Il papato di Bonifacio VIII è uno di quei casi in cui la storia sembra uscita da un romanzo satirico medievale, tanto erano eccessivi i tratti della sua personalità e tanto radicali le accuse che gli vennero mosse. Nato Benedetto Caetani intorno al 1230 ad Anagni, uomo di origini nobili, sì, ma non nobilissime, mostrò fin da subito l’ambizione feroce che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Scalò con abilità la gerarchia ecclesiastica fino a salire sul trono pontificio nel 1294, approfittando delle dimissioni del mite Celestino V, il “papa eremita”, incapace di governare la Chiesa, o meglio, quella Chiesa. Bonifacio, al contrario, non si fece alcun tipo di scrupolo.

Il suo pontificato si distinse immediatamente per due aspetti: da un lato, la sfrontatezza nei costumi privati, dall’altro la pretesa smisurata di autorità. Quanto al primo punto, i cronisti del tempo (e ancor più i suoi nemici politici) non mancarono di descriverlo come un uomo dedito ai piaceri della carne, al lusso e all’ostentazione. Collezionava oggetti preziosi, si circondava di abiti sontuosi, e poi dava banchetti dall’esito indefinito, ai quali spesso seguivano relazioni… mh, come dire, scandalose!
Circolava voce che nel suo esercito di amanti – uomini e donne, beninteso – ci fossero una madre e sua figlia, con le quali adorava intrattenersi contemporaneamente! Realtà storica o strumentale campagna diffamatoria? Complicato dirlo.
I racconti dei suoi concubini, delle sue provocazioni sessuali e delle sue battute blasfeme circolarono come un veleno nella società romana, tanto da imprimere a lungo nell’immaginario collettivo l’idea di un pontefice edonista e cinico. Lo credo bene che Celestino V fece per viltade il gran rifiuto. Non si può dire con certezza se tutte queste accuse fossero vere o ingigantite dalla propaganda avversa, ma di certo non faceva nulla per apparire umile o devoto. Questo, già di per sé, era un colpo terribile per l’immagine della curia romana.

Sul piano dottrinale, la sua arroganza raggiunse livelli che scandalizzarono profondamente i contemporanei. Sentite qua, egli negava con scherno alcuni dei dogmi centrali della fede cristiana. La divinità di Cristo? Nah. L’immortalità dell’anima? Macché. La verginità di Maria? Impossibile. Arrivò a liquidare la devozione popolare come superstizione per “ingenui”. Non credeva nell’aldilà – o almeno così affermavano i suoi detrattori – e questo lo rendeva ancor più irriverente. Sì, perché un uomo che non teme il giudizio divino, si arroga il diritto dell’impunità.
Ma Bonifacio VIII non fu solo un festaiolo. Oltre a questo, emergeva il suo animo combattivo e implacabile, che lo fece scagliare contro tutto e tutti. Il papato, sotto di lui, tentò di riaffermare con forza la propria supremazia sui monarchi europei. Il suo più grande nemico fu Filippo IV di Francia, un re astuto e tenace che non intendeva piegarsi all’autorità spirituale di Roma.
Lo scontro tra i due fu violentissimo e segnò uno dei momenti di rottura più gravi tra potere ecclesiastico e potere temporale in età medievale. Il Vicario di Cristo rispose al sovrano con la celebre bolla Unam Sanctam (1302), in cui proclamava l’assoluta superiorità del papa su ogni autorità terrena, affermando che per la salvezza era indispensabile sottomettersi al pontefice. Una dichiarazione che suonava come una sfida frontale a tutti i monarchi cristiani.

La tensione culminò nel famigerato episodio dello “schiaffo di Anagni”, nell’anno di grazia 1303. La storia la sappiamo molto bene, vero? L’umiliazione subita non aveva precedenti nella storia della Chiesa. Il vecchio pontefice non si riprese mai dall’affronto. Morì poche settimane più tardi, il 11 ottobre 1303, consumato dall’ira e dall’amarezza.
Il giudizio storico su Bonifacio VIII è complesso. La sua personalità sfrontata e il suo disprezzo per i dogmi lo resero simbolo della corruzione ecclesiastica medievale, al punto che Dante Alighieri lo collocò già all’inferno, tra i simoniaci, pur essendo morto da pochissimi anni. Poi il suo scontro con Filippo il Bello segnò una svolta epocale. Infatti con la sua caduta iniziava il declino dell’autorità papale sugli Stati europei e la progressiva subordinazione della Chiesa alla politica dei regni.

Concludendo, Bonifacio VIII rimane una delle figure più fosche e teatrali della storia del papato. Un uomo che governò con pugno di ferro, che visse tra eccessi e provocazioni, che bestemmiò e insultò fino all’ultimo respiro. Un papa che incarnò, con le sue ombre, la fragilità e la contraddizione del potere spirituale medievale, capace di oscillare senza vergogna tra il sacro e il profano. Ma con papa Caetani, il moto oscillatorio si interruppe indubbiamente sul campo del profano.