Storia Che Passione
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Foto del giorno: Mary la Tifoide

Fotografia di anonimo, Stati Uniti d’America, 1907. Nella foto potete vedere Mary Mallon, colei che sarebbe diventata suo malgrado nota come Mary la Tifoide o Typhoid Mary in quanto fu la prima persona negli USA identificata come portatrice sana di Salmonella typhi, agente responsabile della febbre tifoide. Cosa vuol dire questo? Che come portatrice sana non aveva sintomi e che dunque, prima che ci si rendesse conto che era una portatrice asintomatica, infettò col suo lavoro di cuoca tantissime persone.

Da Mary Mallon a Mary la Tifoidea

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Crediti foto: @Public domain, via Wikimedia Commons

Mary Mallon nacque nel 1869 a Cookstown, nella contea di Tyrone, villaggio povero dell’Irlanda del Nord. Nel 1884, ancora adolescente, emigrò negli USA, andando a vivere con gli zii. Fra il 1900 e il 1906 lavorò presso diverse famiglie benestanti di New York, mentre nel 1906 si trasferì a Manhattan.

Qui le famiglie presso le quali lavorava iniziarono a sviluppare forme di febbre e diarrea, con anche la morte di una lavandaia. Mary dovette così cambiare lavoro e fu assunta da un avvocato. Ma anche da qui dovette andarsene dopo che sette delle otto persone della famiglia si ammalarono.

Così il 4 agosto 1906 il banchiere Charles Henry Warren la assunse come cuoca nella casa di villeggiatura a Oyster Bay. Il 27 agosto la giovane figlia dei Warren si ammalò di tifo (in tutto si ammalarono altre 10 persone).

Così George Thompson, il proprietario dell’immobile, contattò medici che analizzarono l’acqua potabile, i rifiuti e anche il sistema fognario (solitamente la febbre tifoide si diffonde facilmente in ambienti con scarse condizioni igieniche, ma le case in cui Mary aveva lavorato erano tutte pulitissime). Ma non trovarono tracce dell’agente patogeno che causava una malattia grave con vomito, diarrea, febbre, eruzioni cutanee e disidratazione.

Così decisero di chiamare in causa George Soper, un ingegnere sanitario che iniziò a indagare (anche perché la malattia non era comune a Oyster Bay). Interrogò tutti i membri della famiglia e della servitù, creando un elenco completo dei frequentatori della casa e indagando fino a dieci anni prima.

Scartò tutti quanti dalla lista dei sospetti, ma il suo occhio clinico si concentrò su un nome: Mary Mallon. La donna era stata assunta solamente tre settimane prima che la figlia dei Warren si ammalasse. Inoltre la cuoca si era licenziata senza preavviso proprio quando la ragazza si era ammalata.

Si rivolse così all’agenzia di collocamento e scoprì con suo grande sgomento che tutte le famiglie in cui Mary aveva lavorato come cuoca si erano ammalate di tifo. Non ci volle molto a Soper per fare 1+1: Mary Mallon doveva essere una portatrice sana (si pensa che la madre di Mary, contagiata durante la gravidanza, abbia poi trasmesso la malattia alla figlia).

Così Soper iniziò a dare la caccia a Mary, cosa non facile visto che la donna continuava a cambiare identità e a spostarsi di continuo. Soper riuscì a contattarla faccia a faccia la prima volta nel marzo 1907. L’ingegnere aveva infatti saputo di una famiglia di Park Avenue colpita dal tifo. E indovina un po’ chi era la cuoca? Proprio Mary Mallon.

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Crediti foto: @National Library of Medicine, Public domain, via Wikimedia Commons

Soper incontrò l’elusiva cuoca e le espose i suoi sospetti, chiedendole dei campioni di sangue, urine e feci. Ma Mary Mellon si rifiutò categoricamente di farsi esaminare, sostenendo che il tifo fosse dappertutto. Anzi, a detta di Soper lo minacciò con un forchettone, costringendolo a fuggire per non essere infilzato.

Soper ammise che forse non aveva iniziato col piede giusto: Mary non aveva capito che Soper voleva solo aiutarla. Provò poi a incontrarla una seconda volta, ma lei rifiutò di nuovo. Soper convinse anche Breihof, l’amore della vita di Mary, a farlo entrare in casa loro. Ma di nuovo Mary reagì in maniera esagerata, negando fermamente di avere qualcosa a che fare col tifo.

