Fotografia di Vuilgat, Svizzera, 1944. Per l’odierno appuntamento con la fotografia storica, ci dedichiamo ad un soddisfatto Sidney Feinson, che rivolge lo sguardo verso l’orizzonte, sullo sfondo le montagne della Svizzera. E aveva ben ragione di essere soddisfatto: era appena riuscito a scappare da un campo di prigionia in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale.
La fuga di Sidney Feinson attraverso le montagne

Sidney Feinson era un soldato sudafricano. Nato l’11 aprile 1921 a East London, in Sudafrica, appena raggiunta l’età giusta decise di arruolarsi volontario nel reggimento Umvoti Mounted Rifles dell’esercito sudafricano, proprio durante la Seconda Guerra Mondiale.
Mentre si trovava in Nord Africa, venne catturato durante la battaglia di Tobruk nel 1942, insieme ad altri 97 soldati sudafricani. Feinson finì così in un campo di prigionia nel nord Italia. Ma dopo un anno lui e i suoi due compagni di fuga riuscirono a scappare dal campo, dirigendosi verso la cittadina di Ferrera, in provincia di Vicenza.
Qui il parroco del paese li ospitò e nutrì, nascondendoli, grazie anche agli abitanti del posto. Ma la fuga non era certo terminata. Il gruppo di Feinson si diresse ben presto verso il confine svizzero.
Per farlo fecero tappa in diverse chiese e case di civili. Qui gli abitanti ogni volta fornivano loro un rifugio sicuro, nascondendoli dalle forze di occupazione tedesche e mettendo a rischio anche la loro vita.

Fortunatamente alla fine Feinson & company riuscirono a valicare le montagne svizzere, riuscendo così a porre fine con successo alla loro fuga. Ma non è finita qui. Durante la prigionia, infatti, Feinson e i due compagni di fuga strinsero un patto: se fossero sopravvissuti, ogni venerdì avrebbero indossato calzini rossi per ricordarsi l’uno dell’altro.
Così, dopo essere fuggiti e tornati a casa, per il resto della loro vita mantennero questo singolare patto che divenne il simbolo dell’amicizia duratura che sfida ogni avversità. Decenni dopo, poi, altri due sudafricani, John MInroy e Ian Symons, conquistati dalla storia di Feinson, decisero di adottare tale tradizione. Dal 2007 in poi, ogni venerdì, iniziarono a indossare dei calzini rossi.

Non paghi, incoraggiarono anche altre persone a farlo e da lì nacque il Red Sock Friday Movement. Tale tradizione ormai è diventata famosa a livello mondiale: indossare calzini rossi è un gesto di amicizia, ricordo e solidarietà.
Fra l’altro potete trovare la storia raccontata nel dettaglio nel libro Prigionieri di guerra in Lomellina di Giuseppe Zucca. La madre dell’autore, infatti, insieme alla sua famiglia all’epoca aiutò i tre prigionieri in fuga, grazie a un movimento clandestino che era stato creato proprio per permettere a loro di mettersi al sicuro in Svizzera.