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Il cavallo Hans sapeva davvero contare?

Il cavallo Hans sapeva davvero contare?

La Germania del primo Novecento era in un certo senso il centro del mondo. Ciò che accadeva nell’impero del kaiser Guglielmo II riverberava un po’ ovunque. Non a caso era sorto l’antagonismo con l’altro impero al di là della Manica, storicamente orgoglioso di essere unico e inarrivabile (classica modestia britannica). Ebbene, in quella Germania, contraddistinta com’era da un fermento economico, culturale e sociale, salì alla ribalta una vicenda che definire peculiare sarebbe riduttivo. Essa aveva per protagonisti un barone e un cavalo di sua proprietà. L’aristocratico rispondeva al nome di Wilhelm von Osten, mentre l’equino si chiamava Hans. Il titolo dell’articolo è già di per sé indicativo, dunque lo dico senza troppi giri di parole: correva voce che il cavallo sapesse contare, eseguire correttamente calcoli matematici e scandire il tempo. Incredibile, certo, ma cosa c’era di vero?

Il cavallo Hans sapeva davvero contare?

Domanda che in molti si posero, sia nel Vecchio Continente che oltreoceano. La straordinaria fama di questo avveduto cavallo raggiunse addirittura i banchi ministeriali a Berlino. Decisero lì per lì di istituire una commissione d’indagine per verificare, e nel caso accertare, che Hans il cavallo fosse davvero der kluge, l’intelligente.

Prima però un passo indietro, perché da qualche parte la storia del cavallo e del barone suo promotore deve pur iniziare. Wilhelm von Osten, insegnante di matematica e a tempo perso addestratore di cavalli, acquistò il puledro di razza Orlov Trotter nel 1891. Il barone coltivava da un bel po’ di tempo il desiderio di dimostrare alla Germania e al mondo intero quanto in alto potesse spingersi l’intelletto di un animale. Controcorrente rispetto al pensiero scientifico dell’epoca, sperimentò le sue convinzioni su un gatto, un orso (perché non un cane…) e un cavallo. Il gatto manifestò tedio, l’orso avversione e il cavallo… Beh, lui diede qualche soddisfazione.

Hans cavallo Orlov Trotter

Il barone von Osten prese l’equino a pochi soldi, alla luce di un imprecisato difetto fisico. Lo chiamò Hans e lo mise alla prova di fronte a lavagne e numeri. La lezione si svolgeva secondo la seguente modalità: l’addestratore scriveva un numero col gesso e insegnava al cavallo a battere lo zoccolo tante volte quante indicate dal numero. Da qui ad altre operazioni aritmetiche, nonché attività logico-intellettive, il passo (o la cavalcata) fu breve. A detta di von Osten, Hans l’intelligente riusciva a concepiva somme, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni, frazioni, radici quadrate e persino a differenziare toni musicali e comprendere il tedesco parlato.

Insomma, a casa von Osten ci si convinse che Hans fosse la prova provata dell’innato ingegno animale. Il barone non tenne per sé i risultati a dir poco incredibili, ma li diede a vedere. Organizzava spesso e volentieri spettacoli in cui Hans strabiliava per capacità di calcolo e rapidità di valutazione. Giornali statunitensi all’inizio del Novecento annoveravano le abilità del cavallo Hans.

Come in ogni epoca e società che si rispetti, tanti estimatori significano tanti scettici. L’organo preposto al coordinamento dell’educazione basilare dei land mise in piedi una commissione d’indagine, capeggiata dallo psicologo Carl Stumpf. Della “Commissione Hans” facevano parte 13 membri, fra cui veterinari, circensi, ufficiali di cavalleria, funzionari imperiali e addirittura il direttore del giardino zoologico di Berlino. La giunta investigativa determinò nel 1904 che gli esperimenti condotti dal barone Wilhelm von Osten sul suo Hans fossero “esenti da trucchi“.

Hans cavallo intelligente

Tuttavia il vero risvolto si ebbe negli anni a venire. Nel 1909 von Osten venne a mancare e Hans iniziò a passare di mano in mano con una velocità impressionante. Fra una gestione e l’altra, la Commissione Hans, questa volta guidata da Oskar Pfungst (allievo di Stumpf) tornò a farsi sentire. Nel 1911 condusse accurati test per stabilire una volta per tutte l’effettiva o presunta abilità logico-aritmetica del cavallo. Le prove assomigliavano a quelle del 1904, ma ci furono delle leggere variazioni: si raccolsero dati in presenza e in assenza del proprietario del cavallo; si alterò la posizione visiva (Hans poteva vedere o no chi faceva la domanda); mutò il livello di conoscenza dell’osservatore (se questi conosceva o meno la risposta esatta alla domanda).

Come spiegare questi lievi cambiamenti di protocollo? Pfungst aveva intuito qualcosa che gli altri non erano riusciti a captare. Hans era davvero intelligente, ma non così tanto da accaparrarsi un diploma scientifico. Semplicemente era un abilissimo, eccezionale, prodigioso osservatore. Intuendo gli impercettibili movimenti dell’interlocutore, capiva come rispondere all’impulso. Forse von Osten l’aveva compreso o forse era davvero convinto del talento sovrannaturale del suo destriero.

In poche parole, la seconda indagine del 1911 concluse come il cavallo fosse in grado di rispondere correttamente solo quando poteva vedere l’osservatore umano e quando quest’ultimo conosceva la risposta. Quando, ad esempio, la domanda era posta da una persona che non conosceva il risultato, Hans non era più in grado di rispondere giustamente.

Hans spettacolo Germania

A livello scientifico-comportamentale animale il caso di Hans fu di enorme impatto. Pfungst concluse che il cavallo non “pensava” nel senso umano, ma rispondeva inconsciamente ai micro-segnali corporei (movimenti impercettibili del capo, il respiro, l’aggrottamento delle sopracciglia…) che l’essere umano emetteva involontariamente quando Hans si avvicinava alla risposta corretta. Questo fenomeno, oggi noto come Clever Hans effect (“effetto Hans l’intelligente”), è un classico esempio di suggestione involontaria. Mostra quanto le aspettative dell’osservatore possano influenzare il comportamento dell’animale.

Che ne fu del talentuoso cavallo dopo il 1911. Mi dispiace deludervi, ma dell’equino dopo il 1916 non si hanno notizie. Il suo destino ad oggi è ancora sconosciuto. Eppure vi fu un tempo in cui gli asini volavano, esistevano le mezze stagioni e i cavalli sapevano contare.