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La storia della carta moneta: come nacque e si diffuse la banconota

La carta moneta, più comunemente nota come banconota, è uno dei metodi di pagamento più diffusi al giorno d’oggi. Ma vi siete mai chiesti come, quando e perché si passò dall’uso esclusivo di moneta metallica a quella cartacea? Se almeno una volta nella vita vi siete posti questo quesito, beh, siete sull’articolo giusto.

Ancora alla metà del Settecento, le monete in circolazione erano quasi esclusivamente metalliche. Si utilizzavano monete d’oro e d’argento per pagamenti consistenti, quelle di rame o di biglione (rame e una modesta quantità di argento) per transazioni minute. Il valore delle monete era definito dal contenuto di metallo fino, cioè prezioso. E così anche avveniva il confronto fra le monete di due paesi diversi, contando la quantità di metallo fino contenuto nella moneta. Se la moneta del Paese A aveva un contenuto di metallo fino pari a 5 grammi e la moneta del paese B ne aveva invece 10 grammi, allora la moneta del Paese B valeva il doppio di quella del paese A.

Ogni Paese aveva un ente predisposto alla coniazione delle monete, la Zecca, a direzione statale oppure in appalto a privati. Ogni Paese poi assumeva o l’oro o l’argento, o entrambi, alla base del proprio sistema monetario. Si parla quindi di monometallismo argenteo (in inglese, silver standard) quando alla base del sistema vi era l’argento, di monometallismo aureo (in inglese gold standard) quando la base del sistema era l’oro, e di bimetallismo, quando la base del sistema erano entrambi. Il metallo assunto a base del sistema monetario godeva di libero conio e potere liberatorio illimitato.

Il libero conio era la possibilità concessa ai privati di consegnare alla zecca il metallo prezioso in loro possesso e riceverne in cambio l’equivalente in monete, dedotti ovviamente i costi di produzione ed eventuali diritti di fabbricazione. Il potere liberatorio illimitato era ed è tuttora l’obbligo imposto dalla legge di utilizzare la moneta alla base del sistema in qualsiasi pagamento e per qualsiasi importo, senza che nessuno potesse rifiutarla.

I sistemi monetari più diffusi nell’Europa di allora erano il monometallismo argenteo e il bimetallismo. Solo la Gran Bretagna, benché ufficialmente adottasse il bimetallismo, si era avvicinata al monometallismo aureo. Il costante flusso di argento verso l’Estremo Oriente per pagare le importazioni dall’Asia, dove vigeva il monometallismo argenteo, aveva ridotto notevolmente la quantità di argento circolante oltremanica. Successivamente, anche le monete d’oro in circolazione si rivelarono insufficienti per via dell’aumento dei traffici commerciali e perciò si rese necessaria una nuova forma monetaria, la moneta cartacea.

Essa era emessa da alcune banche, dette appunto banche di emissione, quelle che successivamente sarebbero diventate le nostre banche centrali. Queste, non avendo a disposizione una quantità sufficiente di moneta metallica da prestare, decisero di emettere proprio biglietti cartacei con un preciso valore espresso nella moneta adottata dal quel Paese, con la promessa di convertirli in monete metalliche ad ogni richiesta dei loro possessori. Tali biglietti erano anche chiamati “note di banco”, da cui appunto, banconota.

Per garantire la conversione delle banconote in monete metalliche, la banca doveva mantenere una riserva di monete, che ovviamente era inferiore all’ammontare totale dei biglietti emessi dalla banca, altrimenti essa non ci avrebbe guadagnato dall’emissione. L’esperienza mostrò che fosse sufficiente una riserva intorno al 40% a garantire il cambio dei biglietti di solito presentati per la conversione in moneta metallica. Da ciò ne consegue che nessuna banca di emissione avrebbe potuto cambiare tutti i biglietti circolanti da lei emessi nello stesso momento. Un’azione del genere l’avrebbe sicuramente portata al fallimento.

Alla metà del Settecento, banche di emissione esistevano solo in Gran Bretagna e Svezia. In Gran Bretagna la più importante era la Banca d’Inghilterra, una società privata fondata nel 1694.

