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Il sacrificio di Sergej Preminin: il marinaio russo che salvò l'Atlantico dalla catastrofe nucleare

Il sacrificio di Sergej Preminin: il marinaio russo che salvò l’Atlantico dalla catastrofe nucleare

Sareste disposti a sacrificare la vostra vita pur di salvare l’oceano dalla catastrofe nucleare? Domanda a bruciapelo, lo so, ma il tempo di ragionare, determinare pro e contro di una simile scelta, soppesare la gravità degli infiniti scenari conseguiti alla decisione, voi ce l’avete eccome. Chi invece non ebbe neppure una frazione di secondo per fare questi calcoli preventivi fu Sergej Preminin, marinaio russo sul quale ricadde la più pesante delle responsabilità umane, di quelle che ti costringono a scegliere fra la tua vita – a discapito di molte altre – e la tua morte – a beneficio di tutto il mondo. Il 3 ottobre 1986 Preminin fece la sua scelta. Ricordare quell’attimo fatale è necessario oltre che doveroso.

Il sacrificio di Sergej Preminin: il marinaio russo che salvò l'Atlantico dalla catastrofe nucleare

Aveva poco meno di 21 anni Sergej Anatol’evič Preminin. Chissà quanto deve gravare a quell’età una decisione del genere. Forse tanto, perché davanti hai tutta la vita e di certo non vuoi precluderti precocemente la possibilità di trascorrerla al meglio. Forse poco, perché d’altronde sei giovane, e l’inesperienza a volte precede l’azione istintiva, poco razionale e tanto emotiva. O forse Preminin fece solo il suo dovere, in quanto poco più di un cadetto, sommergibilista d’eccezione in un contesto altrettanto eccezionale. Ma come ci era finito il giovane Preminin in quella situazione così intricata?

Il ragazzo classe 1965 si era arruolato nella Marina militare sovietica il 24 ottobre 1984. Già diciannovenne aveva prestato servizio come operatore di sentina a bordo di un sottomarino nucleare, inquadrato nella Flotta del Nord. Due anni dopo si imbarcò nel sottomarino nucleare lanciamissili balistici (SSBN) K-219. Partito da Murmansk, il sommergibile era diretto al largo delle Bermuda, dove avrebbe condotto ordinarie operazioni di pattugliamento.

Sergej Preminin Bermuda

Il 3 ottobre 1986 il K-219 si portò a quota periscopica per effettuare dei rilevamenti da trasmettere a Mosca. In uno dei pozzi dove erano stanziate le testate nucleari avvenne un’esplosione, dovuta all’infiltrazione di acqua marina e alla conseguente pressione generata su uno dei missili. L’esplosione uccise sul colpo tre marinai e disperse nell’ambiente plutonio altamente radioattivo. Vapori letali scaturiti dalla detonazione si addensarono anche negli spazi adiacenti. L’allarme risuonò immediatamente. Il sommergibile riemerse e la maggior parte dell’equipaggio si allontanò a bordo di scialuppe di salvataggio. Restavano al suo interno una manciata di uomini, ai quali spettava il compito di frenare un processo altrimenti irreversibile: la fusione del nocciolo.

Sergej Preminin sommergibile K-219

Esatto, perché al momento dell’esplosione il sottomarino K-219 aveva in funzione un solo reattore nucleare. Le fiamme dell’incendio mandarono in corto circuito il sistema d’emergenza per il raffreddamento del reattore. Si stava ripetendo ciò che in aprile era accaduto a Černobyl’.

Consapevole di ciò che avrebbe comportato un intervento diretto nella camera del reattore, l’ufficiale addetto Nikolaj Belikov indossò la tuta protettiva, strinse fra le mani una speciale chiave ed entrò nel compartimento. Nel caso ve lo steste chiedendo, dalla stazione di controllo non si poteva spegnere il reattore, perciò l’unica opzione praticabile era abbassare manualmente le quattro barre di controllo (in gergo tecnico si dice SCRAM). Azione che avrebbe implicato un rallentamento immediato della reazione a catena e prevenuto l’esplosione del reattore.

Sergej Preminin eroe

Nel compartimento la temperatura si aggirava sui 70° centigradi. A causa di ciò, Belikov svenne e due marinai lo evacuarono. Spettava a qualcun altro portare a termine il micidiale compito. Quel qualcuno rispose al nome di Sergej Preminin, sommergibilista, di anni 21. Indossata la tuta, Preminin entrò nella camera e abbassò da solo le quattro leve. Fu uno sforzo titanico, anche perché il calore aveva deformato quasi irrimediabilmente le barre.

La decompressione non permise la riapertura della porta dietro di lui. I marinai lo videro soccombere a causa dell’elevatissima temperatura. L’Oceano Atlantico – e con esso tutte le forme di vita circostanti – era salvo. Per tre giorni il sottomarino nucleare stabilizzato fu rimorchiato da mercantili sovietici, diretti secondo precisi ordini a Gadžievo, a più di 7.000 km di distanza. Il 6 ottobre tuttavia il K-219 si inabissò a 5.500 metri di profondità.

Sergej Preminin memoria

Per l’estremo sacrificio che preservò l’Oceano Atlantico dal disastro nucleare, l’Unione Sovietica insignì postumo Sergej Anatol’evič Preminin dell’Ordine della Stella Rossa. Nel 1997 invece fu conferita alla memoria del marinaio il titolo di Eroe della Federazione Russa. Eroe Preminin lo fu davvero, nonostante tutte le ritrosie del caso.