Fotografia di Carlos Puma, Lake Perris Fairgrounds, Perris, California, USA, 10 settembre 2001. Juan Carlos Valdez corre verso la recinzione durante un jaripeo, un rodeo messicano. Evento popolare originario del Messico settentrionale, il jaripeo è una prova di coraggio e abilità per gli uomini che cavalcano poderosi cavalli o tori impetuosi.

Il jaripeo affonda le sue origini nel Messico coloniale del XVI secolo, quando i grandi proprietari terrieri spagnoli introdussero bovini e cavalli nelle haciendas. Nacque così una forma di spettacolo e addestramento equestre che, con il tempo, si distinse dalla corrida spagnola, assumendo caratteristiche proprie. A differenza della corrida, infatti, lo scopo non è uccidere l’animale, bensì dimostrare coraggio, resistenza e abilità nel cavalcare bestie indomabili: cavalli e tori soprattutto.
Nel corso del Novecento il jaripeo si è trasformato in un vero e proprio rito comunitario. Sì uno spettacolo, ma anche un evento sociale, accompagnato da musica di banda, feste e momenti collettivi che rafforzano l’identità locale. Quando si tiene negli Stati Uniti, come in questo caso al Lake Perris Fairgrounds in California, assume anche il valore di pratica culturale migrante. Una sorta di ponte per le comunità messicane tra la terra d’origine e quella d’accoglienza. È un modo per conservare tradizioni, riaffermare radici e creare coesione sociale.

In questo contesto, la figura di Juan Carlos Valdez, incaricato di distrarre il toro, si avvicina a quella dei “payasos de rodeo”, personaggi indispensabili non solo per lo spettacolo, ma anche per proteggere i cavalieri disarcionati. Mi viene da dire che la sua corsa disperata verso la recinzione incarni un po’ il confine – sottilissimo, eh – tra lo spettacolo e la tragedia, tra rituale comunitario e rischio reale.
La fotografia di Carlos Puma (fra le altre cose scattata il 10 settembre 2001, un giorno prima degli attentati diretti alle Torri Gemelle e al Pentagono) ci dice questo, ma molto di più. Basta aguzzare la vista. Si parta dalla scelta del bianco e nero che priva l’immagine di distrazioni cromatiche, accentuando i contrasti tra luce e ombra, fra il volto terrorizzato dell’uomo e la massa muscolare del toro. Impossibile non notare i dettagli umani (e non) che, a mio parere, possono suscitare una sincera risata.

A sinistra, Valdez con gli occhi sbarrati e la lingua fuori, corpo teso e mani pronte a scavalcare. A destra, il toro che avanza con violenza, polvere sollevata dagli zoccoli e sguardo frontale. È come se l’animale sfondasse la superficie fotografica, avvicinandosi a chi guarda. Ha paura Valdez, abbiamo paura anche noi.