Così a Soper non rimase altro che rivolgersi al Dipartimento di Sanità di New York, consigliando al commissario di prendere in custodia Mary. Più facile a dirsi che a farsi. Il Dipartimento mandò la dottoressa Sara Josephine Baker (il cui padre fra l’altro era morto proprio di tifo) per cercare di visitare Mary sul posto di lavoro. Niente da fare: Mary non aprì la porta.

Il giorno dopo la dottoressa Baker ci riprovò, questa volta scortata da quattro poliziotti. Quella che doveva essere una visita domiciliare, però, si trasformò in un vero e proprio inseguimento. Mary saltò fuori da una finestra, scavalcò un recinto e si nascose in un bagno esterno.

Riuscirono a stanarla solamente tre ore dopo, ma a detta della dottoressa la donna si dimenava e imprecava. La dottoressa provò a spiegarle che tutto quello che volevano erano solamente quei campioni e che Mary poi sarebbe potuta tornare a casa, ma per l’ennesima volta Mary rifiutò di farseli prelevare.

Così alla dottoressa non rimase altra scelta che chiedere ai poliziotti di bloccarla e portarla in ambulanza presso il Willard Parker Hospital. Qui, accertato che era una pazienta asintomatica di febbre tifoide e che era stata la responsabile di tutti quei contagi, la rinchiusero in isolamento in quarantena a tempo indeterminato. Mary dovette alloggiare in una piccola villetta a un piano che in passato aveva ospitato il capo del dipartimento infermieri dell’ospedale.

Considerate che nessuno finora l’aveva accusata, incriminata, processata e tanto meno condannata. Solo che la sua faccia comparve comunque sui giornali, grazie a un disegnatore che si era recato in ospedale. Da quel momento la stampa iniziò a soprannominarla Mary la Tifoide.

La cuoca non era ovviamente contenta di questo ricovero forzato e del nomignolo e, tramite un avvocato, denunciò l’accaduto. Non riuscì mai a vincere un appello e un giudice, pur ammettendo che nel frattempo erano state identificate altre persone malate e che nessuna di esse era stata imprigionata o confinata, decise comunque di tenerla rinchiusa per proteggere gli altri abitanti.

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Crediti foto: @National Library of Medicine, Public domain, via Wikimedia Commons

Solamente qualche mese dopo il nuovo commissario sanitario Lederle, sotto pressione e stufo della storia di Mary Mallon, ne ordinò il rilascio di punto in bianco. Ma con due condizioni:

  • le era vietato riprendere il lavoro di cuoca
  • doveva fare degli esami medici a cadenza regolare al commissariato sanitario.

Finalmente libera, tramite il suo avvocato annunciò che avrebbe denunciato la città, i dottori, il commissario e l’ingegnere, sostenendo che era colpa loro se ora non poteva più fare la cuoca. Tuttavia non andò mai a processo visto che pure il suo avvocato la convinse che quelle accuse non reggevano.

Dopo il suo rilascio, qualcuno del dipartimento di sanità le trovò un lavoro come lavandaia, cosa che Mary non digerì affatto. Inoltre qualche mese, il suo amate si ammalò e morì, senza che nessun medico potesse aiutarlo. Stanca e inferocita, Mary smise di presentarsi per gli esami di controllo e, non paga, ricominciò a lavorare come cuoca usando false identità.

E indovinate un po’ cosa successe? Proprio quello a cui state pensando: nel 1915 scoppiò un’epidemia di tifo presso lo Sloane Hospital di New York. Indagando, si scoprì che la descrizione della cuoca dell’ospedale calzava a pennello con quella di Mary Mallon. Quest’ultima, nel frattempo, vedendo dilagare l’epidemia intorno a lei, era fuggita a casa di un’amica.

Ma la polizia, grazie anche all’aiuto di Soper, riuscì a scoprire il suo nascondiglio. Questa volta Mary si arrese senza protestare. La riportarono così sulla North Brother Island e qui questa volta vi rimase fino al giorno della sua morte. Nel 1932, infatti, fu colpita da un ictus che la costrinse a letto fino a quando non morì l’11 novembre 1938. Nel corso della sua vita Mary contagiò di sicuro 33 persone (probabilmente furono di più, ma gli altri casi non furono documentati), causando la morte di almeno 3 persone.