Le banconote inizialmente circolavano a corso fiduciario, ossia che nessuno era obbligato ad accettarle e che lo avesse fatto era mosso solamente dalla fiducia nella capacità della banca di cambiarle in moneta metallica. Durante le guerre Napoleoniche, vista la diminuzione di metalli preziosi in circolazione per sostenere lo sforzo bellico, le banconote della Banca d’Inghilterra erano state sottoposte a corso forzoso, ossia venne sospesa la loro convertibilità in moneta metallica

La convertibilità delle banconote venne ristabilita nel 1821. Nello stesso anno si decretò la definitiva adozione del gold standard: solamente le monete d’oro ebbero libero conio e potere liberatorio illimitato. Nel 1833 le banconote della Banca d’Inghilterra vennero dichiarate moneta a corso legale: dovevano quindi essere accettate per ogni tipo di pagamento. Inoltre, con il Bank Charter Act del 1844, si stabilì che la Banca d’Inghilterra potesse emettere banconote fino a 14 milioni di sterline senza copertura metallica. Da quella cifra in poi, la riserva avrebbe dovuto coprire il 100% dei biglietti emessi. Inoltre, sempre questo disegno di legge vietava l’istituzione di nuove banche di emissione e la rinuncia a tempo indeterminato dell’emissione di banconote a favore della Banca d’Inghilterra da parte degli altri istituti di credito che godevano del medesimo diritto. Questo atto permise la progressiva creazione del monopolio della Banca d’Inghilterra sull’emissione di banconote.

Le banconote si diffusero gradualmente nel resto del mondo capitalista, che però rimase legato ad un sistema bimetallico oro-argento. Ma nel 1870, la scoperta di ingenti giacimenti di argento in Nevada fece diminuire il valore dell’argento rispetto all’oro. L’oro, quindi, incrementò notevolmente il suo valore rispetto all’argento. A seguito di ciò, altri paesi decisero di aderire al gold standard. Nel 1873 fu la volta della Germania, nel 1878 Francia, Belgio e Italia, nel 1892 l’Austria-Ungheria, nel 1897 Russia e Giappone, nel 1900 gli USA. Si realizzava quindi un sistema di cambi fissi fra le diverse valute, tutte legate all’oro, che favorì lo sviluppo del commercio internazionale.

Arriviamo allo scoppio la Prima Guerra Mondiale. Per finanziare lo sforzo bellico, infatti, le nazioni in guerra incrementarono la circolazione di banconote. Ciò, unito ad un innalzamento dei costi di produzione e alla diminuzione dell’offerta di beni, sviluppò in tutti i paesi un forte spirale inflazionistica. Si proclamò nuovamente il corso forzoso, per evitare una conversione di massa di banconote in moneta metallica, che avrebbe determinato l’implosione del sistema bancario.

L’inflazione galoppante rendeva necessario un risanamento delle monete, un ripristino della convertibilità in oro e la ricostituzione del sistema di cambi fissi d’anteguerra. Nel 1922 alla Conferenza monetaria internazionale di Genova si decretò la costituzione di un nuovo sistema monetario, il gold exchange standard.

Siccome le riserve auree non erano più in grado di assicurare la convertibilità delle banconote in circolazione, si decise di porre a garanzia dei biglietti, il cui volume doveva comunque essere ridotto, non solo le riserve auree ma anche le valute convertibili in oro, che divennero quindi “valute chiave”. Quindi, le riserve per garantire i biglietti circolanti era costituite sia da oro che da banconote straniere che potevano essere convertite in oro. Inoltre i biglietti non potevano più essere cambiati in qualsiasi sportello della banca di emissione, come avveniva prima del 1914, ma solamente presso la sede centrale dell’istituto emittente, e, soprattutto, non potevano più essere convertiti in monete d’oro ma soltanto in lingotti di 12,5 kg. Questa scelta limitava la convertibilità sostanzialmente alle grandi transazioni, per lo più internazionali.

A poco a poco diversi paesi risanarono le loro monete ed entrarono nel nuovo gold exchange standard, ristabilendo il sistema di cambi fissi. Nel 1924 vi aderì la Germania, nel 1925 la Gran Bretagna, nel 1926 la Francia e nel 1927 l’Italia. Gli USA avevano invece sempre mantenuto la convertibilità del dollaro. Il gold exchange standard però ebbe vita brevissima. In seguito alla Crisi del ’29, tutti i paesi che ne rimasero coinvolti si videro costretti a svalutare le proprie monete nazionali.

Alle soglie della Seconda Guerra Mondiale, quindi, non esistevano più banconote convertibili in oro ed esse ormai avevano sostituito la moneta metallica. Quest’ultima circolava solamente come sottodivisione delle banconote, utilizzata per pagamenti minuti.