Dopo l’uccisione degli uccelli del lago Stinfalo, re Euristeo dovette farsi venire in mente qualcosa in fretta per la successiva delle dodici Fatiche di Ercole. Il re aveva sperato che Ercole ci mettesse un po’ di più, ma l’eroe, grazie anche all’aiuto di Atena, era stato più veloce del previsto. Così questa volta decise di mandarlo un po’ più lontano: doveva andare sull’isola di Creta e catturare il Toro di Creta.
Come Ercole catturò il toro cretese

Ercole stava diventando sempre più popolare nel Peloponneso. Nonostante re Euristeo, sobillato anche da Era, stesse cercando in tutti i modi di far uccidere Ercole, si era reso conto di una cosa. Le prove assegnate a Ercole stavano avendo un risvolto imprevisto. In pratica Ercole stava liberando il popolo del Peloponneso da temibili minacce, stringendo nel contempo anche degli importanti legami politici (vedi la vicenda delle stalle del re Augia).
La popolarità e l’influenza politica di Ercole crescevano di pari passo. E questo si rifletteva in maniera positiva anche su Euristeo. Così ecco spiegato perché decise di inviare Ercole a Creta. All’epoca Creta era considerata una terra leggendaria. Si diceva fosse il luogo di nascita di Zeus e la culla della civiltà greca. Ma non solo: Creta era anche una temibile potenza politica.
La marina e l’esercito cretesi, guidati da Minosse dal suo trono a Cnosso, erano fra le più forti della Grecia. E Minosse controllava la maggior parte delle isole del Mar Egeo. Così Euristeo inviò strategicamente Ercole ad affrontare il Toro di Creta. Qualsiasi fosse stato il risultato della prova, Euristeo ne sarebbe uscito vincitore. Se Ercole fosse stato sconfitto e ucciso, ecco che Euristeo si sarebbe sbarazzato del rivale. Ma se avesse vinto, avrebbe ottenuto il favore del re più potente della Grecia.
Il Toro di Creta è proprio quello del mito di Minosse e Pasifae. Minosse era il figlio di Zeus ed Europa. Zeus aveva rapito e sedotta Europa, la sorella dell’eroe Cadmo, trasformato in toro bianco. Portata Europa a Creta, qui nacquero i tre figli Minosse, Sarpedonte e Radamanto.
Come da consuetudine, Zeus abbandonò Europa e relativa prole a Creta. Però questa volta donò alla sua amante alcuni regali che mitigassero il suo abbandono:
- Talo: gigantesco automa di bronzo costruito da Efesto per proteggerla
- Lelape: cane che catturava sempre la preda
- giavellotto magico che colpiva sempre il bersaglio
Europa non rimase una madre single a lungo. Asterione, re di Creta, si innamorò di lei (della sua bellezza, della sua intelligenza e anche della sua impressionante collezione di dono magici e divini). Asterione sposò così Europa e adottò i suoi figli.

Alla morte di Asterione, come da prassi, i tre figli iniziarono a litigare su chi dovesse diventare il prossimo re di Creta. Mentre Sarpedonte e Radamanto litigavano, ecco che Minosse chiese a Poseidone di aiutarlo. Chiese al dio di inviare un segno che indicasse che era lui il legittimo erede al trono. In cambio promise al dio di sacrificare a lui qualsiasi cosa Poseidone gli avesse inviato.
Poseidone decise di accontentare Minosse e mandò a Creta un toro bianco. Missione riuscita: l’apparizione dal mare del toro candido fu interpretata come un segno divino che indicava come Minosse dovesse essere il prossimo re.
A questo punto il neo incoronato Minosse avrebbe dovuto mantenere fede al patto e sacrificare a Poseidone il toro bianco. Ma Minosse non volle sacrificare un toro così bello. Così spedì il toro nella sua mandria e ne sacrificò uno di minor pregio a Poseidone. Il quale si accorse della truffa e decise su due piedi di punire il sovrano spergiuro.
Solitamente quando Poseidone si arrabbiava con i mortali, scatenava terremoti, maremoti o tempeste marine. Questa volta, però, decise di essere più creativo e imprevedibile. Come prima cosa chiese aiuto ad Afrodite, dea dell’amore e della lussuria. In pratica chiese alla dea di trasferire l’amore che Minosse provava per il toro bianco sulla di lui moglie Pasifae, a sua volta figlia del dio del sole Elio e sorella della celebre maga Circe.
In teoria anche Pasifae era una maga potente, ma la sua magia non bastò a proteggerla dagli incanti di Afrodite. Detto, fatto: la maledizione fece in modo che Pasifae si innamorasse del toro cretese. Ma non finì qui: diciamo che Pasifae a quel punto fece di tutto pur di avere un rapporto fisico col toro.
Per fare ciò chiese all’inventore Dedalo di trovare un modo affinché lei potesse “accoppiarsi” col toro. Dedalo costruì così una mucca mobile e cava che sembrasse vera. Poi fece nascondere la regina all’interno della mucca e l’amplesso ebbe luogo.
Pasifae rimase così incinta del toro bianco e diede luce a un figlio mezzo umano e mezzo toro. In onore del nonno lo chiamò Asterione, ma tutti lo conobbero come Minotauro.

