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L'impero coloniale russo: un tentativo destinato a fallire, mappa dell'impero

L’impero coloniale russo in America: un tentativo destinato a fallire

Tra il XVIII e il XIX secolo la Russia si pose l’obiettivo di fondare un impero coloniale russo in America. Grazie al celebre Vitus Jonassen Bering, nella prima metà del XVIII secolo l’impero zarista si accorse ben presto che a separare l’Asia dall’America fosse solamente uno stretto. Il cosiddetto Passaggio a Nord-Est, largo circa 80 chilometri e non molto profondo, acquisì il nome dello stesso esploratore.

La scoperta avvenne nel 1721, e diede il via a numerose spedizioni. Nell’arco di 20 anni i russi si dedicarono all’esplorazione dell’Alaska settentrionale, meridionale, delle isole Aleutine e dei territori lungo le coste del Nord America. La fondazione della prima colonia russa in Alaska avvenne nel 1784. L’ espansione si consolidò poi nelle isole sopracitate, nel Canada occidentale, nell’attuale Stato di Washington e nell’Oregon. Durante la loro avanzata in America, i russi erigevano avamposti commerciali, fino alla creazione di Fort Ross in California nel 1812.

Questo insediamento confinava al tempo con l’Impero spagnolo, che arrivando da sud impedì alla Russia di procedere ulteriormente. Nel corso della prima metà del XIX secolo l’impero coloniale russo in America raggiunse il suo acme. Nel complesso gli abitanti dei conglomerati urbani russi erano circa 40 mila. Nelle città risiedevano prevalentemente originari del luogo, mentre un piccolo numero di russi controllava il commercio e amministrava i territori.

Gli esploratori russi furono anche i primi a giungere sulle isole Hawaii. All’inizio l’impero zarista non prese in considerazione l’annessione di questi territori. Tuttavia, poco dopo il congresso di Vienna, nel 1818 l’imprenditore russo Georg Anton Schäffer tentò di negoziare un trattato di protezione con il re indigeno Kamehameha I. Ad ogni modo, lo zar Alessandro I si rifiutò di firmarlo.

Il business russo nel continente americano si esplicava prevalentemente nella caccia e nel commercio di pellicce. Nel 1799 era nata la Compagnia russo-americana, il cui fine era quello di sfruttare una grande risorsa di quelle terre; la pelliccia delle lontre. Con il tempo però, divenne evidente che l’impero coloniale russo in America rappresentasse una realtà economica rischiosa e scarsamente remunerativa. Da una parte vi erano gli elevati costi di trasporto dalla Russia alle Americhe, e dall’altra la presenza russa a Fort Ross aveva creato fortissimi contrasti con l’Impero spagnolo.

Gradualmente la Russia iniziò a cedere i propri territori, vendendoli agli Stati Uniti d’America. Nel 1867 gli USA, una potenza poco temibile all’epoca, acquistarono l’Alaska al costo di ben 7 milioni di dollari. Per l’impero coloniale russo la fredda regione era poco redditizia, difficile da controllare e nel mirino dell’Impero britannico, che al tempo si era appropriato di gran parte del Canada. Inizialmente l’affare apparve svantaggioso per gli americani. Tuttavia, nel periodo della guerra fredda il possesso dell’Alaska si rivelò militarmente strategico: grazia alla propria estrema vicinanza con il Canada, in mani sovietiche la regione avrebbe rappresentato un grande pericolo per l’America.