templare ha riscoperto l’ambiente. Preservato dalle condizioni ambientali e climatiche favorevoli, oltre che dall’ignoranza – nel senso lato del termine – dei banditi, la grotta 17 ha mantenuto intatti oltre 50.000 manufatti antichi, databili dal 406 al 1006 d.C.

grotte di Mogao buddhismo

La scoperta attirò presto l’interesse degli esploratori occidentali. Tra il 1907 e il 1914, figure come Aurel Stein (britannico) e Paul Pelliot (francese) riuscirono a ottenere, con metodi spesso ambigui, gran parte di questo tesoro documentario, che oggi è disperso tra musei di Londra, Parigi, Pechino, San Pietroburgo e Tokyo. Tuttavia, questa dispersione fu anche ciò che permise la sopravvivenza di molti documenti, che altrimenti sarebbero potuti andar perduti in seguito a distruzioni o incuria.

Le grotte erano luoghi di ritiro spirituale, meditazione, insegnamento e culto, ma anche segni tangibili della devozione e del mecenatismo. Ogni grotta era offerta come atto di fede o di ringraziamento e diventava una rappresentazione visiva del merito religioso acquisito dal donatore. D’altra parte, esse servivano anche a scopi più mondani: commemorare le carovane sopravvissute al deserto, invocare protezione o celebrare il potere della fede buddhista.

grotte di Mogao esterno Cina

Dal 1987 l’UNESCO considera le grotte di Mogao parte integrante del patrimonio dell’umanità. Nonostante ciò, la loro conservazione è messa annualmente alla prova. A partire dal deserto del Gobi, che avanza a vista d’occhio e minaccia tutto ciò che incontra sulla sua strada. Poi il fenomeno dell’affollamento turistico, altro grande cruccio per i funzionari culturali cinesi. Oltre 6.000 visitatori entrano ed escono quotidianamente dalle grotte di Mogao. Sono parecchi e il luogo, con i suoi delicatissimi affreschi murali, non può resistere al fenomeno senza attenzioni speciali e costanti.