Una volta fatto ciò, ecco che Poseidone tolse la maledizione su Pasifae e fece impazzire il toro. Il panico e la devastazione si scatenarono su tutta Creta. Ed è qui che Euristeo offrì a Minosse, impegnato a risolvere lo scandalo della prole del toro, di inviare Ercole per affrontare il toro.
Mentre Minosse ordinava a Dedalo di costruire un labirinto per nascondere il Minotauro, ecco che Ercole sbarcò a Creta. Da mesi ormai il toro scatenato stava devastando l’isola, uccidendo anche centinaia di persone.
Diciamo che questa non fu certo un’impresa difficile per Ercole. In fin dei conti il toro non aveva nessun attributo divino particolare: era solamente bello e inferocito. Non aveva una pelle impenetrabile come il Leone di Nemea, non sputava veleno e non aveva una testa che si rigenerava come l’Idra di Lerna, non era veloce come la Cerva di Cerinea, non era temibile come il Cinghiale di Erimanto ed era un animale solitario, non viaggiava in gruppo come gli uccelli del lago Stinfalo.
Seguendo la scia di distruzione lasciata dietro di lui, Ercole raggiunse il toro. Iniziò così a urlare e lanciare pietre contro l’animale inferocito. Questi si voltò e caricò Ercole, il quale si aspettava questa mossa e afferrò l’animale per le corna. Usando la sua forza, Ercole domò il toro sottomettendolo. Ci mise diverse ore, ma alla fine l’animale cedette.
Ercole riportò così il toro cretese a Tirinto. E come da prassi Euristeo, vedendo l’imbufalito animale, fu nuovamente terrorizzato. Non saltò un’altra volta dentro la giara solo perché era contento che Minosse avesse un debito con lui.
Ma qui sorse un problema: cosa farne del toro? Euristeo voleva sacrificarlo come inizialmente progettato, solo che propose di sacrificarlo a Era e non a Poseidone. La dea, però, gli fece notare che lei non avrebbe mai accettato quel sacrificio visto che era coinvolto Ercole.
Così a Euristeo non rimase altro che liberare il toro fuori dalle mura della città. Il bovino, recuperata la liberà, lasciò il Pelopponeso e si stabilì dalle parti di Maratona. Lì proseguì la sua opera di distruzione e terrore divenendo noto come il Toro di Maratona e causando guai ad Atene. Egeo, re di Atene, mandò Androgeo, figlio di Minosse, a uccidere l’animale.
Ma il toro uccise Andregeo e Minosse, scoperto l’accaduto, dichiarò guerra ad Atene. Creta era militarmente superiore ad Atene e vinse la guerra. Così Minosse impose ad Atene un trattato che prevedeva che la città greca dovesse inviare ogni anno (o ogni sette o nove, dipende dalla versione) 14 giovani a Creta per essere sacrificati al Minotauro. Il tutto sarebbe finito con l’arrivo di Teseo, ma questa è un’altra storia. Ed Ercole? Beh, lui era in attesa dell’ottava Fatica: il furto delle cavalle di Diomede.