Storia Che Passione
La Torre di Babele è storicamente esistita?

La Torre di Babele è storicamente esistita?

“Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. […] Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». […] Il Signore disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra”.

Questo è il primo riferimento biblico alla Torre di Babele, e lo si trova nel libro della Genesi (11,1-9). Leggendolo si comprendere l’origine delle lingue secondo la visione universale ebraica (e di conseguenza, cristiana). Verrebbe però da chiedersi se quanto scritto fosse assimilabile a qualcosa di vero, di storicamente attendibile, di concreto insomma. Gli storici questa domanda se la pongono da secoli; fortunatamente una risposta, seppur gravida di prevedibili incertezze, sembra essere stata formulata.

La Torre di Babele è storicamente esistita?

Facciamo chiarezza su un piano etimologico; spesso la chiave è lì, sulle origini delle parole. “Babele” secondo la lingua ebraica, deriva dal verbo bālal, che significa “confondere”. È quindi una creazione simbolica, nata per dare senso al caos linguistico che, nel racconto biblico, separò le nazioni. Tuttavia, il termine finì presto per essere associato alla città mesopotamica di Babilonia, detta Bab-ilu in accadico, ovvero “Porta del Dio”. Questa sovrapposizione linguistica – “confusione” per gli ebrei, “Porta del Dio” per i mesopotamici – tuttavia fu posteriore e, almeno inizialmente, non legava la Torre di Babele alla città di Babilonia.

Bisogna anche puntualizzare su una questione prettamente cronologica. Sebbene il racconto della Genesi si collochi ai tempi di Mosè, perciò nel II millennio a.C., i filologi ritengono come il primo libro dell’Antico Testamento, nella sua forma ultimata, risalga al VI-V secolo a.C. Forma ultimata che traeva spunto da materiale raccolto fin dall’inizio del I millennio a.C., quando l’antico Regno di Israele stava formandosi.

Torre di Babele Pieter Bruegel

Possiamo trarre una prima conclusione: il libro della Genesi che noi conosciamo è in realtà il frutto di trasformazioni e integrazioni accumulatesi in quasi mezzo millennio. E se proprio vogliamo mettere i puntini sulle “i”, la definizione del libro veterotestamentario d’apertura avvenne durante il periodo storico della cosiddetta “cattività babilonese“, una fase cruciale per lo sviluppo e la formalizzazione dell’ebraismo, datata VII-V secolo a.C.

Fu in quegli anni che gli ebrei, immersi in una civiltà colta e potentemente urbanizzata, entrarono in contatto diretto con le meraviglie architettoniche mesopotamiche. Babilonia appariva come una città grandiosa, dominata da templi, palazzi e dalla colossale ziqqurat di Marduk, l’Etemenanki. Non è difficile immaginare come, agli occhi dei deportati, quella torre che sembrava toccare le nubi potesse evocare l’arroganza umana descritta nel racconto biblico. Ecco quindi l’associazione fra Babilonia e Torre di Babele.

Torre di Babele ricostruzione immaginaria Etemenanki

L’Etemenanki era una delle più imponenti ziqqurat dell’antico Oriente. Costruita in diverse fasi tra la fine del II millennio e l’inizio del I millennio a.C., venne restaurata e ampliata da Nabucodonosor II (604-562 a.C.). Proprio lui, quel grande sovrano babilonese che rese la città una delle meraviglie del mondo. Le fonti antiche la descrivono come una torre a gradoni composta da sette terrazze sovrapposte, per un’altezza complessiva stimata di circa 66 metri.

Lo storico greco Erodoto, che visitò Babilonia nel V secolo a.C., ne lasciò una descrizione vivida: “Nel mezzo del recinto c’era una torre in solida muratura, lunga e larga uno stadio (200 metri circa). Su questa era stata innalzata una seconda torre, e su quella una terza, e via così fino a otto. La salita alla cima è all’esterno, attraverso un percorso che si snoda attraverso tutte le torri. Circa a metà strada, c’è un luogo dove riposarsi con dei sedili, dove le persone possono sedersi per un po’ prima di proseguire la salita. Sulla cima c’è un grande tempio, all’interno del quale si trova un divano di dimensioni insolite, al fianco del quale vi è un tavolo d’oro. Non c’è nessuna statua, e nessuno vi passa la notte, tranne una sola donna, che, come dicono i sacerdoti babilonesi, viene scelta dal dio fra tutte le donne di questo paese”.

Torre di Babele ziqqurat

La sorte dell’Etemenanki rispecchia in modo sorprendente quella della torre biblica. Nel 323 a.C. Alessandro Magno, giunto a Babilonia, ordinò di restaurarla, ma i lavori si interruppero alla sua morte. La torre, ormai in rovina, cadde nell’oblio e finì per scomparire del tutto sotto la sabbia dei secoli.

Oggi, gli scavi archeologici a Babilonia hanno permesso di individuare le fondamenta dell’Etemenanki. Più che altro sono resti di un basamento quadrato di oltre 90 metri per lato, che confermano le dimensioni straordinarie della costruzione. È la prova tangibile che, dietro il mito della Torre di Babele, esiste un nucleo di memoria storica concreta. La visione, da parte degli ebrei esiliati, di una torre reale che divenne il simbolo della loro condizione spirituale e politica.