Fotografia di N.D. Phot per il Paris Nouveau, Parigi, Francia, 1908. Protagonista dello scatto è Madame Inès Decourcelle, fieramente tassista donna. Agli albori del XX secolo, la guida non era certamente un gesto che si associava al sesso femminile. Si trattava pur sempre di una società in cui la parità tra generi appariva più come un insulto, una beffa all’ordine sociale, invece di un traguardo al quale ambire, per il quale battersi. Parigi, capitale della Francia così come del mondo, per quanto cosmopolita e libertina, non faceva eccezione. Una donna alla guida non passava inosservata, figuriamoci una che di mestiere faceva la chauffeur, ossia il tassista.
A lungo si è creduto che Madame Inès Decourcelle fosse stata la prima tassista donna di Parigi, e forse del globo intero. Ulteriori ricerche in merito hanno prodotto risultati che contestano una simile affermazione. La rivista specializzata The Motor-Car Journal scriveva nel 1908 come una signora di nome Gaby Pohlen l’anno precedente si era dotata di una “patente di guida per condurre un taxi dalla Prefettura”. Perciò la storia delle femmes chauffeurs potrebbe essere leggermente più radicata nel tempo di quanto si è creduto finora.
Secondo il giornalista olandese Jeroen Booij, esperto di automobili d’epoca: “tre signore avrebbero partecipato ad un apprendistato nel 1906 per guidare una carrozza motorizzata nella Ville Lumière. Una signora di nome Madame Dufaut-Charnier avrebbe ottenuto l’attestato già nel febbraio 1907”.
Una cosa è certa, la prima tassista donna ad attirare l’attenzione mediatica fu la già citata Inès Decourcelle. Grazie al servizio fotografico concesso al Paris Nouveau per tramite di N.D. Phot, l’autista francese divenne una sorta di celebrità locale. Le cartoline di lei che posa dinnanzi la sua autovettura possono trovarsi nell’archivio storico della Biblioteca Nazionale di Francia, a Parigi.
A noi, gente del primo quarto di XXI secolo, un simile lavoro in un contesto storico come quello che le fotografie ci presentano può sembrare tanto innovativo quanto remunerativo. Ma il fascino della novità quello era: apparente. A guadagnare non si guadagnava mica.
Esistono fascicoli interi che riportano le interviste di tassisti – uomini per la maggior parte – che in quel primo frangente di Novecento lamentavano condizioni lavorative durissime. Per 16 ore di lavoro giornaliere si racimolava un gruzzoletto di 6 franchi. Il salario dei tassisti permetteva al massimo la basilare sussistenza, di certo non una vita agiata.